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La famiglia Cucchi, una come tante

La famiglia Cucchi, una come tante

La sorella del ragazzo morto nell’ottobre 2009 ha presentato in città “Vorrei dirti che non eri solo”

Venerdì sera presso la Sala della musica dell’ex convento di San Paolo, Ilaria Cucchi ha presentato il libro scritto con Giovanni Bianconi “Vorrei dirti che non eri solo”. Ad aprire la presentazione è stato il vicesindaco Massimo Maisto con un breve saluto ai presenti.

A un anno dalla scomparsa di Stefano Cucchi, la sorella Ilaria racconta la storia di una famiglia italiana come tante, con le debolezze e i difficili rapporti con un ragazzo che a periodi entra ed esce dal tunnel della droga.
Un libro toccante che non nasconde nulla, ricco di unicità, ma che richiama un tema purtroppo comune a molte famiglie, come ha sottolineato Franco Corleone, presidente della Società della Ragione Onlus e Garante per i diritti dei detenuti.

La presentazione di Ilaria Cucchi, breve e spontanea, ha messo in luce una totale consapevolezza della “difficile situazione” del fratello che era “alla continua ricerca della propria libertà”; e il titolo stesso del libro “è la dimostrazione di come la sua famiglia provi tutt’oggi un senso di colpa per quei sei giorni in cui Stefano restò in carcere, abbandonato”.

Durante il suo intervento Corleone ha richiamato inoltre l’attenzione al problema del “pregiudizio verso la tossicodipendenza, come causa scatenante di queste tragedie, in cui spesso i ragazzi coinvolti, da vittime diventano colpevoli della propria morte, perché considerati cittadini non a pieno titolo in quanto tossicodipendenti”.

Questo tema è emerso anche nell’intervento di Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi, ormai diventata supporto morale da cui Ilaria trae forza e tenacia per arrivare alla verità. Due donne che vogliono semplicemente capire la verità, non per vendetta ma per denunciare le loro storie, decidendo anche di pubblicare foto forti e scioccanti, per svegliare le coscienze e fare in modo che non accada nuovamente.

Alla presentazione è intervenuto anche l’avvocato ferrarese Fabio Anselmo, che dopo aver difeso la famiglia Aldrovandi è stato scelto quale legale anche dalla famiglia Cucchi. Secondo Anselmo il sistema giudiziario che governa questi casi è “minato da un problema culturale presente nelle istituzioni, che troppo spesso davanti a queste situazioni si “chiudono a riccio” cercando di salvaguardare l’immagine a difesa di chi viene processato, spesso interferendo nel processo e creando un disagio psicologico alle famiglie delle vittime”.

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Il lungo calvario di Ilaria Cucchi

Il lungo calvario di Ilaria Cucchi

La sorella di Stefano, morto mentre era in stato di arresto, ha presentato il suo libro a Ferrara

Da La Nuova Ferrara del 5 dicembre 2010.

«Il libro di Ilaria racconta di una famiglia italiana, delle difficoltà dei rapporti, dell’amore e della cura: non è un libro di denuncia ma c’è la cronaca di un calvario lungo sei giorni durante i quali la famiglia di Stefano Cucchi, morto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini di Roma mentre era in stato d’arresto, si è trovata abbandonata e poi maltrattata dalle istituzioni, quelle stesse istituzioni nelle quali avevano nutrito fiducia».

Con queste parole Franco Corleone, presidente della Società Ragione e Garante dei Diritti dei detenuti, ha presentato venerdì sera presso la Sala della Musica il libro “Vorrei dirti che non eri solo” di Ilaria Cucchi e Giovanni Bianconi, edito da Rizzoli.

«Il primo problema che la mia famiglia si è trovata ad affrontare è stato la mancanza di verità. Abbiamo saputo della sua morte grazie alla notifica del decreto del giudice che aveva richiesto l’autopsia del cadavere dopo giorni di attesa fuori la porta dell’ospedale, dove i medici ci rassicuravano dicendoci che Stefano era tranquillo – ha spigato la Cucchi -. Lui sapeva che nelle difficoltà avrebbe potuto sempre contare su di noi ed invece in quei giorni avrà pensato che l’avevamo abbandonato, questo ci dà ancora più dolore ed alimenta la nostra rabbia. Chi ha il diritto di decidere che una persona debba essere improvvisamente privata dei suoi diritti civili e debba morire da solo, ucciso dal pregiudizio di chi lo ha etichettato come un tossicodipendente? Io sono stata fortunata, ho trovato delle persone intorno a me che hanno saputo indirizzarmi, come Patrizia Moretti, che mi hanno sostenuto fino ad ora. Quando ci hanno fatto vedere il cadavere di mio fratello in una teca di vetro, senza poterlo neanche accarezzare, abbiamo capito che solo la verità avrebbe restituito dignità a Stefano e un po’ di pace a noi».

Di pregiudizio hanno parlato anche Patrizia Moretti e l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. «Il prezzo che queste persone stanno pagando è troppo alto perchè sia accettato da una società civile – ha affermato Anselmo -. Se la legge è uguale per tutti, i rappresentanti delle istituzioni, che indossino o meno la divisa e che vengono accusati di avere approfittato del loro potere devono essere spogliati di quest’ultimo e posti a giudizio quali cittadini, sullo stesso piano delle proprie vittime. Invece, di fronte a tragedie come queste, le istituzioni si chiudono a riccio a protezione della propria immagine e si schierano a fianco dei propri operatori e non di tutti i cittadini. Il perpretarsi di questa cultura di impunità del potere è inaccettabile perché, cullata dai media e sospinta dalla pubblica opinione, partorisce i casi Cucchi ed Aldrovandi. La denuncia è l’unico mezzo per cambiare questa mentalità ma lo Stato chiede trasparenza ai cittadini e poi non è in grado di assicurarla agli stessi: il pm e il giudice che hanno interrogato Stefano Cucchi hanno dichiarato di non aver notato lo stato di salute del ragazzo per non averlo mai guardato in faccia».

Scarica l’articolo in forma to pdf: nuovaferrara4dic2010.pdf.

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Opg di Montelupo il pm indaga sulle morti

Il pm di Firenze Giuseppe Bianco ha disposto l’acquisizione dei dati relativi ai decessi dei pazienti dell’ospedale psichiatrico detenuti fra il 2005 e il 2010. All’esame del pubblico ministero anche esposti relativi a maltrattamenti

Da Repubblica Firenze, di FRANCA SELVATICI

Il pm di Firenze Giuseppe Bianco, titolare con il procuratore Giuseppe Quattrocchi del fascicolo di inchiesta sull’ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Montelupo Fiorentino, ha disposto l’acquisizione dei dati relativi ai decessi dei pazienti detenuti fra il 2005 e il 2010. Per ricostruire la situazione dell’Opg, il magistrato ha chiesto notizie al Provveditorato regionale della amministrazione penitenziaria e al Centro regionale Salute in carcere diretto dal professor Giraudo, che ha già mandato diverse relazioni. All’esame del pm anche esposti di pazienti che hanno denunciato maltrattamenti al garante dei detenuti Franco Corleone.

L’indagine è stata aperta in seguito alla segnalazione della Commissione parlamentare di inchiesta sulla efficienza del Sistema Sanitario Nazionale, presieduta dal senatore del Pd Ignazio Marino, che ha compiuto un primo sopralluogo a sorpresa nell’Opg il 22 luglio scorso, e che ha eseguito un nuovo controllo ispettivo il 21 novembre, esaminando anche la gestione dei farmaci. Durante la prima visita ispettiva, i parlamentari, accompagnati dai carabinieri del Nas, hanno trovato una situazione strutturale molto grave: reparti fatiscenti, servizi igienici in pessime condizioni, un drammatico sovraffollamento. “L’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo è una struttura da chiudere”, dichiarò il senatore Marino.

Nel corso di alcune audizioni in commissione, il direttore sanitario della Asl di Empoli Enrico Roccato, il direttore sanitario dell’Opg Franco Scarpa e lo psichiatra Luca Bigalli, che lavora nell’ospedale, hanno illustrato le difficoltà incontrate quotidianamente per provvedere e possibilmente curare circa 170 malati di mente autori di reati talvolta anche assai gravi. Chiudere Montelupo e trasferire i malati a Solliccianino, come è stato ipotizzato, sarebbe probabilmente una scelta giusta, resa però estremamente difficile dal sovraffollamento carcerario.

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Presentazione del libro di Ilaria Cucchi a Ferrara

Società della RagioneArci Ferrara
in collaborazione con: Fuoriluogo.it

Con il Patrocinio del Comune di Ferrara

Venerdì 3 dicembre, ore 21
Sala della Musica
Complesso di San Paolo
ingresso da Via Boccaleone 19
Ferrara
Presentazione del libro di Ilaria Cucchi e Giovanni Bianconi
Vorrei dirti che non eri solo
Storia di Stefano, mio fratello
“La lettera che avevamo tanto inseguito, e che solo per caso eravamo riusciti a recuperare, non spiegava quello che era successo. Ma in ogni caso era ed è la prova che mio fratello voleva continuare a vivere. Invece è morto. Forse pensando di essere stato abbandonato dalla sua famiglia, mentre semplicemente non ci lasciavano entrare. Vorrei potergli dire che non era solo. Hanno provato a farci credere che ‘s’è spento’ come fosse una cosa normale, perché s’era lasciato andare. Ma non è così. Mio fratello Stefano è morto per responsabilità di qualcun altro e io, Ilaria Cucchi, vorrei sapere di chi. E perché.”
Intervengono
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano
Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi
Franco Corleone, Presidente Società della Ragione

Coordina Leonardo Fiorentini, fuoriluogo.it

Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, Stefano Cucchi viene arrestato perché trovato in possesso di una modica quantità di stupefacenti. Esce da casa in normali condizioni di salute e i Carabinieri dicono ai familiari di stare tranquilli. Alle 12,30 del 22 ottobre 2009 la madre di Stefano viene a sapere che il figlio è morto perché le viene notificato il decreto con cui il Pubblico Ministero ne autorizza l’autopsia. Nei sei giorni intercorsi i genitori e la sorella Ilaria avevano insistito in tutti i modi per ricevere notizie e poterlo vedere, ma ogni loro richiesta era stata respinta. Il 17 giugno 2010 la Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio per tredici persone, tra medici, infermieri e guardie carcerarie, in relazione alla morte di Stefano Cucchi. Il caso tragico di Stefano Cucchi è venuto alla luce e ha sconvolto l’Italia grazie al coraggio della sorella Ilaria e alla sua incrollabile determinazione a non rassegnarsi. Non rassegnarsi nonostante la ferita di un lutto così atroce e assurdo, nonostante il dubbio – spietato e umanamenteineludibile – che il fratello sia morto credendo diessere stato abbandonato da lei e dai genitori. In questo libro che non può non destare commozione e vero scandalo, Ilaria ripercorre con sofferta lucidità il crescendo di quei sei giorni in cui una colpevole, efferata indifferenza ha calpestato la sua famiglia, e anche dei giorni seguenti, in cui trovare un senso inafferrabile nellavicenda è parso l’unico modo possibile per sopravvivere e reagire. In parallelo Ilaria ricostruisce la vita di Stefano, senza paura di raccontare che periodicamente entrava e usciva dalla droga, senza tacerne il carattere difficile e le insicurezze. Ne dipinge una figura fragile e tormentata che però era più volte riuscita a risollevarsi, era sempre stata circondata dall’amore suo e dei genitori – una famiglia affettuosa, normale – e coltivava pure una passione, quella per la boxe. Nulla può giustificare una morte come quella di Stefano,nulla può giustificare la violenza subita dalla famiglia Cucchi. Vorrei dirti che non eri solo racconta questa storia allucinante del nostro tempo che si può solo sperare serva a prevenirne altre in futuro.Ilaria Cucchi, romana, è la sorella di Stefano Cucchi, il giovane deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini di Roma, mentre si trovava in stato di arresto.

Ilaria Cucchi
Vorrei dirti che non eri solo
RIZZOLI
Pagine: 294
Prezzo: 16,00 euro
ISBN: 17040914

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Sollicciano. Una situazione surreale

Siamo di fronte a una situazione surreale. La riunione prevista da tempo con le associazioni di volontariato e la  Direzione del Carcere, è stata disertata dai responsabili dell’Amministrazione Penitenziaria.

Il Direttore di Sollicciano, dott. Oreste Cacurri è stato collocato in ferie  forzate per 45 giorni per il rispetto di circolari burocratiche, in un momento così grave per il carcere. E’ stato presente alla riunione il dott. Francesco Salemi, commissario responsabile della Polizia Penitenziaria, che però non aveva deleghe per assumere impegni sulle richieste contenute nel “piano” per il carcere, illustrato ieri in conferenza stampa e frutto di un lavoro collettivo di chi opera nel carcere per impegno civile.

Sono preoccupato che in un momento di così grave emergenza il carcere di Sollicciano sia decapitato per la mancanza di un direttore.

L’impegno mio e delle associazioni presenti è di avere comunque l’indicazione di chi è l’interlocutore da qui alla fine dell’anno.

Certo il 2011 si annuncia non certamente bene.

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I ‘tagli alla scuola’ aboliscono cinque classi a Sollicciano

Per Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti di Firenze, ”il taglio è l’ultimo sfregio. La situazione può risolversi con poco: gli insegnanti sono pagati dalle scuole e non sono neppure precari”

Firenze, 14 settembre 2010 – Anche i detenuti di Sollicciano sono al centro dei problemi causati dai ‘tagli alla scuola’. Infatti, rispetto allo scorso anno, non sono state riattivate 5 classi secondarie di secondo grado: l’unica è una quinta. Il taglio riguarda un centinaio di detenuti che non potranno più accedere alle classi. La situazione è stata illustrata in una conferenza stampa nel penitenziario, alla presenza del direttore di Sollicciano, Oreste Cacurri.

Lo scorso anno tra i corsi della scuola primaria (a Sollicciano e all’istituto ‘Gozzini’), l’istruzione secondaria di primo grado (due classi nel 2009, di cui una tagliata nel 2010) e le superiori sono stati coinvolti 560 detenuti e due persone, un uomo e una donna (la prima a Sollicciano), si sono anche diplomate. ”Il Governo taglia 3 miliardi in tre anni – ha detto Rosa De Pasquale, parlamentare del Pd -, ma lascia il coltello in mano a chi amministra l’istruzione in modo periferico”. Per Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti di Firenze, ”il taglio è l’ultimo sfregio. La situazione può risolversi con poco: gli insegnanti sono pagati dalle scuole e non sono neppure precari”.

Il direttore Cacurri dichiara di essere ”preoccupato dei tagli alle classi dell’istituto penitenziario” e della situazione, che influisce anche sulla sicurezza. Venerdì ci sarà un incontro con l’Ufficio scolastico regionale. ”La Provincia – ha detto
l’assessore provinciale Giovanni Di Fede – è disponibile ad accogliere richieste per materiali e strumenti per la scuola”.

Sollicciano è sovraffollato, più di 1.000 i detenuti
”Ieri i detenuti erano 1013, oggi siamo sulla stessa cifra. Da tempo ormai superiamo le mille unità, con problemi molto seri anche per quanto attiene la carenza di personale”. Questa la dichiarazione del direttore del carcere a margine dell’incontro sul taglio delle classi scolastiche all’interno dell’istituto. La capienza regolamentare del penitenziario è di 476 detenuti.

”Il personale qui fa sforzi sovrumani – ha aggiunto Cacurri -. Il sovraffollamento è certamente una questione di carattere nazionale e va risolto: non dipende da questo o da quell’altro Governo, ormai dura da tempo, da anni”. Franco Corleone in merito alla possibilità di intraprendere uno sciopero della fame per denunciare il sovraffollamento, ha spiegato: ”Sto valutando cosa fare perché la situazione è fuori controllo, è drammatica. Il mio appello è di far uscire al più presto un numero significativo di tossicodipendenti e pensare anche a misure alternative, magari per quelle persone che sono all’ultimo mese di detenzione. La situazione è esplosiva – ha concluso – e occorrono interventi straordinari: tutti pensano che non sia grave perché non ci sono state ancora proteste”.
Da la Nazione.

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A Sollicciano 5 classi meno

Fra proteste e tagli la scuola comincia nel caos. Se questo e’ vero per tutti gli istituti e’ ancor piu’ vero per le carcere ed in particolare a Sollicciano. ‘Si penalizzano i carcerati per cui la scuola non e’ solo uno strumento di istruzione, ma anche una maniera per reinserirsi nella societa’ – denuncia Giovanni Di Fede, assessore all’istruzione della Provincia di Firenze -, basti pensare che a Sollicciano ci sara’ solo una quinta superiore a causa dei tagli’. Il grido di allarme di Di Fede e’ stato sostenuto, nel corso di una conferenza stampa, anche da Franco Corleone, garante per i detenuti del Comune di Firenze e dallo stesso direttore del penitenziario Oreste Cacurri. ‘Rispetto allo scorso anno, non sono state riattivate 5 classi secondarie di secondo grado ha detto Cacurri – l’unica e’ una quinta. Il taglio riguarda un centinaio di detenuti’. Lo scorso anno tra i corsi della scuola primaria (a Sollicciano e all’istituto ‘Gozzini’), l’istruzione secondaria di primo grado (due classi nel 2009, di cui una tagliata nel 2010) e le superiori sono stati coinvolti 560 detenuti, con anche due diplomati, un uomo e una donna (la prima a Sollicciano). Per Franco Corleone ”il taglio e’ l’ultimo sfregio. La situazione puo’ risolversi con poco: gli insegnanti sono pagati dalle scuole e non sono neppure precari”. Il direttore Cacurri si e’ poi detto ”preoccupato dei tagli alle classi dell’istituto penitenziario” e della situazione, che influisce anche sulla sicurezza. Venerdi’ ci sara’ un incontro con l’Ufficio scolastico regionale. ”La Provincia – ha detto l’assessore provinciale Giovanni Di Fede – e’ disponibile ad accogliere richieste per materiali e strumenti per la scuola.
(da ToscanaTV)

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Carcere, una riforma dopo le chiacchiere estive

Agosto sta finendo e la vita nelle carceri prosegue nell’ordinarietà della illegalità permanente. Qualche cinico potrà vantarsi dell’assenza di rivolte e dire che non è successo nulla; che si può continuare tra morti sospette, suicidi (siamo a quota 42), malattie  e autolesionismo.
Mauro Palma sul Manifesto del 13 agosto, analizzando l’iniziativa del “Ferragosto in carcere” ha giustamente sottolineato che non mancano analisi e fotografie di una realtà che è andata degenerando. Ancora più puntualmente ha voluto richiamare il senso dell’iniziativa, forte solo se indirizzata in maniera inequivoca a voltare pagina.
Purtroppo non è né facile né semplice definire un progetto per il cambiamento radicale del carcere. Travolti dall’emergenza del sovraffollamento, anche le associazioni e i movimenti impegnati sul terreno riformatore sono stati risucchiati nell’arida contabilità della capienza reale degli istituti penitenziari, trovandosi a contestare le cifre offensive (verso la dignità delle persone) della capienza “tollerabile”. Fiumi di parole e un enorme volume di tempo ed energie nel tentativo di vuotare il mare con un secchiello.
Certo l’attività di pronto soccorso va proseguita, ma vanno anche denunciati gli autori dei crimini; in questo caso i responsabili della distruzione dei valori costituzionali sul carattere della pena e sulle modalità della sua esecuzione. Per questo non si può dare alcun credito alle promesse del ministro Alfano di facilitare le misure alternative. Meglio concentrarsi dunque sui nodi cruciali della questione.
L’attenzione al carcere è fondamentale per molte ragioni e sul significato della detenzione le parole di Aldo Moro rimangono le più umane, in particolare quelle contro l’ergastolo. ll carcere ci parla anche della giustizia, del suo funzionamento concreto e dei destinatari odierni della politica criminale dietro le leggi suggerite dall’ossessione securitaria. Se il carcere contiene la metà dei detenuti per reati (perlopiù minori) di violazione della legge sulle droghe o per reati compiuti in quanto tossicodipendenti, vuol dire che  la macchina della giustizia è soffocata e ingolfata da indagini e processi per la repressione di un tabù ideologico.
Qui sta l’origine della lentezza e della crisi della giustizia, altro che processo breve. Che aspetta il Partito Democratico a porre questa discriminante al partito della Proibizione e dello Stato etico?
Se aggiungiamo gli effetti della legge contro gli immigrati e la persecuzione contro i soggetti più deboli a causa della legge Cirielli, ci scontriamo con il volto feroce della giustizia di classe.
Allora dobbiamo urlare senza mezzi termini che il sovraffollamento non è una calamità  naturale ma un effetto voluto dagli imprenditori della paura; e che l’unica misura accettabile di capienza è quella costituzionale. Se si rispettasse lo stato di diritto, mite e laico, in Italia i detenuti non dovrebbero superare le trentamila unità.
Che fare dunque? Bisogna convincersi che la crisi non può essere un alibi; il governo e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sono privi di un progetto sul carcere e sono capaci solo di parlare a vanvera di edilizia carceraria, senza neppure confrontarsi sulla qualità architettonica e la sua funzione rispetto alla riforma penitenziaria.
Forse bisogna decidere di ripartire dal quel testo del 1975 e dal regolamento di attuazione del 2000 rimasto nel cassetto:  non è più il caso di accontentarsi delle giaculatorie pseudo riformiste.
Quest’anno ricorre il ventesimo anniversario dell’istituzione della Polizia Penitenziaria. Non è il caso di fare un bilancio della smilitarizzazione degli agenti di custodia (battaglia che vide allora  impegnata Adelaide Aglietta con un lungo sciopero della fame)?
Io non me la sento di unirmi al coro cerchiobottista di chi sostiene che vi sono troppo pochi agenti. Dico invece che bisogna ipotizzare una nuova riforma: ad esempio concentrando i compiti della Polizia Penitenziaria sull’Alta Sicurezza, sul 41 bis, sulle traduzioni e sulla vigilanza esterna e investendo un nuovo Corpo civile dei compiti trattamentali e del reinserimento sociale dei detenuti, come avviene ad esempio in Catalogna. E da subito iniziare una campagna d’autunno per la liberazione a Natale di 10.000 tossicodipendenti illegalmente sequestrati in galera.

Articolo per la rubrica di Fuoriluogo sul manifesto del 25 agosto 2010.

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Sollicciano: la diga dei 1000 è caduta

Conferenza stampa del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze

Venerdì 9 luglio ore 12,00
Palazzo Canacci – Piazza della Parte Guelfa, 3 piano secondo

LA DIGA DEI 1.000 E’ CADUTA!
Cercasi volonterosi per impedire il Vajont
Un Piano per Sollicciano e per il carcere in Italia

Obiettivi primi e ultimi:

– Autogoverno subito a Sollicciano: costituzione di un Comitato per la gestione pubblica del carcere a Firenze
– Appello alla Regione per un Tavolo sulla sanità penitenziaria
– Mettere in atto il progetto pilota per l’uscita dei tossicodipendenti dal carcere
– Individuare una Casa per la semilibertà nel cuore di Firenze
– Lo scandalo di Empoli prosegue: l’istituto è chiuso e le donne a Sollicciano sono come sardine; la Corte dei Conti non ha niente da dire?
– Realizzare i lavori per la vivibilità a Sollicciano ( seconda cucina, allargamento passeggi) e garantire i servizi essenziali per l’estate a cominciare dai frigoriferi
– Applicare la circolare Ardita ( celle aperte, maggiore utilizzo del Giardino degli Incontri, campo sportivo sempre in funzione).

La crisi del carcere in Italia non è dovuta solo al sovraffollamento, ma anche alla mancanza di un progetto. L’amministrazione penitenziaria è incapace e produce solo danni.
E’ questo il momento di definire un quadro di riforma radicale. Occorre partire dal basso con il coinvolgimento dei detenuti, dei volontari, degli educatori del personale e del Comune, della Provincia e della Regione.

E’ indispensabile una sensibilizzazione dei cittadini attraverso incontri, manifestazioni, spettacoli con la collaborazione di artisti disponibili.
E per cominciare, un digiuno di massa o a staffetta?

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Agenda Le carceri Le droghe

Lotta alla droga. I danni collaterali.

Forum Droghe Fondazione Michelucci Regione Toscana

LOTTA ALLA DROGA
I DANNI COLLATERALI

L’impatto sul carcere e sulla giustizia della legge contro gli stupefacenti in Toscana

volume a cura di: Franco Corleone, Alessandro Margara
Testi di: Grazia Zuffa, Alessio Scandurra, Massimo Urzi, Patrizia Meringolo

martedì 13 luglio 2010 – ore 17:00
presso la libreria LIBRILIBERI
via San Gallo 25/27r, Firenze

Salvatore Allocca – Assessore al Welfare
Patrizio Nocentini – Regione Toscana
Michele Passione – Avvocato
Giuseppe Soresina – Procuratore Aggiunto, Firenze
discuteranno con gli autori

Al termine del dibattito festeggeremo il 14 luglio con un aperitivo e con la musica di Ricky Gianco e il suo disco “La battaglia di canne”

Il libro presenta una ricerca, sostenuta dalla Regione Toscana – Assessorato per il Diritto alla Salute, che Forum Droghe ha svolto con la collaborazione della Fondazione Michelucci. Si propone come una valutazione dell’impatto della recente normativa penale antidroga sull’insieme delle attività delle forze dell’ordine, degli apparati giudiziari e sul carcere.
È un compito non semplice, perché nella politica della lotta alle droghe la valutazione ha finora trovato poco spazio, specie per ciò che riguarda l’aspetto penale.