L’ex sottosegretario alla giustizia del Governo Prodi, Franco Corleone, ieri a Tolmezzo per un convegno sulla crisi della giustizia a Tolmezzo, ha affrotato pure la vicenda dell’arresto del luogotenente Demetrio Condello. «Anche la legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti – ha detto – sull’onda del proibizionismo produce realtà come questa. È la legge in sé che ha un rischio altissimo di abuso». Corleone si riferisce in particolare all’utilizzo di agenti provocatori, di infiltrati, di acquisti simulati e ad un pensiero unico della guerra alla droga che facendo assumere un valore artificiale a sostanze che, se non proibite, non varrebbero nulla, creerebbero situazioni in cui anche operatori delle forze dell’ordine rischiano di rimanere incastrati. Corleone se la prende poi anche con quello che considera un accanimento contro il Rototom Sunsplash a Osoppo: «La legge Fini-Giovanardi produce più danni delle sostanze stupefacenti e quando la giustizia persegue eventi culturali di spessore come il Rototom Sunsplash fa più danni della marijuana. È stata una caccia alle streghe con toni nell’accusa di tipo moralistico contro una manifestazione culturale di spicco che oggi è ospitata in Spagna. È stato tolto a Osoppo un evento importante sotto il profilo culturale, sociale ed economico per ricacciare questa terra in una visione perbenista, arretrata e chiusa in se stessa. È una legge di impostazione moralistico-ideologica, con cui si incarcerano i giovani, è basata sul pensiero unico della guerra alla droga che ormai è condannata anche dal segretario dell’Onu, dall’ex presidente del Brasile e da altri». Corleone sul sovraffollamento delle carceri italiane osserva che il 50% dei detenuti sono tossicodipendenti o in carcere per piccole violazioni della legge sulle droghe. E le pene previste vanno da 6 a 20 anni. Per Corleone i tossicodipendenti non dovrebbero finire in carcere e quella legge non produce né salute, né sanità pubblica, ma l’esatto contrario. Per questo sarebbe necessario un nuovo codice penale con un diverso approccio. I dati di ieri delle carceri del Fvg parlano di una capienza regolamentare totale di 493 detenuti, ma ve ne sono 876, di cui 220 tossicodipendenti. Quello di Tolmezzo di fronte ai 148 detenuti ammessi, ve ne sono invece 303, di cui 77 tossicodipendenti. (t.a.)
Dal Messaggero Veneto, 05 agosto 2011
Mese: Agosto 2011
Chi vuole capire il peso della “guerra alla droga” sull’operato delle forze dell’ordine e sull’amministrazione della giustizia ha molto da imparare dal film “L’uomo sbagliato”, prodotto dalla Rai e andato in onda nella serata del primo agosto. Il film s’ispira ad una vicenda giudiziaria purtroppo realmente accaduta: un giovane sarto di Torino (impersonato da Giuseppe Fiorello) è arrestato e, nonostante la sua innocenza, riconosciuto colpevole di traffico di droga in ben tre gradi di giudizio.
Il drammatico equivoco nasce dall’errata identificazione di un’auto sospetta e il malcapitato sarto viene arrestato e subito picchiato selvaggiamente dai carabinieri. La via crucis ha inizio: il pestaggio non scandalizza nessuno perché “giustificato” dalla rabbia dei rappresentanti dell’ordine per la recente morte di un collega vittima della criminalità. Sarebbe facile riconoscere l’estraneità dell’innocente ai fatti addebitati se il pubblico ministero e lo stesso avvocato (capace solo di suggerire la scorciatoia del patteggiamento) non fossero accecati dal pregiudizio e dalla volontà di ripulire il mondo. Accade così che le prove dell’innocenza non siano neppure prese in considerazione di fronte alla parola di sei carabinieri e il protagonista è sbattuto in carcere con una condanna a diciotto anni.
Il film mette in luce diversi nodi della crisi della giustizia, ad iniziare dalla sudditanza del PM nei confronti delle forze dell’ordine. Ma l’aspetto fondamentale è il conflitto palese fra la logica di “guerra” che guida l’azione degli apparati di repressione, da un lato, e le ragioni della giustizia, dall’altro. Non a caso, anche quando il capitano dei Carabinieri che ha operato l’arresto, insieme ad un suo sottoposto, si accorgono dell’errore di identificazione, preferiranno tacere per non “indebolire” la lotta alla droga e ai trafficanti di morte. Insomma, agli occhi del capitano, eroe della lotta alla criminalità, la crociata del Bene contro il Male giustifica anche la distruzione della vita di un innocente.
Sarebbe troppo facile liquidare la storia addebitandola alla classica mela marcia. Il veleno è più diffuso e risiede nell’ideologia bellica imperante che stravolge la corretta applicazione di una legge penale. C’è di più. Gli strappi antigarantisti contenuti nel corpo stesso della legislazione “emergenziale” sulle droghe, se da un lato sono lo specchio della logica guerriera, dall’altro facilitano l’abuso e la sopraffazione. Quando la legge consente gli acquisti simulati, le notifiche ritardate, le infiltrazioni degli agenti, si spalanca il tunnel delle “operazioni eccezionali”, dei rapporti pericolosi con pentiti, provocatori e criminali. Così si spiegano altri scandali simili a questo: come la vicenda del capo dei Ros, il generale Ganzer, condannato a 14 anni di carcere per falsi sequestri a scopo di propaganda mediatica e di autopromozione e per collusione con spacciatori. Il generale è rimasto comunque tranquillamente al suo posto. Come si vede son tante le caste e le cosche!
Ancora, lo sceneggiato televisivo offre una coraggiosa denuncia della violenza presente nelle carceri, a cominciare dal comportamento da aguzzino del direttore. Da notare: ci vorranno ben cinque anni per smascherare gli errori e le menzogne del capitano dei Carabinieri e per ottenere la revisione del processo. Il processo veloce e la certezza della pena sono una realtà riservata ai tanti Stefano Cucchi che riempiono le carceri italiane.
Articolo per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 10 agosto 2011.
Il presidente Giani: “Occasione di ascolto per dare risposte”. In primo piano i temi del sovraffollamento, delle residenze per le persone in semi libertà e per le detenute con figli minori.
Consiglio comunale aperto a Sollicciano. L’assemblea cittadina lunedì prossimo salterà il consueto appuntamento nel Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio per riunirsi nel carcere di Firenze dalle 15 alle 18. “Sarà un momento molto significativo – ha detto il presidente del consiglio comunale Eugenio Giani – un’occasione per ascoltare i diretti interessati. Lunedì l’ascolto sarà la cosa più opportuna da fare, più importante della presentazione delle singole posizioni politiche”.
Alla seduta parteciperanno oltre ai consiglieri e agli assessori Stefania Saccardi e Rosa Maria Di Giorgi, i detenuti, gli agenti di custodia, il garante dei diritti dei detenuti nominato dal Comune Franco Corleone, il direttore del carcere Oreste Cacurri, il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo. “Discuteremo – ha spiegato il presidente del consiglio comunale Giani – dei molti problemi già sollevati dal Garante e in particolare della sede per le residenze delle persone in semi libertà, degli alloggi per le detenute madri con i figli minori, del sovraffollamento”.