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I miei articoli Le droghe

Otto anni di soprusi, ora si apre il confronto

il-manifesto-del-13.02.2014-384x512Si chiude un’era, domi­nata dall’ossessione proi­bi­zio­ni­sta e puni­tiva, dall’ideologia mora­li­stica esem­pli­fi­cata dallo slo­gan «la droga è droga» ini­ziata dieci anni fa con la pre­sen­ta­zione del dise­gno di legge Fini per una svolta di 180 gradi della poli­tica sulle dro­ghe. La Corte Costi­tu­zio­nale con una sen­tenza sto­rica ha rista­bi­lito i prin­cipi dello stato di diritto e ha respinto la logica pre­po­tente e arro­gante della dit­ta­tura della mag­gio­ranza. L’abuso di potere com­piuto da Carlo Gio­va­nardi con l’inserimento di una riforma glo­bale di una mate­ria com­plessa in un decreto asso­lu­ta­mente estra­neo, è stato sanato dopo otto anni di effetti cri­mi­no­geni e “car­ce­ro­geni” che hanno pro­dotto il sovraf­fol­la­mento delle nostre pri­gioni e la per­se­cu­zione di decine di migliaia di gio­vani con­su­ma­tori o pic­coli spacciatori.

Que­sta sen­tenza non piove dal cielo ma è dovuta alla tena­cia e all’ azione del car­tello di asso­cia­zioni che da anni hanno con­te­stato gli effetti della legge Fini-Giovanardi con la pub­bli­ca­zione di quat­tro Libri Bian­chi, che hanno sve­lato il peso della repres­sione: in par­ti­co­lare, lo stu­dio com­piuto dalla Società della Ragione per opera di Luigi Sara­ceni sulla pos­si­bi­lità di agire in giu­di­zio sulla inco­sti­tu­zio­na­lità della legge stessa per le moda­lità di appro­va­zione. La sapienza giu­ri­dica di Sara­ceni e il rigore costi­tu­zio­nale di Andrea Pugiotto, esten­sore dell’appello “Cer­ta­mente inco­sti­tu­zio­nale”, fir­mato oltre cento giu­ri­sti, hanno fatto il resto. La buona poli­tica fuori dai palazzi ha dun­que sup­plito alla assenza della poli­tica uffi­ciale, che si era arresa alla vit­to­ria della war on drugs.

Oggi si ria­pre il campo del con­fronto. L’Italia in que­sti anni nelle sedi inter­na­zio­nali ha svolto un ruolo di retro­guar­dia a difesa oltran­zi­sta delle posi­zioni che negano addi­rit­tura la poli­tica di ridu­zione del danno. La sen­tenza tec­ni­ca­mente fa rivi­vere la legge Iervolino-Vassalli con i miglio­ra­menti intro­dotti dal refe­ren­dum del 1993; ma obbliga a ripen­sare tutta la poli­tica sulle dro­ghe, impo­nendo il cambiamento.

Che cosa acca­drà ora. Se sarà colto, dalle forze di poli­zia e dai magi­strati, il senso pro­fondo della deci­sione, dimi­nuirà il peso degli arre­sti e degli ingressi in car­cere in misura note­vole. Quanti usci­ranno dal car­cere invece? Non è un cal­colo facile, per­ché l’unificazione in una unica tabella di tutte le dro­ghe fa sì che l’Amministrazione peni­ten­zia­ria non sap­pia quanti sono i dete­nuti per deten­zione di can­na­bis. Le nostre ana­lisi ci dicono che oltre 25.000 sono pre­senti in car­cere per vio­la­zione dell’art.73, pari al 38% di tutta la popo­la­zione dete­nuta: di que­sti, il 40% (circa die­ci­mila) sono ristretti per deten­zione di can­na­bis. Occorre però aspet­tare il depo­sito e le moti­va­zioni della sen­tenza per capire con cer­tezza le con­se­guenze. Certo, se la poli­tica volesse bat­tere un colpo imme­diato, potrebbe inse­rire alcune norme urgenti nel decreto Can­cel­lieri in discus­sione per la con­ver­sione al Senato.

C’è un altro impe­gno che chiama in causa il Governo, ed è l’obbligo di deci­dere un cam­bio di dire­zione del Dipar­ti­mento delle poli­ti­che anti­droga, che in que­sti lun­ghi anni si è carat­te­riz­zato pro­prio per l’adesione al pen­siero di Gio­va­nardi. Nell’immediato vi è una sca­denza che ha il sapore della felice coin­ci­denza: la con­vo­ca­zione a Genova, per il 28 feb­braio e il primo marzo, di un mee­ting del Car­tello di asso­cia­zioni impe­gnate per la riforma. Nel nome di don Andrea Gallo, ripren­de­remo il filo inter­rotto pro­prio a Genova nel 2000, nell’ultima con­fe­renza gover­na­tiva sulle droghe.

Stefano Anastasia e Franco Corleone sul Manifesto del 13 febbraio 2014.

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Le carceri Rassegna Stampa

CARCERI. CORLEONE: GARANTE SENZA PORTAFOGLI, È DISCRIMINAZIONE

CARCERI. CORLEONE: GARANTE SENZA PORTAFOGLI, È DISCRIMINAZIONE
Insorge il coordinatore nazionale dei garanti, Franco Corleone: “Perche’ il garante della privacy ha stipendi onerosi e quello dei detenuti non viene neppure pagato?”. E non convince il fatto che sia nominato dal governo
(RED.SOC.) FIRENZE – “La Camera ha peggiorato il testo del decreto svuota carceri. Originariamente era un decreto che andava nella giusta direzione, ma adesso appare molto timido e prudente, non entusiasma e non affronta con la necessaria determinazione i veri problemi”. Sono le parole di Franco Corleone, coordinatore
nazionale dei garanti, in merito al decreto svuotacarceri approvato alla Camera.
In primis, Corleone definisce un “mezzo pasticcio” l’istituzione del garante nazionale dei detenuti, una “figura fondamentale” ma che “rischia di non essere autonoma” visto che “sara’ una figura non nominata dal Parlamento, bensi’ direttamente dal Governo”.
Ancor piu’ grave, secondo Corleone, e’ il fatto che “il garante dei detenuti sara’ senza portafogli, a differenza di quanto avviene per i garanti della privacy, delle comunicazioni, della concorrenza, che ricevono stipendi sin troppo onerosi: si adottano due pesi e due misure, il garante dei detenuti e’ un impegno serio”. Inoltre, conclude Corleone, “il garante dei detenuti avra’ bisogno dell’autorizzazione del ministero, soprattutto in merito ai rimborsi, ogni volta che dovra’ effettuare le visite nelle carceri, un rapporto di dipendenza che mina la sua autonomia”.
Altra nota dolente, secondo Corleone, sono le pene per i fatti di lieve entita’ circa la detenzione di sostanze stupefacenti: “La pena da uno a cinque anni resta troppo alta, soprattutto considerando il fatto che questo reato pesa per il 40 per cento sulla popolazione carceraria”. Ecco perche’, secondo Corleone, serve “una riduzione della pena”. La giusta strada da intraprendere, spiega il coordinatore nazionale dei garanti, potrebbe essere quella avanzata dalla Commissione ministeriale di studio in tema di ordinamento penitenziario e misure alternative, ovvero “pene da sei mesi a tre anni per fatti di lieve entita’ sulla detenzione di sostanze stupefacenti, una misura che eviterebbe l’arresto e contribuirebbe ad alleggerire il sovraffollamento delle carceri”. (js) (www.redattoresociale.it)