Siamo fra i pochi a prendere in considerazione la Relazione sull’uso di sostanze stupefacenti che il sottosegretario Giovanardi presenta annualmente al Parlamento. Potremmo anche noi archiviarla fra le produzioni inutili, ma analizzare i singoli capitoli dà la misura della deformazione strumentale dei dati. Sulla manipolazione delle cifre circa le conseguenze penali della legge antidroga ha già scritto Stefano Anastasia (Il Manifesto, 13/7/2011) e in più abbiamo offerto un’approfondita analisi sui cinque anni di applicazione della legge con il Secondo Libro Bianco.
Stavolta esaminiamo il capitolo (pagg. 53/60) dei test ai lavoratori per valutare gli effetti dell’impostazione moralistico-repressiva che vuole colpire anche il semplice uso “sporadico e saltuario” di qualsiasi sostanza psicoattiva considerato sufficiente per stabilire l’inidoneità a mansioni a rischio.
Nel 2010 sono stati sottoposti al test di primo livello 86.987 soggetti rispetto ai 54.138 del 2009. La positività riscontrata a questo esame è stata dello 0.63%, pari a 551persone (autoesclusi o obiettori, 10): per il 64,6% riguarda i cannabinoidi, per il 19,6% la cocaina, il 4,2% gli oppiacei, il 3,8% il metadone e il 4,5% la codeina.
Si hanno anche i risultati di 177 soggetti sottoposti all’accertamento di secondo livello (ossia il test di conferma eseguito quando il primo risulta positivo): i cannabinoidi rimangono la prima sostanza con il 60,7%, seguita dalla cocaina con il 25,5% , seguite dagli oppiacei con il 6,2% e il metadone con il 2,1%.
Quasi il 69% ha una diagnosi di consumo occasionale e al 13% del campione è stata riscontrata una diagnosi di tossicodipendenza, ovviamente in prevalenza per cannabinoidi. Vengono così confermate le ragioni dell’opposizione dei sindacati a una pratica di controllo che ha il sapore più della schedatura e della discriminazione attraverso la condanna dello stile di vita che di una reale preoccupazione di salute e di sicurezza.
Questa operazione è costata alle aziende quasi cinque milioni di euro! In un tempo di tagli crudeli segnaliamo uno spreco assurdo che cozza contro il principio di costi e benefici. Infatti, la tariffa media degli esami di primo livello è di quasi 50 euro per persona e quella di secondo livello è di 85 euro. Una bella spesa per cambiare mansione a dieci fumatori di canne, stigmatizzati come tossici! Come scriveva Giuseppe Bortone (Il Manifesto, 21/7/2010), si tratta di una caccia agli untori. Ed è ancora più preoccupante che si parli di estenderla massicciamente a nuove categorie, come i medici e gli insegnanti, con la logica di “colpirne uno per educarne cento” (anzi, sarebbe meglio dire per “colpirne cento per educarne uno”).
A Giovanardi piace usare il cannone per colpire un moscerino: come prevenzione non c’è male. D’altronde quale sia il suo vero obiettivo ideologico è espresso chiaramente nella presentazione del documento: “Quando il fronte è compatto ed esplicitamente contro l’uso di tutte le droghe, il consumo chiaramente diminuisce; quando, invece ..si invoca (sic!) la legalizzazione o l’apertura di “camere del buco” o si insiste su politiche di riduzione del danno, i livelli di consumo aumentano vertiginosamente..”. Ovviamente non vi è prova alcuna che le stanze del consumo e altri interventi di riduzione del danno facciano aumentare i consumi, mentre ci sono ampie evidenze della loro efficacia per tutelare la salute pubblica. Ma si sa, scienza e propaganda non vanno d’accordo.
Franco Corleone commenta per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 7 settembre i dati sui test ai lavoratori contenuti nella relazione sulle tossicodipendenze di quest’anno. Il Secondo Libro Bianco sulla Fini Giovanardi è on line su www.fuoriluogo.it.