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CARCERI: DELEGAZIONE ‘SOVRAFFOLLAMENTO CHE FARE’ INCONTRA MINISTRO SEVERINO

(AGENPARL) – Roma, 12 gen – Una delegazione, composta da Patrizio Gonnella, Ornella Favero, Franco Corleone, Stefano Anastasia, Franco Uda, in rappresentanza del Cartello “Sovraffollamento: che fare” (A buon diritto, Acli, Antigone, Arci, Beati i costruttori di pace, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, CGIL, Coordinamento dei garanti dei diritti delle persone private della libertà personale, Funzione pubblica CGIL, Forum per il diritto alla salute delle persone detenute, Forum droghe, Giuristi democratici, Jesuitsocialnetwork, Ristretti Orizzonti, Unione Camere penali italiane, Magistratura democratica, VIC volontari in carcere Caritas) ha incontrato oggi, 12 gennaio, il ministro della Giustizia Paola Severino.

Nel corso dell’incontro, lungo e cordiale, sono stati posti all’attenzione del ministro i temi relativi alle cause che producono il sovraffollamento e le proposte del Cartello in materia. È stata in particolare sottolineata la necessità di modificare la legge Fini Giovanardi sulle droghe, la ex Cirielli sulla recidiva e la Bossi Fini sull’immigrazione, che più hanno contribuito a riempire le carceri, nonché di ridurre l’uso della custodia cautelare e di potenziare le misure alternative. Quanto alle condizioni di vita negli istituti di pena, oggi poco rispettose della dignità delle persone detenute e del personale che vi lavora, il Cartello ha proposto tra l’altro di intervenire aumentando le ore dei colloqui e le telefonate, perché rafforzare i legami famigliari costituisce anche una delle poche forme di prevenzione dei suicidi. Il ministro, che nel corso dell’incontro era accompagnata da Simonetta Matone, magistrato e Vice Capo del Dap, ha apprezzato le proposte, segnalando la possibilità che alcune di queste entrino nel decreto legge sulle carceri in discussione al Senato, e ha condiviso la necessità di un confronto permanente con le associazioni e le altre realtà che si occupano da anni di questi temi e mettono a disposizione le loro competenze.

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«La galera ha bisogno di aria e di luce»

Il corpo e lo spazio della pena: un libro di prossima uscita su architettura, urbanistica e politiche penitenziarie. A colloquio con uno dei tre curatori, Franco Corleone, coordinatore nazionale dei Garanti dei detenuti e Garante a Firenze. Le riforme possibili, le riflessioni sul senso della pena

«Il sovraffollamento delle carceri non è come un terremoto, un incidente naturale, al contrario è il frutto di scelte sbagliate».  Chi parla è Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, attualmente Garante per i diritti dei detenuti a Firenze e Coordinatore nazionale dei Garanti territoriali. Tra le mani mostra l’ultima fatica Il corpo e lo spazio della pena (Ediesse edizioni), in libreria dal prossimo 23 novembre. È il frutto di un lavoro collettivo, nato da due seminari del 2009 e 2010, di cui Corleone è uno dei tre curatori, accanto a Stefano Anastasia, docente di Filosofia e Sociologia del Diritto a Perugia, e Luca Zevi, architetto e urbanista.

«Nel libro c’è l’ambizione – aggiunge Corleone – di proporre un disegno di politica della giustizia e di politica penitenziaria. Mi auguro che il nuovo ministro abbia voglia di tenerne conto perché c’è tutto: da come concepire gli spazi e i luoghi dell’architettura penitenziaria, all’idea che il carcere debba essere un luogo di responsabilizzazione e non dove si ritorna infantili, c’è il tema delle pene alternative, dei limiti che deve avere la carcerazione preventiva e altro ancora. Sono 15 interventi, di altrettante persone che si dedicano da anni su questi temi, che non posso elencare tutti, ma che riflettono – ritengo – la frase finale con cui Adriano Sofri chiude il suo intervento che vorrei citare: “Io penso che il fine della pena sia la fine della pena”. Come non essere d’accordo?»

Dottor Corleone, si diceva degli spazi e dei luoghi dell’architettura penitenziaria…

Non si risolve l’emergenza con nuove carceri. Certo, bisogna costruirne di nuove ma giusto per chiudere quelle immonde dove adesso si accatasta la gente. Carceri vecchie, antiche, dove diventa difficile garantire il recupero, la salute e la dignità dei reclusi. Poi bisogna cominciare a distinguere: non si possono mettere negli stessi luoghi le mamme con i figli, le persone in attesa di giudizio, i semiliberi e i detenuti con il 41-bis. Bisogna differenziare, costruire luoghi diversi e separati, in questo consiste il ripensare l’architettura dell’edilizia penitenziaria.

Ma intanto c’è il degrado degli oltre 67mila ristretti…

Come dicevo, non è un degrado naturale e inevitabile, è frutto di errori, culturali e politici innanzitutto. In cifre: se in un anno passano dalle carceri 80mila persone, sappiamo che 26mila sono piccoli spacciatori, di cui 16mila sono tossicodipendenti, e che il 40% di chi entra è in attesa di giudizio. Che senso ha mischiare tutti negli stessi identici luoghi. Ci sono esperienze all’estero dove il tema della differenziazione dei luoghi è stato affrontato, penso alla Danimarca. Sarebbe anche un modo per introdurre responsabilità e non infantilismo. Che senso ha chiedere a uomini maturi, in attesa di giudizio, magari con una vita famigliare professionale alle spalle, di dover fare la “domandina” per una scatola di pomodori? Che senso ha mettere negli stessi luoghi chi è in semilibertà e chi deve scontare venti anni? Ad esempio, bisognerebbe creare quelle che chiamiamo le Case della semi-libertà, luoghi dove costruirsi il futuro.

Oltre l’architettura?

Oltre l’architettura, oltre il corpo e lo spazio della pena, c’è tutto il resto: ripensare il senso della pena, abolire leggi criminogene sulla droga che inchiodano nelle carceri decine di migliaia di persone, chiudere gli OPG, fare davvero una riforma della giustizia, riscrivere il codice penale, rivisitare la riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria limitandone i compiti al controllo delle sezioni del 41-bis e dell’Alta Sicurezza, alle traduzioni e alla vigilanza antievasione.

E le altre funzioni?

Affidarle a un Corpo civile che sviluppi percorsi educativi e trattamentali riprendendo, ad esempio, il modello della Catalogna. Le cose da fare sono molte e possibili. Ma siamo in ritardo.


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In Primo Piano Le carceri

In uscita “Il corpo e lo spazio della pena”

Esce il 23 novembre in tutte le librerie il volume de La Società della Ragione: 

Il corpo e lo spazio della pena
Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie
a cura di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi

2011
EDIESSE
13,00 Euro
ISBN 978-88-230-1601-9

La vertiginosa crescita delle incarcerazioni nell’ultimo ventennio ha fatto esplodere il problema del sovraffollamento penitenziario, e con esso quello della qualità della pena nel rispetto della dignità della persona detenuta. Tra timide riforme e occasionali provvedimenti deflattivi, la costruzione di nuove carceri e la saturazione di quelle esistenti continuano a dominare l’agenda politica.

La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione e al modo di interpretare la pena privativa della libertà. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare, quindi, a ripensare lo spazio penitenziario, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive.

Testi di Sebastiano Ardita, Vittorio Borraccetti, Cesare Burdese, Alessandro De Federicis, Patrizio Gonnella, Francesco Maisto, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Mauro Palma, Sonia Paone, Eligio Resta, Leonardo Scarcella, Adriano Sofri, Maria Stagnitta, Grazia Zuffa.

Stefano Anastasia, ricercatore in Filosofia e Sociologia del diritto nell’Università di Perugia, è stato presidente dell’associazione Antigone e della Conferenza nazionale del volontariato della giustizia.
Franco Corleone, sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, è Garante dei detenuti nel Comune di Firenze e presidente della Società della Ragione.
Luca Zevi, architetto e urbanista, direttore del «Manuale del Restauro Architettonico» e del «Nuovissimo Manuale dell’Architetto », ha insegnato nelle Università di Roma e Reggio Calabria.

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Settembre a Sollicciano

Franco Corleone, Coordinatore dei Garanti territoriali e Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze  ha dichiarato:

Il primo giorno di settembre nel carcere di Sollicciano sono accaduti due fatti gravi: una evasione di un detenuto in art. 21 e un tentato suicidio di una detenuta.

Certamente per la mia coscienza è nettamente più grave il gesto messo in atto da S. Z., una donna di 46 anni con una pena definitiva al 2013, per reati contro la proprietà e che ora è ricoverata all’ospedale di Torregalli in coma farmacologico.

Si allunga la lista delle tragedie in carcere e troppo poco si fa per cambiare la vita quotidiana di uomini, donne e bambini reclusi.

L’episodio di evasione non può costituire un alibi per ridurre la concessione di misure alternative: certo è paradossale che si applichi in maniera estremamente ridotta la legge sulla detenzione domiciliare per le pene fino ai 12 mesi e non si conceda in maniera ampia l’affidamento terapeutico per i tossicodipendenti, che continuano a riempire le carceri italiane, e invece si conceda un beneficio cospicuo a un detenuto con una pena lunga.

 

 

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Lunedì consiglio comunale aperto a Sollicciano

Il presidente Giani: “Occasione di ascolto per dare risposte”. In primo piano i temi del sovraffollamento, delle residenze per le persone in semi libertà e per le detenute con figli minori.
Consiglio comunale aperto a Sollicciano. L’assemblea cittadina lunedì prossimo salterà il consueto appuntamento nel Salone dei Duecento di Palazzo Vecchio per riunirsi nel carcere di Firenze dalle 15 alle 18. “Sarà un momento molto significativo – ha detto il presidente del consiglio comunale Eugenio Giani – un’occasione per ascoltare i diretti interessati. Lunedì l’ascolto sarà la cosa più opportuna da fare, più importante della presentazione delle singole posizioni politiche”.
Alla seduta parteciperanno oltre ai consiglieri e agli assessori Stefania Saccardi e Rosa Maria Di Giorgi, i detenuti, gli agenti di custodia, il garante dei diritti dei detenuti nominato dal Comune Franco Corleone, il direttore del carcere Oreste Cacurri, il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo. “Discuteremo – ha spiegato il presidente del consiglio comunale Giani – dei molti problemi già sollevati dal Garante e in particolare della sede per le residenze delle persone in semi libertà, degli alloggi per le detenute madri con i figli minori, del sovraffollamento”.

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L’ergastolo bianco di chi vive da detenuto (ma non lo e più…)

<em>Si chiamano internati: sono i reclusi che, dopo aver scontato una pena, non vengono liberati perché considerati pericolosi. Un residuo di archeologia giuridica che viola la Costituzione.</em>
Vivono in carcere a tempo indeterminato, senza un fine pena perché una pena da scontare non ce l’hanno. Dovrebbero lavorare, ma per la maggior parte del tempo oziano in cella, a fianco dei detenuti, A oggi sono circa trecento gli internati nelle case di lavoro, persone giudicate socialmente pericolose o delinquenti abituali e sottoposte a una misura di sicurezza detentiva anche dopo aver pagato il loro debito con la giustizia. In teoria la loro condizione non dovrebbe equivalere a quella di chi sconta una pena. Di fatto, però, la distinzione tra detenuto e internato è solo sulla carta e quelle che si chiamano case di lavoro spesso sono dei penitenziari da cui si rischia di non uscire più. L’altro rischio è di finire nelle porte girevoli delle misure di sicurezza detentive per cui si rientra in cella appena dopo esserne usciti.
Gli internati chiamano la loro condizione “ergastolo bianco”, perché la misura di sicurezza può essere prorogata illimitatamente, come ha denunciato Laura Longo, presidente del tribunale di sorveglianza dell’Aquila, che lo scorso febbraio, dopo l’ennesimo suicidio tra gli internati nel carcere di Sulmona, ha scritto una dettagliata relazione al ministero della Giustizia. La relazione denuncia, tra le altre cose, il meccanismo dei rinnovi continui della misura di sicurezza: non lavorando di fatto, gli internati non offrono elementi per far valutare ai giudici la loro cessata o diminuita pericolosità.
Le Case di lavoro, poi, rispondono a una concezione ottocentesca ripresa, nel 1930, dal codice Rocco ancora in vigore. In più c’è il problema del lavoro da svolgere; al momento non risultano cooperative sociali o aziende esterne che diano impiego agli internati. Le sole attività svolte sono quelle per l’amministrazione penitenziaria, In questo caso
non c’è un contratto e al massimo si guadagnano cento o duecento euro al mese, perché il capitolo di spesa per i pagamenti dei detenuti lavoratori si assottiglia sempre di più. Risultato: sia detenuti che internati, quando va bene, lavorano poche ore a settimana e a periodi, perché per far lavorare un pò tutti si organizzano gruppi a rotazione.
Franco Corleone, garante dei detenuti di Firenze, parla di “reperto di archeologia giuridica” tornato in auge: “Negli ultimi tempi c’è stato un revival di questo tipo di misure. Ma sono norme scritte prima della Costituzione, e si vede”.

Articolo di Gina Pavone da Il Venerdì de La Repubblica, 17 luglio 2011

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Garante: “La procura indaghi sulla mancata nomina”

Garante: “La procura indaghi sulla mancata nomina”
Esposto dei penalisti fiorentini: da un anno e mezzo doveva esserci il nuovo Garante regionale per i diritti dei detenuti
di FRANCA SELVATICI per Repubblica.it

Il 19 novembre 2009 il Consiglio regionale toscano ha approvato la legge istitutiva del Garante regionale per i detenuti. A distanza di un anno e mezzo il Consiglio non lo ha ancora nominato. Perciò ieri il direttivo della Camera penale fiorentina ha depositato un esposto nel quale si chiede alla procura di verificare urgentemente se questo incomprensibile ritardo non integri gli estremi del reato di omissione o rifiuto di atti di ufficio. Gli avvocati penalisti ricordano in particolare che la figura del Garante è essenziale per assicurare ai detenuti le prestazioni inerenti al diritto alla salute.
Il 14 dicembre scorso il presidente della Camera penale fiorentina, professor Giovanni Flora, e l’avvocato Michele Passione, membro del direttivo e dell’Osservatorio nazionale sulle carceri delle Camere penali, hanno scritto al Consiglio regionale segnalando la condizione gravissima in cui versano i detenuti nelle carceri toscane e sollecitando la nomina del Garante. Non avendo ricevuto risposta, si sono messi in contatto telefonico con il presidente del Consiglio regionale Alberto Monaci, attraverso il capo di gabinetto dottor Burresi, e lo hanno incontrato due volte, ricevendo l’assicurazione che il Garante sarebbe stato nominato entro il primo aprile. Ciò non è avvenuto.

Nel frattempo la situazione nelle carceri è sempre più allarmante. Il Garante dei detenuti del Comune di Firenze, Franco Corleone, ha recentemente denunciato che nel solo carcere di Sollicciano nel 2010 sono stati registrati oltre 900 casi di autolesionismo e 200 tentativi di suicidio. A Sollicciano la popolazione carceraria è di quasi 1000 detenuti contro una capienza di 500.

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Lo sciopero dei direttori

CARCERE. Nella sola Toscana, otto istituti di pena sono senza guida. Scoperti altri uffici dell’amministrazione. Una situazione che ha portato i responsabili delle strutture a incrociare le braccia per tutto il mese di maggio.

E’ scattato lo sciopero nelle carceri della Toscana. Stavolta non si tratta solo di un problema legato al sovraffollamento o alla carenza di personale di polizia penitenziaria. No, a far sentire la loro voce non sono né i detenuti né i lavoratori appartenenti al corpo. A scioperare da tre giorni (e così sarà per tutto il mese di maggio) sono invece i loro direttori. Infatti mancano i dirigenti. E soprattutto manca un contratto collettivo. La conseguenza di tutto questo porta a una condizione paradossale: ad oggi, in Toscana, ci sono ancora otto carceri senza direttore. Livorno, Gorgona, Massa Marittima, Pistoia, San Gimignano, l’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo, Massa e Gozzini. Ecco, queste sono le strutture che non hanno un dirigente.

Se poi aggiungiamo che sono scoperti anche diversi uffici per l’esecuzione penale esterna (Uepe) e ben dodici posti di dirigente al provveditorato regionale, si capisce il livello di drammaticità del mondo carcerario toscano. «Lo sciopero – spiega Franco Corleone, coordinatore dei garanti territoriali e garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze – interesserà tutte le prestazioni che ricadono fuori dal normale orario di lavoro». Corleone manifesta inoltre solidarietà «per chi difende il proprio lavoro e i propri diritti» e chiede che «il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria risponda immediatamente alle giuste richieste e trovi una soluzione per la copertura dei posti vacanti».

Mentre per il Lisiapp (sindacato del corpo di polizia penitenziaria) «urgono misure urgenti e una riforma dell’intero personale penitenziario attraverso l’istituzione di ruoli tecnici del corpo». Massimiliano Andreoni, educatore in carcere da quasi 25 anni, sottolinea la disattenzione «delle amministrazioni nazionali e regionali. Nell’interesse di tutti, per far sì che il carcere assuma davvero quella funzione educativa e rieducativa che la nostra carta costituzionale sancisce, occorre investire le nostre migliori risorse: idee, denaro, tempo».

Gianluca Testa (Comunicare il sociale) direttore VolontariatOggi.info su Terra del 4 maggio 2011

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Sollicciano: finanziamenti straordinari ma quota mille è vicina!

Il Consiglio Comunale straordinario del 14 marzo ha prodotto alcuni risultati positivi. Infatti ho avuto conferma ieri dal Sottosegretario Giacomo Caliendo, dell’approvazione da parte della Cassa Ammende di tre progetti per Sollicciano che interessano l’allargamento dei passeggi dell’ora d’aria, la ristrutturazione dei servizi igienici alla sezione femminile e l’attivazione di una seconda cucina al maschile. A questi fondi straordinari vanno aggiunti i centomila euro già annunciati e che potranno servire per la manutenzione dell’istituto e per attivare la tessera telefonica per i detenuti. Occorre costituire immediatamente un tavolo di confronto tra Amministrazione Penitenziaria, Regione, Comune e Provincia per precisare i progetti e garantirne la rapidità di esecuzione.

E’ un risultato eccezionale che premia l’impegno del Consiglio Comunale di Firenze,  del Presidente Giani e della Giunta Comunale, testimoniato dal lavoro degli Assessori Saccardi e Di Giorgi e dall’iniziativa dei Consiglieri Di Puccio, Cruccolini e Sguanci, che nei mesi scorsi organizzarono l’incontro con il Sottosegretario Caliendo, presentando le richieste che oggi sono state accolte.

Purtroppo assieme a questa buona notizia vi è la conferma della tendenza all’esplosione del carcere di Firenze, infatti le presenze sono arrivate a 988 più 6 bambini.

Quota mille si avvicina e temo che nell’uovo di Pasqua si troverà un bel digiuno.

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Garante: «Udine è in ritardo e ne occorrerebbe uno a Tolmezzo»

Due articoli da il Gazzettino del 13 aprile 2011

«Udine è in ritardo e ne occorrerebbe uno a Tolmezzo»
(L.Z.) La figura del garante per i diritti dei detenuti, istituita in diverse città del NordEst, sarà un passo importante anche per Udine. «Non è un obbligo di legge – precisa Franco Corleone, coordinatore dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti, nonché ex consigliere provinciale – ma un atto di volontà politica che giudico positivo». Corleone, che conosce bene le realtà delle carceri friulane, sottolinea come sia «importante che dopo i passaggi in commissione e in consiglio comunale, la nomina del garante sia rapida e non si lascino trascorrere mesi come accade in altre regioni». L’istituzione del garante arriva un po’ in ritardo in Friuli Venezia Giulia e Corleone auspica che ci sia una procedura accelerata, magari con nomina del sindaco. «Udine ha un carcere che soffre di sovraffollamento e ha una storia particolare, legata a episodi difficili. In realtà – aggiunge – occorrerebbe un garante anche Tolmezzo» e proprio dai detenuti di queste due carceri Corleone riceve lettere che denunciano situazioni di durezza o richieste di trasferimento. Quanto al possibile arrivo di un garante a Udine, Corleone dichiara di voler collaborare con la persona che sarà scelta e mette in evidenza la necessità di un incontro pubblico, organizzato dall’amministrazione comunale, per spiegare ai cittadini chi sia il garante e quali compiti svolga, «sono disponibile a venire a Udine per partecipare» assicura.

La proposta non trova molti consensi in commissione
«Il Garante non serve»
Manca però l’assessore competente e la decisione viene rimandata
«Udine non è Guantanamo». La proposta di istituire la figura del garante per i diritti dei detenuti suscita perplessità polemiche durante la doppia commissione convocata a Palazzo D’Aronco. A dire che il carcere friulano nulla ha in comune con il campo di prigionia americano è la leghista Barbara Zelè. «Ben vengano gli strumenti di recupero e reinserimento sociale dei detenuti – precisa – ma istituire un garante mi sembra una forzatura. Pensiamo piuttosto ai diritti delle guardie carcerarie». I consiglieri di minoranza si scaldano sull’argomento e il secondo affondo arriva da Orlanda Primus che vedrebbe più di buon occhio la presenza di mediatori culturali in via Spalato, «dato che la maggior parte dei detenuti è di origine straniera. Un garante – dice – sarebbe più utile per i gay che sono sempre oggetto di discriminazioni». Dai banchi della maggioranza intervengono Federico Pirone e Cinzia Del Torre per difendere la bontà della proposta, ma le loro parole non convincono i colleghi dell’opposizione. «Abbiamo abrogato al figura del difensore civico – ricorda Piergiorgio Bertoli – che senso ha nominare un garante che ha ben poco a che fare con la prospettiva funzionale di un ente locale». Sorge poi il problema dei costi, sollevato da Franco Della Rossa che trova la condivisione di diversi commissari. Anche Natale Zaccuri si dichiara perplesso e aggiunge: «A Udine c’è un sistema di volontariato penitenziario, quindi non vedo la rilevanza, dal lato pratico, della fiura del garante se non per dire che ci siamo anche noi». L’unica voce fuori dal coro dell’opposizione è quella di Aldo Rinaldi che, dopo l’esperienza in qualità di medico alle carceri di Udine, si dichiara favorevole al garante. Su un punto però sono tutti d’accordo: alla seduta avrebbe dovuto partecipare l’assessore competente. Alla fine, favorevoli o contrari, i commissari non se la sentono di votare «di pancia» senza ulteriori approfondimenti e scelgono di rinviare la seduta dopo aver chiamato in audizione il direttore del carcere, Francesco Macrì per capire quale sia la reale situazione della casa circondariale di via Spalato.