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Quinidicesimo giorno di digiuno

Come non capite ancora?
Digiuno ad oltranza

Continua la mobilitazione collettiva perché il Governo emani subito un decreto legge contro il sovraffollamento delle carceri, cancellando le norme della legge sulle droghe che incarcerano per fatti di lieve entità e impediscono l’uscita dei tossicodipendenti. Le altre richieste al Parlamento e all’Amministrazione Penitenziaria sono le seguenti:

  • approvazione della legge sull’introduzione del reato di tortura
  • approvazione della legge sull’affettività in carcere
  • approvazione dell’istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti
  • applicazione integrale del Regolamento del 2000 per assicurare condizioni di vita dignitose.

Oggi digiuna Sergio Segio (Direttore Associazione “Società e Informazione”).

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In Primo Piano Le carceri

Lettera aperta ai garanti, al volontariato, alle associazioni di impegno civile e sociale

Care amiche e cari amici, ho meditato a lungo e con insistenza. Alla fine mi sono convinto, senza incertezze, che non possiamo più continuare ad accettare che di fronte alla tragedia quotidiana che vive il carcere, si persegua una gestione rassegnata e contrassegnata dal tratto della normale amministrazione, quando la situazione è davvero insostenibile e richiede un cambio di passo visibile, una discontinuità profonda. Insomma il tempo è della riforma. Senza incertezze.

In occasione della Festa della Polizia Penitenziaria il Presidente Napolitano è tornato sul tema del sovraffollamento che quasi un anno fa aveva definito di “prepotente urgenza” e ha chiesto al Parlamento e al Governo di superare la paralisi che determina una condizione contro la Costituzione e la legge, attraverso “nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali”.

Il Presidente del Senato Schifani annuncia un’altra sessione straordinaria di Palazzo Madama sulle carceri.

Il Presidente della Camera Fini suggerisce la strada della depenalizzazione e la scelta di privilegiare l’adozione di misure alternative.

Di fronte a queste intenzioni tocca a noi, sì a noi, non lasciarle cadere e chiedere decisioni coerenti.

Purtroppo la ministra Severino propone misure modeste come il disegno di legge sulle pene detentive non carcerarie e la messa alla prova e insiste con la scelta di un Piano carcere che prevede programmi di edilizia inutile e dannosa. Carceri nuovi enormi dove non servono e padiglioni brutti e non funzionali,che ad esempio a Rebibbia stravolgerebbe l’opera dell’architetto Lenci.

Le idee non mancano.

1. Ho avuto modo di esprimere con chiarezza, magari ossessiva, al CSM, al Presidente della Repubblica, al ministro Riccardi, ai vertici del Dap che il nodo, il clou, la ragione della bulimia carceraria è determinata dalla legge sulla droga, quella del 1990 aggravata dalla modifica ideologica e ancor più punitiva realizzata con un vulnus costituzionale nel 2006.

E’ questa la legge che provoca il maggiore afflusso in carcere. Il 33% degli ingressi in carcere è relativo alla violazione dell’art. 73 (detenzione e spaccio); nel 2011 ben 22.677 consumatori e piccoli spacciatori sono stati colpiti e una alta percentuale è ristretta per fatti di lieve entità come previsto dal quinto comma ma con pene da uno a sei anni di carcere.

Occorre dunque interrompere il flusso di entrata oltre che liberare dalle catene i tossicodipendenti che rappresentano un’altra alta quota di vittime sull’altare della disumanità dell’ossessione securitaria.

La proposta di legge dell’on. Cavallaro (Atto Camera 4871 del 10.01.12) è lo strumento per affrontare efficacemente la questione. Al Senato lo stesso testo è stato presentato dai senatori Ferrante e Della Seta (Atto Senato 2798 del 28.06.11). Si prevede l’istituzione di un reato autonomo della detenzione di sostanze stupefacenti nella modalità della lieve entità oggi configurata come semplice attenuante con una pena da sei mesi a tre anni che eviterebbe l’ingresso in carcere e la possibilità di misure alternative. L’iter potrebbe essere rapido se queste e le altre norme previste venissero inserite nel disegno di legge governativo già in discussione (Atto Camera 5019).

Marco Pannella invoca da tempo un provvedimento di amnistia come risposta alla crisi della giustizia; le obiezioni contro un provvedimento liquidato sbrigativamente come una inaccettabile clemenza e la asserita assenza di volontà politica ampia (una maggioranza dei due terzi del Parlamento) devono far trovare comunque una risposta.

Mi sento di proporre un provvedimento mirato, cioè una amnistia limitata ai fatti relativi al quinto comma dell’art. 73 del Dpr 309/90 che inciderebbe sulle presenze in carcere e sarebbe contestuale alla modifica della legge.

2. Ho aderito all’Appello per l’introduzione del reato di tortura nel Codice Penale la cui approvazione richiederebbe poco tempo da parte del Parlamento ma avrebbe un grande valore simbolico rispettando la Costituzione e la Convenzione dell’Onu che l’Italia disattende da 25 anni e un senso pratico di ripulsa di una lunga teoria di violenze dello Stato sempre impunite. Questa campagna lanciata da Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, si deve accompagnare alla ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura (OPCAT). L’Italia ha firmato il Protollo nel 2003 ma non lo ha mai ratificato contrariamente alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione Europea. L’Italia non ha quindi alcun rappresentante nell’Organismo di Ginevra che prevede un potere ispettivo a livello globale. La firma del Protocollo obbligherebbe anche l’Italia a istituire la figura del garante nazionale dei diritti dei detenuti ed è una ragione in più per adempiere a un dovere colpevolmente disatteso. Mauro Palma ha scritto al Ministro Terzi per sollecitare una decisione nel gennaio scorso ma nulla si è mosso.

3. Abbiamo chiesto al nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino di scegliere come priorità l’applicazione del Regolamento del 2000 non solo per migliorare la vivibilità quotidiana nelle carceri ma per indicare la strada maestra della Riforma; attendiamo con fiducia l’istituzione di un Tavolo di confronto e di iniziativa che inizi dall’abbandono della via del cemento.

 

Che fare dunque? Che tipo di mobilitazione va inventata? Confesso di non avere una risposta certa. Per aiutarmi a pensare da domani inizio un digiuno per alcuni giorni, sperando che si formi una catena che veda impegnati garanti e esponenti del volontariato e delle associazioni con l’obiettivo di mettere fine a una violenza silenziosa.

Non possiamo essere corresponsabili, neppure per omissione.

Le prossime ore e i prossimi giorni devono vederci impegnati a trovare forme originali di denuncia  e di proposta. Forse occorre più fantasia, più spregiudicatezza, ma non si può stare fermi e muti neppure un minuto di più.

Franco Corleone

 

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I miei articoli Le carceri

Un nuovo suicidio a Sollicciano: la strage continua

La notte scorsa a Sollicciano, un cittadino magrebino di 35 anni condannato in primo grado per spaccio e che aveva il fine pena nel 2011, si è suicidato aspirando il gas di una bomboletta nel gabinetto della cella.

Il sovraffollamento ha provocato un’altra vittima innocente. Era mezzanotte, nella cella erano in sei persone e secondo quanto dichiarato dalla Direzione, il soccorso dei compagni, della Polizia Penitenziaria e dei medici è stato immediato ma non c’è stato niente da fare.

Questa morte è una risposta eloquente a chi ha dipinto il carcere come un luogo da cui si esce facilmente per legge. Magari per la cosiddetta “svuota carceri.”

Verificheremo le cause della morte attraverso i risultati dell’autopsia, ma certo questo ulteriore dramma obbliga a ripensare le condizioni di vita in un carcere illegale.

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Può accadere anche da noi una strage in carcere?

Articolo pubblicato dal Settimanale OGGI.

L’8 dicembre oltre ottanta detenuti in un grande carcere alla periferia di Santiago del Cile sono morti a causa di un terribile incendio. Potrebbe accadere anche in Italia? Purtroppo sì. D’altronde, anche se pochi lo ricordano, il 3 giugno 1989 nel carcere delle Vallette di Torino undici donne (nove detenute e due agenti) morirono intossicate per l’incendio di una catasta di materassi ammassati sotto le finestre della sezione femminile. Nessuno aprì le celle e i pompieri arrivarono 45 minuti dopo l’allarme lanciato dai detenuti del braccio di fronte. Il processo non individuò responsabilità, come se le vittime fossero cittadine di serie B non meritevoli di giustizia.
Ora i materassi in carcere sono ignifughi, ma un incendio può svilupparsi in molti modi e per molte ragioni. Magari una protesta sfuggita di mano o un banale incidente.
Di certo il sovraffollamento rende la situazione esplosiva in ogni momento. Il presidente cileno ha attribuito proprio al sovraffollamento la causa del disastro e ha riconosciuto che “il sistema delle prigioni è assolutamente disumano” e ha promesso “la realizzazione di un sistema nuovo, più dignitoso, degno di un paese civile”.
In carcere, le regole di controllo non devono impedire gli interventi tempestivi di soccorso e la sicurezza non deve prevalere sul diritto alla vita. E’ quanto prevede la Costituzione.
Oggi, con quasi 70.000 detenuti, le prigioni italiane non sono tanto diverse da quelle sudamericane. Per avere una riforma che rispetti la dignità umana, bisogna aspettare un rogo anche in Italia?

Franco Corleone

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I ‘tagli alla scuola’ aboliscono cinque classi a Sollicciano

Per Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti di Firenze, ”il taglio è l’ultimo sfregio. La situazione può risolversi con poco: gli insegnanti sono pagati dalle scuole e non sono neppure precari”

Firenze, 14 settembre 2010 – Anche i detenuti di Sollicciano sono al centro dei problemi causati dai ‘tagli alla scuola’. Infatti, rispetto allo scorso anno, non sono state riattivate 5 classi secondarie di secondo grado: l’unica è una quinta. Il taglio riguarda un centinaio di detenuti che non potranno più accedere alle classi. La situazione è stata illustrata in una conferenza stampa nel penitenziario, alla presenza del direttore di Sollicciano, Oreste Cacurri.

Lo scorso anno tra i corsi della scuola primaria (a Sollicciano e all’istituto ‘Gozzini’), l’istruzione secondaria di primo grado (due classi nel 2009, di cui una tagliata nel 2010) e le superiori sono stati coinvolti 560 detenuti e due persone, un uomo e una donna (la prima a Sollicciano), si sono anche diplomate. ”Il Governo taglia 3 miliardi in tre anni – ha detto Rosa De Pasquale, parlamentare del Pd -, ma lascia il coltello in mano a chi amministra l’istruzione in modo periferico”. Per Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti di Firenze, ”il taglio è l’ultimo sfregio. La situazione può risolversi con poco: gli insegnanti sono pagati dalle scuole e non sono neppure precari”.

Il direttore Cacurri dichiara di essere ”preoccupato dei tagli alle classi dell’istituto penitenziario” e della situazione, che influisce anche sulla sicurezza. Venerdì ci sarà un incontro con l’Ufficio scolastico regionale. ”La Provincia – ha detto
l’assessore provinciale Giovanni Di Fede – è disponibile ad accogliere richieste per materiali e strumenti per la scuola”.

Sollicciano è sovraffollato, più di 1.000 i detenuti
”Ieri i detenuti erano 1013, oggi siamo sulla stessa cifra. Da tempo ormai superiamo le mille unità, con problemi molto seri anche per quanto attiene la carenza di personale”. Questa la dichiarazione del direttore del carcere a margine dell’incontro sul taglio delle classi scolastiche all’interno dell’istituto. La capienza regolamentare del penitenziario è di 476 detenuti.

”Il personale qui fa sforzi sovrumani – ha aggiunto Cacurri -. Il sovraffollamento è certamente una questione di carattere nazionale e va risolto: non dipende da questo o da quell’altro Governo, ormai dura da tempo, da anni”. Franco Corleone in merito alla possibilità di intraprendere uno sciopero della fame per denunciare il sovraffollamento, ha spiegato: ”Sto valutando cosa fare perché la situazione è fuori controllo, è drammatica. Il mio appello è di far uscire al più presto un numero significativo di tossicodipendenti e pensare anche a misure alternative, magari per quelle persone che sono all’ultimo mese di detenzione. La situazione è esplosiva – ha concluso – e occorrono interventi straordinari: tutti pensano che non sia grave perché non ci sono state ancora proteste”.
Da la Nazione.

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Sollicciano: la diga dei 1000 è caduta

Conferenza stampa del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze

Venerdì 9 luglio ore 12,00
Palazzo Canacci – Piazza della Parte Guelfa, 3 piano secondo

LA DIGA DEI 1.000 E’ CADUTA!
Cercasi volonterosi per impedire il Vajont
Un Piano per Sollicciano e per il carcere in Italia

Obiettivi primi e ultimi:

– Autogoverno subito a Sollicciano: costituzione di un Comitato per la gestione pubblica del carcere a Firenze
– Appello alla Regione per un Tavolo sulla sanità penitenziaria
– Mettere in atto il progetto pilota per l’uscita dei tossicodipendenti dal carcere
– Individuare una Casa per la semilibertà nel cuore di Firenze
– Lo scandalo di Empoli prosegue: l’istituto è chiuso e le donne a Sollicciano sono come sardine; la Corte dei Conti non ha niente da dire?
– Realizzare i lavori per la vivibilità a Sollicciano ( seconda cucina, allargamento passeggi) e garantire i servizi essenziali per l’estate a cominciare dai frigoriferi
– Applicare la circolare Ardita ( celle aperte, maggiore utilizzo del Giardino degli Incontri, campo sportivo sempre in funzione).

La crisi del carcere in Italia non è dovuta solo al sovraffollamento, ma anche alla mancanza di un progetto. L’amministrazione penitenziaria è incapace e produce solo danni.
E’ questo il momento di definire un quadro di riforma radicale. Occorre partire dal basso con il coinvolgimento dei detenuti, dei volontari, degli educatori del personale e del Comune, della Provincia e della Regione.

E’ indispensabile una sensibilizzazione dei cittadini attraverso incontri, manifestazioni, spettacoli con la collaborazione di artisti disponibili.
E per cominciare, un digiuno di massa o a staffetta?

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I miei articoli Le carceri

Discarica sociale

Articolo di Franco Corleone per Pluraliweb, mensile on line di Cesvot, Giugno 2010

Ci si avvia a un’estate calda, almeno in carcere. In Italia in agosto si raggiungerà la quota record dei 70.000 detenuti e in Toscana a fine aprile erano presenti già 4.382 persone rispetto a una capienza regolamentare di 3.180. Il sovraffollamento pesa molto sulle condizioni di vita quotidiana; incide sull’esercizio dei diritti minimi ma essenziali. Si soffre per la coabitazione forzata, per i servizi igienici, per l’alimentazione, per i colloqui con gli avvocati e con la famiglia, per il lavoro, lo studio e le attività trattamentali.

Il Governo e l’Amministrazione Penitenziaria hanno una sola idea, quella di costruire nuove carceri; il ministro Alfano ha fatto riferimento a quota ottantamila come obiettivo del programma di edilizia. Già oggi il carcere è pieno di tossicodipendenti, di immigrati, di poveri e di emarginati per cui la definizione comunemente usata è quella di discarica sociale.

Di fronte a una detenzione per il cinquanta per cento dei casi dovuta alla legge sulle droghe, si dovrebbe avere il coraggio di mettere in discussione la scelta proibizionista e punitiva. Invece chi ha la responsabilità di decidere della libertà dei cittadini preferisce agire come gli struzzi. Detenzione sociale, detenzione etnica, detenzione generazionale di soggetti deboli che subiscono violenza e tortura e rispondono nel silenzio, con il suicidio e l’autolesionismo.

In Toscana l’anno scorsi si sono verificati 2318 eventi che l’amministrazione penitenziaria definisce critici e che io preferisco chiamare tragici: 8 suicidi, 155 tentati suicidi, 974 atti di autolesionismo, 480 scioperi della fame.

Come garante dei diritti dei detenuti, ho iniziato a diffondere tra i reclusi di Sollicciano un modello di reclamo da consegnare al magistrato di sorveglianza, per chiedere il rispetto delle norme dell’ordinamento penitenziario e del regolamento di attuazione del 2000 rimasto inapplicato. Si tratta di uno strumento di rivendicazione pacifico che intende anche evitare che la rabbia prenda strade di protesta violenta e incontrollata.

Sto insistendo da mesi perché la Regione Toscana attui un progetto pilota per l’uscita dal carcere di un numero significativo di tossicodipendenti. La scelta delle misure alternative per tutti i detenuti, ma in particolare per i tossicodipendenti, avrebbe il risultato di far diminuire la recidiva e di offrire una chance di vita diversa.

La sorte del carcere di Empoli è ancora un mistero: ho denunciato la chiusura per oltre un anno di quell’istituto e ho anche fatto uno sciopero della fame per protestare contro la decisione del ministro Alfano di bloccare l’esperimento di un luogo specifico per le detenute transessuali. E’ un simbolo della confusione mentale e dell’arroganza del potere. C’è molto da fare per evitare l’Apocalisse.

Franco Corleone è Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze.

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Secondo giorno dello sciopero della fame contro l’arroganza del Ministro Alfano

Il silenzio del Ministro Alfano sulle ragioni della chiusura del carcere di Empoli e sui motivi del blocco dell’esperimento di un carcere transgender è offensivo.

I cittadini hanno diritto di conoscere perché, in tempi di sovraffollamento e di donne detenute strette come sardine, un istituto è chiuso da più di un anno e non si sa quando riaprirà.

Sarebbe interessante anche comprendere la legittimità delle spese fatte in questo periodo in quella struttura per interventi motivati con la sicurezza.

La mia protesta vuole servire a far comprendere che quando si promettono nuove carceri si fa solo propaganda e si pensa all’edilizia e agli interessi connessi e a niente altro, visto che non  si utilizzano gli Istituti già pronti!

Mi auguro che il Comune di Empoli, la Provincia e la Regione Toscana chiedano conto all’Amministrazione Penitenziaria di questa sciatteria e di questa autoreferenzialità.

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A Empoli un carcere per sole trans. Ma c’è chi parla di: “Rischio ghetto”

Un decreto ministeriale del 20 ottobre 2008 ha trasformato l’Istituto a custodia attenuata (dove cioè la funzione rieducativa della pena assume maggiore importanza rispetto a quella retributiva, offrendo maggiori opportunità al detenuto di riabilitarsi e di auto-sperimentare il grado di maturità e responsabilità raggiunta) della città toscana nel primo carcere italiano per transgender.

Ospiterà, dai primi giorni di marzo, venti giovani transessuali attualmente recluse in un’ala dedicata del penitenziario di di Sollicciano, in provincia di Firenze. La scelta del Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria toscana è stata dettata dalla volontà di alleggerire il carcere fiorentino sfruttando le potenzialità di quello empolese, ormai vuoto.

“La scelta di trasferire le transessuali a Empoli” precisa a Panorama.it, il provveditore Maria Pia Giuffrida “è nata per alleviare le loro condizioni di detenzione. Nella nuova struttura sarà più semplice riuscire ad attuare programmi e percorsi educativi e lavorativi“. Attualmente solo tre delle future ospiti svolgono mansioni all’interno del carcere di Sollicciano. “A Empoli tutte avranno un’occupazione: potranno studiare ma anche imparare a lavorare la terra”, precisa Giuffrida. L’istituto empolese è infatti provvisto non solo di bagni idonei, ma anche di una sala per dipingere, strumenti musicali, una biblioteca, un cortile all’aperto con un gazebo, tavoli e un piccolo orto.

E le trans che cosa pensano del nuovo carcere? Secondo il provveditore Giuffrida che le ha incontrati solo pochi giorni fa: “Sono entusiaste e mi hanno fatto moltissime domande sulla struttura e sulle possibilità di lavoro”, racconta Maria Pia Giuffrida. “Ma la domanda più ricorrente è stata: quando?. La voglia di iniziare questa nuova esperienza è veramente forte”.

Mentre vanno ultimandosi i lavori di adeguamento al sistema idraulico e a quello elettrico della struttura e sono stati anche ridefiniti i livelli di sicurezza dell’istituto, il Provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria sta anche concludendo il percorso formativo per gli agenti. Saranno uomini, come stabilisce la normativa, a vigilare all’interno dell’Istituto. Ma considerando la particolarità delle detenute il Provveditorato ha previsto anche la presenza di alcuni agenti di custodia donne. In parallelo con i corsi di formazione, è stato attivato anche un ciclo di incontri con endocrinologi e psicologi della Asl empolese.

Attualmente, le venti trans che saranno trasferite stanno scontando la pena all’interno della sezione femminile di Sollicciano, sorvegliati da donne, con il supporto di un solo agente maschile: svolgono attività culturali con le donne, giocano a pallavolo e fanno sport con le altre detenute di sesso femminile. “Questo è un carcere all’avanguardia, dove esiste l’integrazione concreta tra trans e altri detenuti” commenta il garante dei detenuti toscani, Franco Corleone. “Certo, con i problemi di sovraffollamento che investono anche l’istituto fiorentino, il trasferimento di venti detenuti in una struttura inutilizzata non può che essere positivo”.

Parla di buona notizia Aurelio Mancuso, presidente nazionale Arcigay : “Questo progetto pilota non solo toglierà le trans da un ambiente dove sono costrette a subire umiliazioni ma le introdurrà in una nuova dimensioneche ne favorità il reinserimento e l’occupazione”.

Più cauto il commento di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale: “L’esperimento toscano va monitorato. Empoli eviterà spiacevoli episodi di mobbing sessuale, ma il modello di carcere auspicabile per le trans è quello che prevede un’integrazione completa con gli altri detenuti uomini e donne senza correre rischi”.

Dubbi sui quali invita a riflettere anche Franco Corleone, che paventa il rischi che il carcere di Empoli si possa “trasformare in un “ghetto” o peggio ancora in un ‘carcere spettacolo’, o in uno ‘zoo’”, dice a Panorama.it il garante dei detenuti. E prosegue: “Sono perplesso su questo trasferimento, che avviene senza aver fatto un serio percorso di integrazione con la comunità empolese, l’Amministrazione comunale e le associazioni di volontariato. E poi trovo che ci siano tante contraddizioni da risolvere. Una su tutte il nome del nuovo carcere deciso dal decreto ministeriale del 2008: Istituto transgender maschile di Empoli. È sul “maschile” che, oggi come in passato, manifesto tutte le mie perplessità. Non si può parlare di integrazione, di progetto all’avenguardia se poi si ghettizzano in partenza”.

Articolo di Nadia Francalacci per Panorama, Giovedì 28 Gennaio 2010