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In Italia una trentina di Garanti dei detenuti… ma sono “sentinelle senza poteri”

Una trentina i garanti dei detenuti in Italia, più al Centro Nord che al Sud. Milano e Udine saranno i prossimi a essere nominati. Manca una figura nazionale. Corleone: “Presenza evita che ci siano scontri o rivolte”.

Sono una trentina i garanti dei diritti dei detenuti in Italia. Una presenza radicata al Centro Nord, meno al Sud dove solo le Regioni Sicilia, Puglia e Campania hanno nominato il garante regionale, mentre tra i Comuni troviamo solo Reggio Calabria e due città della Sardegna, Nuoro e Sassari.
Prossimi alla nomina anche Milano e Udine. “Ma non si tratta più di una sperimentazione” assicura Franco Corleone, garante dei detenuti a Firenze e coordinatore nazionale dei garanti. Sì, perché a Roma il primo garante è stato nominato 9 anni fa, seguito a un anno di distanza da quello di Firenze. Bologna è arrivata poco dopo. “Quello che manca però – continua Corleone – è l’organo di governo nazionale”. Un aspetto su cui l’Italia è inadempiente e per il quale esiste un disegno di legge fermo in Parlamento da almeno 2 legislature.
“Quasi tutti i Paesi europei hanno nominato il garante nazionale – prosegue – ed è una figura importante perché oltre a relazionare al Parlamento, può proporre modifiche di legge che vanno al di là delle singole criticità territoriali”.
L’esperienza è, quindi, complessivamente positiva secondo Corleone. “Siamo sentinelle senza poteri reali che hanno però la capacità di tenere viva l’attenzione sul carcere – afferma. E in un momento così difficile per il carcere in Italia, la nostra presenza oltre ad assicurare che i diritti dei detenuti siano salvaguardati e a sollecitare le istituzioni di riferimento sulle condizioni all’interno degli istituti, evitano che non ci siano scontri nonostante le condizioni pesanti”.
Nonostante in Italia manchi il garante nazionale (previsto tra l’altro dal Protocollo aggiuntivo della Convenzione di New York sulla tortura che il nostro Paese non ha ratificato), i garanti hanno creato un comitato per coordinare a livello nazionale le loro attività.
“Anche se esistono molte differenze a seconda delle dimensioni del carcere o della città in cui si trova – spiega Corleone – i problemi di fondo sono simili e nelle riunioni di coordinamento cerchiamo di fare valutazioni comuni sulle necessità del carcere”.
Su altre questioni i diversi garanti non hanno una visione comune. È il caso dell’amnistia rispetto alla quale però sono riusciti a trovare un accordo sulla riforma della legge sulle droghe, in particolare il comma 5 dell’articolo 73 che prevede il carcere per la detenzione di sostanze stupefacenti. “Condividiamo la proposta di legge presentata dai deputati Cavallaro alla Camera e dai senatori Ferrante e Della Seta che prevede l’amnistia in caso di fatti di lieve entità: una modifica che potrebbe incidere sensibilmente sul sovraffollamento delle carceri”.
Un altro tema su cui stanno lavorando è il principio di territorialità della pena. Vedono con favore la nuova circolare del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria che prevede un sistema di sorveglianza dinamica per detenuti ritenuti non pericolosi. “Un sistema a celle aperte – spiega Corleone – anche se rischiano di essere una burla se poi non ci sono risorse per attività da fare con i detenuti”.

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C’è un garante e c’è un sindaco a Livorno

Quando si realizza una buona idea, c’è sempre chi alza il dito per ammonire e rovinare la festa. E’ accaduto anche in occasione della decisione del sindaco di Livorno di rendere operativa l’istituzione della figura del Garante dei detenuti, deliberata dal Consiglio comunale, con la nomina di Marco Solimano, esponente dell’Arci impegnato da anni sui temi dell’esclusione sociale, delle droghe e dell’emarginazione. Il carcere di Livorno è un istituto difficile, che ha conosciuto episodi duri e che richiede un impegno straordinario proprio in questa stagione caratterizzata dai problemi che nascono dal sovraffollamento per riportarlo al rispetto delle regole della riforma penitenziaria. Scelta migliore il sindaco Cosimi non avrebbe potuto immaginare. La protesta dei garantisti a senso unico appare quasi un riflesso condizionato e non costituisce un problema. Suscita invece perplessità il fatto che su un quotidiano progressista, nelle pagine locali, si sia dato largo spazio a una stucchevole polemica sugli incarichi pubblici che sarebbero riservati ai protagonisti della tragica stagione della lotta armata. Ma è una contraddizione grave, per chi è impegnato nella difesa dei principi fondamentali della Costituzione, dimenticare che l’articolo 27 è un pilastro di una concezione della giustizia fondata sui valori dell’umanità e sul rifiuto della vendetta. Il monito per la messa al bando dei trattamenti inumani e degradanti, e l’affermazione delle pene finalizzate al reinserimento sociale del condannato, si richiama al diritto laico di Cesare Beccaria. Pensare che per certi reati il marchio dell’infamia non può mai essere rimosso rende l’omaggio alla Costituzione, se non strumentale, almeno formale e ipocrita. Questo rifiuto alla piena cittadinanza di chi non solo ha pagato per i propri errori ma, con la dissociazione, ha riconosciuto il valore dei principi della sacralità della vita e del ripudio della violenza, costituisce un tradimento della vittoria della democrazia. Al sindaco Cosimi, che ha confermato la sua decisione, esprimo incondizionata solidarietà.

Franco Corleone

Da Il Manifesto, 17 giugno 2010

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Le carceri scoppiano. La rassegna stampa dell’iniziativa di Ferrara

On line la rassegna stampa dell’iniziativa svoltasi a Ferrara lo scorso 23 novembre:

Vi ricordo che l’appello è sempre on line sul blog di fuoriluogo.it.

via fioreblog.

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Eliminiamo torture e trattamenti inumani

Le carceri oggi appaiono sempre più un campo di battaglia con morti e feriti e l’affermazione del diritto costituzionale alla salute rischia di risultare una vana proclamazione retorica rispetto alla durezza della realtà.
E’ indispensabile ricordarsi costantemente la ragione della lunga lotta per il passaggio della sanità penitenziaria al sistema sanitario pubblico.
Non si trattava di cambiare una targa o di passare dalla burocrazia corporativa a quella delle Asl, ma di rompere la logica autoreferenziale dell’istituzione totale e le connivenze ai danni dei diritti delle persone private della libertà.
Insomma dare priorità assoluta al valore della trasparenza rispetto ai vizi prodotti dall’ossessione securitaria.
Questo passaggio richiede un coraggio riformatore molto forte senza soggiacere a ricatti più o meno espliciti. La vicenda di Stefano Cucchi da questo punto di vista deve essere di monito. Il comportamento dei medici in ospedale e in particolare nel repartino bunker del “Pertini” è stato improntato a logiche non solo deontologicamente scorrette, ma contrarie ai principi di umanità e di rispetto dei diritti.
Il ricovero ospedaliero non può avere caratteristiche tali da limitare il diritto alla cura per il paziente e per il personale sanitario; di norma si dovrebbe prevedere una misura di incompatibilità con la detenzione per il tempo necessario.
Il carcere oggi non è il luogo che ospita solo la grande criminalità, infatti la gran massa di presenze è il frutto della dichiarazione di guerra alla droga e all’immigrazione clandestina, per cui si è trasformato in un ospedale da campo, in un lazzaretto in cui prevalgono tossicodipendenti, poveri ed emarginati.
Si tratta di un laboratorio del welfare degli ultimi, in cui occorre sperimentare modelli originali di intervento. Gli obiettivi della cartella clinica informatizzata e le campagne di screening delle patologie più delicate, devono essere accompagnate da misure di emergenza come l’adeguamento dei materassi allo standard di quelli degli ospedali civili e da cure odontoiatriche complete per tutti i detenuti.
Lo stile di lavoro dei medici dovrebbe riprendere la tradizione dei medici condotti del passato delle nostre campagne. Andare di cella in cella per individuare le condizioni di chi è depresso, isolato e non ha la forza di chiedere la visita. Occorre rompere la prassi per cui si deve fare la “domandina” per vedere il medico.
Soprattutto eliminando le pratiche di tortura o i trattamenti inumani e degradanti e soprattutto i suicidi e prevenendo l’autolesionismo che fa scorrere molto sangue nelle notti infernali.
Sarebbe un cambiamento copernicano.

Franco Corleone

Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore – Sanità Toscana 1° dicembre 2009

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Agenda

La legge antidroga e il carcere: il caso Toscana

Immagine 2Forum Droghe
Fondazione Michelucci

La legge antidroga e il carcere: il caso Toscana
Presentazione della ricerca commissionata dalla Regione sull’impatto penale e sanzionatorio della normativa

Consiglio Regionale della Toscana
Martedì 17 novembre 2009, ore 10,00 – 13,00 Sala Gigli, Via Cavour 4, Firenze

Presentazione di Sandro Margara – Presidente Fondazione Michelucci
Illustrazione dei risultati della ricerca: Alessio Scandurra e Massimo Urzi

Contributi di:
Patrizia Meringolo – Professore Ordinario di Psicologia Università di Firenze
Patrizio Nocentini – Dirigente Responsabile del Settore Integrazione Socio Sanitaria
Grazia Zuffa –Comitato Scientifico Forum Droghe, Direttrice di Fuori Luogo
Enrico Rossi – Assessore alla Sanità della Regione Toscana

Interventi programmati:
Beniamino Deidda – Procuratore Generale della Repubblica di Firenze
Henri Margaron – Responsabile Sert Livorno
Elisabetta Masini – NOT Nucleo Operativo Tossicodipendenze Prefettura di Firenze
Arcangelo Alfano – Responsabile di Prevenzione e Cura delle condotte di abuso e delle dipendenze
Pierluciano Mennonna – SILP CGIL Firenze
Riccardo De Facci – Responsabile Nazionale Tossicodipendenze
Antonio Lucchesi – Responsabile Settore Dipendenze C.N.C.A. Toscana
Michele Passione – Avvocato
Valentina Orvieto – Avvocato
Maria Stagnitta – Associazione Insieme
Massimo Niro – Giudice di Sorveglianza del Tribunale di Firenze
Mariella Orsi – Responsabile Cesda
Mariagrazia Di Bello – Dirigente Sert Penitenziario di Sollicciano
Susanna Falchini – Responsabile UFM Sert Firenze 2 Asl
Paola Trotta – Direttrice Dipartimento Dipendenze Asl Firenze
Gianfranco Politi – Responsabile Area Educativa Sollicciano
Fabio Roggiolani – Presidente Commissione Sanità Regione Toscana
Anna Maria Celesti – Vice Presidente Commissione Sanità Regione Toscana
Severino Saccardi – Consigliere Regionale Toscana
Enzo Brogi – Consigliere Regione Toscana
Alessia Petraglia – Consigliere Regione Toscana
Monica Sgherri – Consigliere Regione Toscana

Conclude:
Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze

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La protesta che smonta il piano Alfano

Articolo uscito sul Manifesto del 20 agosto 2009.

Il carcere di Firenze in questi giorni si è reso protagonista di manifestazioni vibranti per rivendicare diritti minimi alla vita e alla dignità. Sarebbe troppo sbrigativo e pericoloso parlare di rivolta, anche per non alimentare la voglia di chi vorrebbe menare le mani in nome dell’ordine e della sicurezza.
La direzione del carcere ha privilegiato la via del dialogo invece che quella dei rapporti e delle sanzioni. Ieri mattina ho partecipato a una lunga riunione con oltre trenta detenuti in rappresentanza delle sezioni del penale e soprattutto del giudiziario che è al centro della protesta per la durezza delle condizioni esistenziali.
Tutti hanno parlato, italiani e stranieri, dando una dimostrazione di solidarietà pur nella diversità di aspettative e di relazioni.
E’ stato un bagno di concretezza, attraverso la illustrazione di un catalogo di esigenze che all’osservatore esterno possono apparire banali, minime ma che nel contesto sono davvero fondamentali.
La denuncia di un pane immangiabile, di cibo scarso e scadente, dell’ora d’aria ridotta, della mancanza della doccia la domenica, dello scarso uso del campo sportivo, dei costi del sopravvitto, dell’indecenza dei materassi, della mancanza di detersivi per garantire un minimo di igiene in cella e nei bagni. Sono solo alcune delle violazioni di diritti fondamentali denunciate.
Da questo incontro è scaturita una piattaforma rivendicativa per l’applicazione del Regolamento del 2000, che doveva costituire un tassello per la realizzazione della riforma penitenziaria. Ma giace inapplicato e dimenticato nei cassetti dei sogni impossibili.
I detenuti hanno manifestato con chiarezza anche la necessità di un nuovo codice penale e soprattutto il timore di un sovraffollamento senza fine e incontrollato.
A questo proposito sanno bene il peso che una legge come quella sulle droghe comporta nell’equilibrio del carcere e hanno chiesto l’applicazione delle misure alternative per tutti e in particolare dell’affidamento speciale previsto per i tossicodipendenti. “Per avere una risposta per andare in comunità si aspetta un anno!” è stato il grido collettivo.
Un’altra questione drammatica emersa nel confronto è quella del rilascio del codice fiscale per gli stranieri; pare che dopo il decreto Maroni gli Uffici delle Agenzie delle Entrate facciano maggiori difficoltà e senza questo documento non si può accedere neppure ai lavori domestici del carcere. Per gli stranieri ciò rappresenta una vera tragedia. Anche il divieto di telefonate dirette ai cellulari invece che ai telefoni fissi è fonte di grave disagio.
In tanti abbiamo lamentato in questi anni il silenzio del carcere, ridotto a deposito di corpi abbandonati e destinati all’autolesionismo, l’unico linguaggio a disposizione degli ultimi della terra. Ora un primo fascio di luce ha illuminato questa enorme discarica sociale nelle giornate di ferragosto, grazie alla presa di parola dei prigionieri.
Occorrerà un impegno particolare da parte delle associazioni di volontariato impegnate sul carcere per rafforzare questo movimento nato dalla rivendicazione di bisogni essenziali e renderlo credibile come interlocutore dell’Amministrazione penitenziaria.
E’ bastata la richiesta del pane e dei materassi per ridicolizzare e sotterrare il piano carcere del ministro Alfano, che bussa cassa all’Unione Europea per l’edilizia penitenziaria.
Da oggi è chiaro che tutte le risorse disponibili devono essere utilizzate per migliorare le condizioni di vita quotidiana e per rispettare il principio costituzionale sul senso della pena. Non più carceri, ma meno carcere.

Franco Corleone

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Pane ammuffito

Da Repubblica del 19 agosto, edizione di Firenze.

pane ammuffitoSollicciano protesta per il pane ammuffito
Detenuti in agitazione, polizia e carabinieri intervengono ma senza entrare in carcere. Il garante: “1,53 euro per colazione, pranzo e cena”

Pane ammuffito e pasti inadeguati, insieme al sovraffollamento, stanno provocando una serie di proteste nel carcere di Sollicciano. Già nella notte tra lunedì e ieri i detenuti hanno sbattuto pentole contro le sbarre, fatto cori e incendiato pezzi di carta. Proprio il fuoco ha spinto la polizia penitenziaria a chiedere aiuto a polizia e carabinieri, che comunque non sono mai entrati nel carcere. Anche ieri mattina la protesta si è ripetuta. «Dai colloqui che ho avuto con i detenuti di Sollicciano – commenta Franco Corleone, garante per i detenuti del Comune di Firenze – mi risulta che la causa scatenante delle proteste sia stata la distribuzione di pane ammuffito o comunque scadente negli ultimi due giorni». Il direttore del carcere, Oreste Cacurri, ammette il problema ma sottolinea che è stato risolto molto velocemente. «Da tempo – dice sempre Corleone – raccolgo lamentele sulla qualità del vitto e anche sulla quantità distribuita. Del resto in Toscana il cibo nelle carceri ha un costo medio per detenuto di 1,53 euro al giorno, cioè per tre pasti, una cifra che deve far riflettere. Ci sono poi carenze di docce, di frigoriferi. E i detenuti hanno difficoltà ad avere visite mediche rapide quando devono fare radiografie».
In questi giorni, proteste stanno scoppiando in varie carceri italiane. Il motivo è soprattutto il sovraffollamento. A Sollicciano, ha detto sempre Corleone, nelle celle da un detenuto stanno anche in tre persone. Oggi nel penitenziario si terrà una riunione. «Abbiamo convocato la commissione detenuti – dice sempre Cacurri – Al momento comunque la situazione è tollerabile. Non sono stati fatti danni importanti». Ma anche in altre carceri toscane la situazione è difficile. Il 13 agosto a Pistoia una agente della penitenziaria sarebbe stato aggredito e chiuso in una cella da un detenuto senegalese. Lo hanno liberato due colleghi. Sempre nei giorni scorsi, a San Gimignano, un detenuto scoperto a rubare medicinali dall´infermeria si è scagliato contro gli agenti. (mi.bo.)

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Giovane detenuta muore a Sollicciano

Da Repubblica dell’8 luglio 2009

UNA donna di 27 anni, madre di un bambino, detenuta nel carcere fiorentino di Sollicciano, è stata trovata morta lunedì sera nella sua cella. Il pm d’ urgenza Andrea Cusani ha disposto la autopsia. Dall’ istituto penitenziario si spiega che non si tratta di una morte violenta o un suicidio: si pensa a un malore. Sul suo corpo non sono state trovate tracce di violenza. Sulle cause sono al vaglio diverse ipotesi, compresa quella che la donna possa aver sniffato gas da un fornellino. E’ una pratica diffusa negli istituti penitenziari. Talvolta i detenuti sniffano il gas dei fornellini da campeggio per stordirsi e cercare lo «sballo», e non sono pochi quelli che ci hanno rimesso la vita. Alcuni mesi fa il sindacato autonomo della polizia penitenziaria ha chiesto che non venga più consentito l’ uso dei fornelletti nelle celle. Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze, spiega che la giovane detenuta è «morta per cause da accertare con precisione. Sono escluse violenze o aggressioni». La donna «era in carcere per piccoli reati legati alla tossicodipendenza». «Questa tragedia – scrive Corleone – conferma che il carcere non può essere la soluzione per coloro che hanno una condizione legata alla tossicodipendenza. Occorre un impegno straordinario per trovare soluzioni alternative per chi è recluso e potrebbe essere aiutato con pene diverse dalla detenzione, e anche valutare l’ accettabilità di una legge, quella sulle droghe, che risulta essere la causa principale del sovraffollamento nelle carceri. A Sollicciano il sovraffollamento colpisce anche la sezione femminile (103 donne e 7 bambini) e incredibilmente l’ Amministrazione penitenziaria lascia vuoto l’ istituto di Empoli».

Le carceri verso il collasso

‘Tra qualche mese assisteremo allo scoppio delle carceri. E’ una previsione facile, il numero di detenuti e’ ormai superiore a 56 mila unita’, con una media di ingresso di mille ogni mese. A breve saremo quindi oltre il numero presente prima dell’indulto che era 62 mila e al momento in cui si arrivera’ a queste cifre il livello di invivibilita’ sara’ terribile e quindi anche la gestione delle carceri non facile’. Lo ha detto il garante dei detenuti di Firenze Franco Corleone a margine della presentazione di 4 progetti dedicati ai detenuti in Palazzo Vecchio. Secondo Corleone ‘la mancanza di una politica di riforma ha innescato una bomba a orologeria. Quando scoppiera’ non lo so ma e’ una responsabilita’ grande quella di non aver approfittato dell’occasione irripetibile dell’indulto per fare una riforma del codice penale, delle leggi criminogene che riempiono le carceri come quella sulle droghe, sulla recidiva e sull’immigrazione’. Corleone ha poi spiegato che ‘qualcuno ha giocato a criminalizzare l’indulto invece di approfittarne per riammodernare le carceri e per una riforma legislativa perche’ le carceri non si riempissero piu”.