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In Primo Piano Le carceri

Lo stato del carcere dopo gli Stati Generali

stato-carcere-stati-generaliConvegno “Lo stato del carcere dopo gli Stati Generali”, registrato a Firenze giovedì 13 ottobre 2016 alle 09:47.

L’evento è stato organizzato da Consiglio Regionale della Toscana e Fondazione Giovanni Michelucci e Garante delle Persone Sottoposte a Misure Restrittive della Libertà Personale della Regione Toscana e La Società della Ragione.

Sono intervenuti: Franco Corleone (coordinatore nazionale dei Garanti Territoriali per i Diritti dei Detenuti), Mauro Palma (garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale), Fabio Gianfilippi (magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale di Spoleto), Eugenio Giani (presidente del Consiglio Regionale della Toscana, Partito Democratico), Corrado Marcetti (direttore della Fondazione Giovanni Michelucci), Katia Poneti (funzionario), Saverio Migliori (ricercatore della Fondazione Giovanni Michelucci), Maria Rita Caciolli (funzionario della Regione Toscana con incarico su residenzialità sociale e diritti dei carcerati), Giuseppe Martone (provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Toscana e l’Umbria), Emilio Santoro (professore), Antonietta Fiorillo (presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze), Grazia Zuffa (psicologa), Pierluigi Onorato (magistrato), Francesco Maisto (ex presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna), Donatella Donati (magistrato), Adriana Tocco (garante dei Diritti delle Persone private della libertà personale della Regione Campania), Cosimo Maria Ferri (sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia).

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I miei articoli Le carceri Rassegna Stampa

Eliminiamo torture e trattamenti inumani

Le carceri oggi appaiono sempre più un campo di battaglia con morti e feriti e l’affermazione del diritto costituzionale alla salute rischia di risultare una vana proclamazione retorica rispetto alla durezza della realtà.
E’ indispensabile ricordarsi costantemente la ragione della lunga lotta per il passaggio della sanità penitenziaria al sistema sanitario pubblico.
Non si trattava di cambiare una targa o di passare dalla burocrazia corporativa a quella delle Asl, ma di rompere la logica autoreferenziale dell’istituzione totale e le connivenze ai danni dei diritti delle persone private della libertà.
Insomma dare priorità assoluta al valore della trasparenza rispetto ai vizi prodotti dall’ossessione securitaria.
Questo passaggio richiede un coraggio riformatore molto forte senza soggiacere a ricatti più o meno espliciti. La vicenda di Stefano Cucchi da questo punto di vista deve essere di monito. Il comportamento dei medici in ospedale e in particolare nel repartino bunker del “Pertini” è stato improntato a logiche non solo deontologicamente scorrette, ma contrarie ai principi di umanità e di rispetto dei diritti.
Il ricovero ospedaliero non può avere caratteristiche tali da limitare il diritto alla cura per il paziente e per il personale sanitario; di norma si dovrebbe prevedere una misura di incompatibilità con la detenzione per il tempo necessario.
Il carcere oggi non è il luogo che ospita solo la grande criminalità, infatti la gran massa di presenze è il frutto della dichiarazione di guerra alla droga e all’immigrazione clandestina, per cui si è trasformato in un ospedale da campo, in un lazzaretto in cui prevalgono tossicodipendenti, poveri ed emarginati.
Si tratta di un laboratorio del welfare degli ultimi, in cui occorre sperimentare modelli originali di intervento. Gli obiettivi della cartella clinica informatizzata e le campagne di screening delle patologie più delicate, devono essere accompagnate da misure di emergenza come l’adeguamento dei materassi allo standard di quelli degli ospedali civili e da cure odontoiatriche complete per tutti i detenuti.
Lo stile di lavoro dei medici dovrebbe riprendere la tradizione dei medici condotti del passato delle nostre campagne. Andare di cella in cella per individuare le condizioni di chi è depresso, isolato e non ha la forza di chiedere la visita. Occorre rompere la prassi per cui si deve fare la “domandina” per vedere il medico.
Soprattutto eliminando le pratiche di tortura o i trattamenti inumani e degradanti e soprattutto i suicidi e prevenendo l’autolesionismo che fa scorrere molto sangue nelle notti infernali.
Sarebbe un cambiamento copernicano.

Franco Corleone

Articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore – Sanità Toscana 1° dicembre 2009

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Carcere di Cassino. il Garante dei detenuti Marroni: troppo difficile accedere a servizi Sert

Rilancio questa notizie ripresa dal Notiziario Aduc, via Fuoriluogo.

Garante detenuti: troppo difficile accedere a servizi Sert
Possibilita’, per il personale del Sert, di accedere in carcere una sola volta a settimana per la terapia farmacologia, spazi per i colloqui psicologici e sociali ad di fuori del circuito carcerario, locali inadeguati utilizzati per l’attivita’ medico-infermieristica e di erogazione dei farmaci. Sono questi i problemi che il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni ha segnalato ad Irma Civitareale, direttrice del carcere di Cassino, provincia di Frosinone, chiedendone l’immediata soluzione.

Ad evidenziare le problematiche, la direzione generale della Asl di Frosinone, cui il Garante si era rivolto, nelle scorse settimane, per segnalare le difficolta’ incontrate dai detenuti tossicodipendenti del carcere di Cassino per accedere ai servizi erogati dal Sert.

“In particolare i detenuti “lamentavano lunghe liste di attesa per sostenere i colloqui preliminari, disponibilita’ ridotte di personale sanitario a fronte di carichi di lavoro in aumento, difficolta’ legate alla turnazione delle equipes e al monte ore mensile ridotto a fronte di una popolazione detenuta tossicodipendente pari quasi ad un terzo dei presenti nel carcere, circa 170 unita’”.

Nella sua lettera di risposta al Garante, il direttore generale della Asl di Frosinone Giancarlo Zotti scrive che ‘il lavoro dell’equipe Sert non e’ mai stato di facile attuazione nel carcere di Cassino, in considerazioni dei vincoli e delle difficolta’ poste negli anni dalla direzione dell’istituto. “I detenuti e il personale del trattamento del carcere di Cassino hanno segnalato al mio ufficio queste difficolta’ nell’accedere ai servizi del Sert. Si tratta di un problema da risolvere velocemente non solo perche’ siamo in un momento delicato, legato al passaggio delle competenze sanitarie in carcere dal ministero della Giustizia alle Asl, ma soprattutto perche’ i reclusi hanno diritto all’assistenza sanitaria come tutti i cittadini. Il fatto che ci si trovi in carcere non vuol dire aver perso la titolarita’ di diritti fondamentali, come quello alla salute”.

Il SSN può migliorare condizioni detenuti

Dall’Agenzia DIRE, 18 marzo 2008

Giustizia: Corleone; il SSN può migliorare condizioni detenuti

Il Garante dei diritti dei detenuti di Firenze interviene a un dibattito all’università di Palermo: “In questo modo i detenuti saranno equiparati a normali cittadini sul piano dei servizi sanitari da garantire”.

“Diritto alla salute nelle carceri” è il titolo del dibattito che si è svolto stamattina nell’ambito del seminario “Muri da abbattere” organizzato dalla facoltà di Scienze della Formazione dell’università di Palermo. “Il carcere suscita impressioni strane, fra queste, quella di una realtà affettiva disumanizzante che mal si concilia con quella che realmente dovrebbe essere – ha spiegato Luca Bresciani, docente all’università di Pisa – . La costante di chi lavora e vive in carcere è la considerazione che questo va cambiato perché così com’è non funziona.

Da questo però nasce una sorta di ossessione correzionale finalizzata a cambiarlo e rinnovarlo. Chi si occupa di carcere, attraversando il muro, attraversa uno specchio e accetta di relazionarsi con un mondo rovesciato. Un mondo capovolto, una società non sociale. Chiediamoci quale sia il ruolo della legge in tutto questo. Soprattutto nel garantire il diritto fondamentale alla salute. Il diritto ad essere curati in carcere non è solo nell’interesse del singolo ma dell’intera collettività come precisa la legge. Il muro non può impedire il passaggio della legge”.

“Il carcere oggi potrebbe essere equiparato a un ospedale perché detiene persone malate ed è, anch’essa, un’istituzione malata – ha continuato Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti di Firenze -. È purtroppo un luogo di persone malate che presentano le patologie più varie, spesso provocate dall’ambiente carcerario. Ricordiamoci che il carcere non è una zona franca dal punto di vista sanitario, ma un luogo patogeno che fa ammalare se gestito in situazioni di pesante sovraffollamento.

Ricevo, per il ruolo che ricopro, molte lettere di detenuti che lamentano soprattutto le condizioni di salute nelle quali sono costretti a vivere. Il diritto alla salute è un diritto non rinviabile anzi il carcere dovrebbe creare le condizioni perché i detenuti non si ammalino. Ultimamente grazie ad alcune lettere, nel carcere di Lodigiano, sono avvenuti 100 interventi di protesi dentaria.

Ho vinto anche la battaglia che ha permesso il passaggio agli arresti domiciliari di un detenuto che pesava 120 chili. Credo che la speranza di garantire il diritto alla salute sia riposta soprattutto nel passaggio di competenze dall’amministrazione penitenziaria alla amministrazione sanitaria. Soltanto in questo modo si potranno equiparare sul piano dei servizi sanitari da garantire, i detenuti a normali cittadini. Solo l’intervento della sanità pubblica potrebbe migliorare la situazione attuale che i detenuti vivono in carcere.