Se 46 giorni di digiuno a staffetta vi paion pochi. Così avrei voglia di rivolgermi al Presidente del Consiglio Monti a cui ci siamo rivolti 47 giorni fa con una Lettera aperta per chiedere un provvedimento contro il sovraffollamento delle carceri.
La mobilitazione coinvolge decine di rappresentanti delle maggiori associazioni che si occupano di giustizia e di carcere e di venti garanti dei diritti dei detenuti con una richiesta semplice e ultimativa al Governo: subito un decreto legge per far cessare lo stato di illegalità delle prigioni e per cancellare le norme più vergognose e “affolla-carcere” della legge sulle droghe, alla radice della crescita incontrollata del numero dei detenuti.
La lettera era stata inviata anche alla ministra della Giustizia Severino e al Ministro Riccardi. Nessuno dei destinatari dell’Appello ha ritenuto di rispondere anche con un minimo cenno. Ieri mi sono chiesto se siamo di fronte a un governo di tecnici o di maleducati.
Ora non conosciamo la sorte del Governo Monti, ma insisteremo fino all’ultimo minuto politicamente utile, cioè fino allo scioglimento delle Camere nella richiesta di un provvedimento giusto, costituzionalmente motivato e indispensabile per rispondere all’invito del Presidente Napolitano che ha invitato all’approvazione di misure strutturali per superare una condizione carceraria che vanifica l’art. 27 della Costituzione (oltre a umiliare l’Italia in Europa).
Ripeto fino alla noia che il sovraffollamento non è una calamità naturale né un mostro invincibile ma il prodotto di leggi criminogene che hanno provocato il disastro. L’anno scorso sono entrate in prigione per violazione della normativa antidroga 28.000 persone (fra consumatori, piccoli spacciatori o coltivatori di una piantina di canapa), mentre sono oltre 15.000 i tossicodipendenti ristretti su un totale di 68.000: insomma la metà dei detenuti ammassati e stipati nelle patrie galere hanno a che fare con la legge sulle droghe. Il Presidente Napolitano ha parlato di una questione di “prepotente urgenza”: questa affermazione, se non la si vuole far diventare un mero esercizio di retorica, obbliga il Governo a fare qualcosa, a compiere cioè un atto che eviti l’arresto agli accusati di fatti di lieve entità riguardo alla detenzione di sostanze stupefacenti e per far uscire i tossicodipendenti e destinarli a programmi alternativi (oggi preclusi da vincoli assurdi e dall’applicazione della legge Cirielli sulla recidiva).
La richiesta che avanziamo non è estremista, anzi è pacata e ragionevole.
Anche il Consiglio Superiore della Magistratura ha presentato una proposta per affrontare il sovraffollamento carceri elaborata da una Commissione presieduta dal prof. Glauco Giostra. Il documento è stato presentato il 29 novembre a Roma, purtroppo la ministra Severino ha disertato l’incontro. Avrebbe ascoltato una relazione impegnata nella condanna della logica emergenziale che ha caratterizzato per tanti anni gli interventi dei governi per limitare la concessione di misure alternative e soprattutto la proposta di adozione con decreto legge delle proposte di modifica normativa più significative tra cui quelle in materia di stupefacenti e recidiva.
I soggetti deboli e fragili che affollano il carcere subiscono la violenza del potere e vivono senza speranza. Non immaginano rivolte ma protestano nel silenzio delle parole, con il linguaggio del corpo, cancellando la propria vita o con atti gravi di autolesionismo. Il sangue scorre in carcere e l’indifferenza cinica è responsabile di una strage annunciata.
I protagonisti della catena non vogliono essere complici, neppure per omissione.
Categoria: Le carceri
Un mese fa, il 22 ottobre, è iniziato un digiuno collettivo che ha già coinvolto decine di esponenti delle associazioni che si occupano di giustizia e del carcere, del volontariato, avvocati e operatori penitenziari, tanti garanti dei diritti dei detenuti ed esponenti della società civile. La richiesta al Governo è semplice: subito un decreto legge per far cessare nelle carceri italiane la vergogna del sovraffollamento, che offende il senso di umanità e viola la Costituzione.
carcere-count.jpgLe ragioni di questa iniziativa sono state illustrate in una Lettera aperta inviata al Presidente Monti e ai ministri Severino e Riccardi, sottoscritta da Andrea Gallo e da Armando Zappolini, presidente del Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, da Antigone e Forum Droghe, dalla Società della Ragione e dall’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali, solo per citare i primi firmatari.
Finora la risposta è stata nulla. E’ un silenzio increscioso per chi lo mette in atto, non certo per chi lo subisce. Non è un problema di mera cortesia, ma di sostanza politica. Proprio un governo tecnico ha il dovere di accettare il confronto con le istanze di settori significativi della società. Non bisogna demordere, ma riproporre con pacatezza e fiducia gli argomenti espressi.
Il sovraffollamento non è una calamità naturale né un mostro invincibile: basta modificare le leggi criminogene che più contribuiscono alla crescita incontrollata dei detenuti. Per questo è urgente un decreto legge per cancellare le norme più vergognose e “affolla-carcere” della legge sulle droghe. Solo l’anno scorso sono entrate in prigione per violazione della normativa antidroga 28.000 persone (fra consumatori e piccoli spacciatori), mentre sono oltre 15.000 i tossicodipendenti ristretti su un totale di 67.000: la metà dei detenuti ammassati e stipati nelle patrie galere hanno a che fare con la legge sulle droghe.
Il Presidente Napolitano ha parlato di una questione di “prepotente urgenza”: questa affermazione, se non la si vuole far diventare un mero esercizio di retorica, obbliga il Governo a emanare un decreto legge per evitare l’arresto agli accusati di fatti di droga di lieve entità e per far uscire i tossicodipendenti dal carcere destinandoli a programmi alternativi (oggi preclusi da vincoli assurdi e dall’applicazione della legge Cirielli sulla recidiva). Anche il Consiglio Superiore della Magistratura ha sostenuto la necessità di un intervento legislativo urgente.
Nella lettera al Presidente Monti abbiamo sollecitato un provvedimento giusto, costituzionalmente motivato e indispensabile per interrompere uno stato di sovraffollamento ai limiti della legalità. Del resto, nel 2006 la modifica della legge sulle droghe fu approvata con lo strumento del decreto legge e il voto di fiducia, alla fine della legislatura. Se il Governo vuole sottrarsi alle sue responsabilità, deve farlo esplicitamente. I firmatari della Lettera aperta non intendono essere complici della latitanza delle istituzioni e sono impegnati a dare un motivo di speranza a chi in carcere ha solo un orizzonte di disperazione.
La mobilitazione durerà a oltranza, per incalzare il prof. Monti sino all’ultimo minuto politicamente utile prima dello scioglimento delle Camere.
Franco Corleone per la rubrica di fuoriluogo sul Manifesto del 21 novembre 2012.
(il Manifesto, 6 novembre 2012)
Oggi quei graffiti e quegli schizzi sono all’Albertina di Vienna. Ritraggono ambienti immediatamente riconoscibili a chi frequenta il carcere, tanto immutati sono nei cento anni che ci separano da essi lo schema relazionale e l’impersonalità trasandata che essi trasmettono: li ritroviamo nelle pagine di descrizione di attuali analisti dei sistemi penitenziari, così come negli scritti di detenuti del nuovo secolo. Ciò che è mutato è che quanto un tempo era disvelato dalle descrizioni di rari osservatori, è oggi invece esibito, reso conoscibile; senza imbarazzo.
Così, la lettura di saggi e scritti che da angolazioni diverse esaminano il punto di arrivo dei sistemi penali non serve più a sapere ciò che in fondo già si sa. Serve piuttosto a recuperare la riflessione sulla legittimità, il significato e il limite del potere punitivo che la società e, per essa, lo Stato hanno nei confronti di coloro che hanno aggredito beni a cui essa attribuisce valore e che ritiene doveroso tutelare. Questa è la riflessione dei cicli di dibattiti sui libri sul carcere e sulla pena che l’università di Ferrara propone annualmente, per iniziativa di Andrea Pugiotto che, da costituzionalista, riporta al nucleo della finalità della pena detentiva le analisi che nascono da suoi aspetti e sue modalità. Il centro resta comunque la materialità della pena, la sua ineludibile incidenza sulle vite, sui corpi, sulle quotidianità.
Un recente volume, che Pugiotto ha curato insieme a Franco Corleone, riprende il ciclo d’incontri del 2011 (Il delitto della pena, a cura di F. Corleone e A. Pugiotto, Ediesse) e si muove attraverso quattro aspetti che evidenziano criticità diverse e tutte estreme, perché ruotano, tutte, attorno al tema della morte: la morte come pena; la morte non materiale ma civile della definitiva esclusione dal contesto sociale; la morte che interviene come fattore oscuro all’interno di un universo che dovrebbe essere di attenta custodia e, quindi, di responsabilità; la morte della pietas di chi, in una impropria concezione di rilevanza della vittima nella scena penale, tende a chiamare la vittima stessa a concorrere a decisioni pubbliche, quale è la punizione del colpevole.
Sono nodi non semplici da dirimere soprattutto nel contesto attuale che sembra spesso centrare il discorso non sulla funzione della pena come elemento per riannodare i fili spezzati, quanto sulla meritevolezza dei castighi, in un improprio e impossibile bilanciamento tra male sofferto e male da infliggere. A questa deriva, che non attiene soltanto all’ambito giuridico, ma a quello più generale della cultura e dei rapporti tra individui e a quello dell’abbandonato ruolo propositivo che la politica dovrebbe esprimere, sono dedicate le pagine più originali del libro; quelle che lo pongono al di là delle analisi più tradizionali sul carcere. Lo pongono, infatti, come un testo che ci ricorda che il diritto penale nella modernità non nasce in continuità con la pratica della vendetta, solo rendendola meno direttamente cruenta e soprattutto affidandola alla neutralità dello Stato; al contrario, nasce in contrapposizione a essa e alla logica che la sosteneva. Questa affermazione – banale nelle dissertazioni dotte, però negata nella pratica della quotidianità mediatica e spesso anche in qualche deriva pseudo-giuridica – ha valore determinante per la riflessione sul sistema delle punizioni e sul carcere odierno.
Proprio per questo le pagine del libro sono precedute da un’approfondita introduzione, dall’emblematico titolo Quando il delitto è la pena, centrata sul dove siamo giunti e che ci richiama all’estrema vicinanza dei temi affrontati; e si concludono con le parole del Presidente Napolitano in un convegno in Senato dello scorso anno. Parole che certificano ciò che la premessa denuncia: la prepotente urgenza di riportare il carcere alle sue connotazioni costituzionali. Un dovere verso chi vi è detenuto, verso chi vi opera, ma anche verso noi stessi, a esso esterni, ma che rischiamo di essere inconsapevolmente parte di una cultura di morte.
LETTERA APERTA AL PRESIDENTE MONTI
E AI MINISTRI SEVERINO E RICCARDI
Gentile Presidente Monti,
lunedì 22 ottobre è iniziato un digiuno collettivo che coinvolgerà decine, forse centinaia, di esponenti delle associazioni che si occupano di giustizia e del carcere, del volontariato, di avvocati e di operatori penitenziari, di garanti dei diritti dei detenuti e di esponenti della società civile con una richiesta semplice al Governo: subito un decreto legge per far cessare la vergogna del sovraffollamento nelle carceri italiane che offende il senso di umanità e che viola la Costituzione.
Il Presidente Napolitano ha di recente rivolto l’ennesimo invito perché siano approvate misure strutturali per superare una condizione carceraria che vanifica l’art. 27 della Costituzione (oltre a umiliare l’Italia in Europa).
Il sovraffollamento non è una calamità naturale né un mostro invincibile: basta eliminare le leggi criminogene che hanno provocato il disastro. Per questo è urgente un decreto legge per cancellare le norme più vergognose e “affolla-carcere” della legge sulle droghe, alla radice della crescita incontrollata dei detenuti. Solo l’anno scorso sono entrate in prigione per violazione della normativa antidroga 28.000 persone (fra consumatori e piccoli spacciatori), mentre sono oltre 15.000 i tossicodipendenti ristretti su un totale di 67.000: la metà dei detenuti ammassati e stipati nelle patrie galere hanno a che fare con la legge sulle droghe. Il Presidente Napolitano ha parlato di una questione di “prepotente urgenza”: questa affermazione, se non la si vuole far diventare un mero esercizio di retorica, obbliga il Governo a emanare un decreto legge allo scopo di evitare l’arresto agli accusati di fatti di lieve entità riguardo alla detenzione di sostanze stupefacenti e per far uscire i tossicodipendenti e destinarli a programmi alternativi (oggi preclusi da vincoli assurdi e dall’applicazione della legge Cirielli sulla recidiva).
Chiediamo un provvedimento giusto, costituzionalmente motivato e indispensabile per interrompere uno stato di illegalità, tenendo conto che nel 2006 la modifica della legge sulle droghe fu approvata con lo strumento del decreto legge e il voto di fiducia.
Gentile Presidente, la richiesta che avanziamo è sostenuta anche dalle valutazioni della commissione di lavoro sul carcere del Consiglio Superiore della Magistratura. Altri provvedimenti sono urgenti e per questo una sessione straordinaria specifica dei due rami del Parlamento sarebbe opportuna per dare un motivo di speranza a chi in carcere ha soltanto un tragico orizzonte di morte.
Il numero dei suicidi, dei tentati suicidi, degli atti di autolesionismo, degli scioperi della fame è davvero impressionante e non può non interrogare la coscienza di ogni cittadino e in primo luogo di chi governa.
Noi non intendiamo essere complici, neppure per omissione, di questa strage e abbiamo deciso di far durare questa mobilitazione a oltranza fino allo scioglimento delle Camere, per aiutarLa nella decisione sino all’ultimo minuto politicamente utile. Riteniamo che la ministra della Giustizia e il ministro con la delega alla politica delle droghe condivideranno questa indicazione.
Riteniamo opportuno segnalare il documento sottoscritto dai Garanti dei diritti dei detenuti e inviato alla Ministra Paola Severino, al Capo del Dap, Giovanni Tamburino e per conoscenza al Presidente della Repubblica, sulle gravi conseguenze che il riesame della spesa dell’Amministrazione Penitenziaria, produrrà nella vita quotidiana in carcere e ancor più nella violazione dell’art. 27 della Costituzione, sul carattere della pena.
Presidente, come Lei comprende non si tratta di un ricatto ma di un accorato invito al compimento di un dovere d’ufficio.
Primi Firmatari
Franco Corleone, garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze e presidente della Società della Ragione
Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto
Armando Zappolini, presidente Coordinamento nazionale comunità di accoglienza (Cnca)
Patrizio Gonnella, presidente associazione Antigone
Giorgio Bignami, presidente Forum Droghe
Stefano Anastasia, università di Perugia
Luigi Manconi, presidente associazione A Buon diritto
Mauro Palma, vice presidente del Consiglio Europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale
Michele Passione, avvocato, Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali
Rosa A Marca, associazione per l’iniziativa radicale Andrea Tamburi
Hassan Bassi, cooperatore sociale
Emanuele Baciocchi, associazione per l’iniziativa radicale Andrea Tamburi
Beppe Battaglia, associazione Liberarsi
Cecco Bellosi, comunità Il Gabbiano
Lucio Bertè, associazione Nessuno tocchi Caino e detenuto ignoto
Massimo Brianese, associazione La Società della Ragione
Maurizio Buzzegoli, associazione per l’iniziativa radicale Andrea Tamburi
Piera Cecconi, associazione per l’iniziativa radicale Andrea Tamburi
Riccardo De Facci, vice presidente Cnca, responsabile tossicodipendenze
Stefano Di Puccio, consigliere comunale di Firenze
Nunzio Di Stefano, volontario
Leonardo Fiorentini, webmaster del sito fuoriluogo
Renzo Magosso, giornalista
Patrizia Meringolo, università di Firenze
Giuseppe Mosconi, università di Padova
Marco Perduca, senatore
Maria Pierattini, associazione per l’iniziativa radicale Andrea Tamburi
Alessandro Santoro, Comunità Le Piagge – Firenze
Fabio Scaltritti, responsabile Comunità San Benedetto
Leonardo Scarcella, architetto
Sergio Segio, associazione Società e Informazione
Salvatore Senese, già magistrato e senatore
Maria Stagnitta, vice presidente Forum Droghe, associazione Insieme onlus
Luca Zevi, architetto
Grazia Zuffa, direttore esecutivo di Forum Droghe
Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale:
Maurizio Battistutta, garante del Comune di Udine
Giorgio Bertazzini, ex garante della Provincia di Milano
Andrea Callaioli, garante del Comune di Pisa
Mario Fappani, ex garante del Comune di Brescia
Livio Ferrari, garante del Comune di Rovigo
Margherita Forestan, garante del Comune di Verona
Elisabetta Laganà, garante del Comune di Bologna
Alessandro Margara, garante della Regione Toscana
Marcello Marighelli, garante del Comune di Brescia
Angiolo Marroni, garante della Regione Lazio
Gianfranco Oppo, garante del Comune di Nuoro
Francesco Racchetti, garante del Comune di Sondrio
Piero Rossi, garante della Regione Puglia
Antonio Sammartino, garante del Comune di Pistoia
Cecilia Sechi, garante del Comune di Sassari
Marco Solimano, garante del Comune di Livorno
Italo Tanoni, garante della Regione Marche
Aggiungi la tua adesione:
http://www.fuoriluogo.it/blog/appelli/lettera-aperta-al-presidente-monti-e-ai-ministri-severino-e-riccardi/
Per aderire al digiuno scrivi a digiuno@francocorleone.it.
Come non capite ancora?
Digiuno ad oltranza
Continua la mobilitazione collettiva perché il Governo emani subito un decreto legge contro il sovraffollamento delle carceri, cancellando le norme della legge sulle droghe che incarcerano per fatti di lieve entità e impediscono l’uscita dei tossicodipendenti. Le altre richieste al Parlamento e all’Amministrazione Penitenziaria sono le seguenti:
- approvazione della legge sull’introduzione del reato di tortura
- approvazione della legge sull’affettività in carcere
- approvazione dell’istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti
- applicazione integrale del Regolamento del 2000 per assicurare condizioni di vita dignitose.
Oggi digiuna Sergio Segio (Direttore Associazione “Società e Informazione”).
Lo ha detto il garante dei detenuti del Comune di Firenze Franco Corleone, parlando ”degli acquisti e delle forniture di apparecchiature elettroniche denunciate da un corvo”.
”Il carcere – conclude Corleone – soffre di mancanza di risorse anche per i bisogni elementari, a cominciare dalla carta igienica. Lo spreco di denaro pubblico per strumenti inutili e inesistenti e’ un insulto intollerabile”.(ANSA).
Come non capite ancora?
Digiuno ad oltranza
Dodicesimo giorno di digiuno
Continua la mobilitazione collettiva perché il Governo emani subito un decreto legge contro il sovraffollamento delle carceri, cancellando le norme della legge sulle droghe che incarcerano per fatti di lieve entità e impediscono l’uscita dei tossicodipendenti. Le altre richieste al Parlamento e all’Amministrazione Penitenziaria sono le seguenti:
- approvazione della legge sull’introduzione del reato di tortura
- approvazione della legge sull’affettività in carcere
- approvazione dell’istituzione della figura del Garante nazionale dei diritti dei detenuti
- applicazione integrale del Regolamento del 2000 per assicurare condizioni di vita dignitose.
Oggi digiuna Emanuele Baciocchi (associazione per l’iniziativa radicale “Andrea Tamburi”)
Sabato 3 novembre e domenica 4 novembre digiunerà Rosa A Marca (associazione per l’iniziativa radicale “Andrea Tamburi”)
Si segnala la lettera del Garante dei detenuti della Regione Toscana, Alessandro Margara, inviata al Ministro della Giustizia Paola Severino: riesamespesa.pdf.
Digiuno ad oltranza
Oggi e domani digiuna Franco Corleone;
Giovedì 25 ottobre digiunerà Renzo Magosso (giornalista);
Venerdì 26 ottobre digiunerà Stefano Di Puccio (consigliere comunale);
Sabato 27 ottobre digiunerà Cecco Bellosi (comunità Il Gabbiano);
Domenica 28 ottobre digiunerà Beppe Battaglia (associazione Liberarsi);
Lunedì 29 ottobre digiunerà Marco Perduca (senatore).
Mercoledì 24 ottobre ore 13,30 nel carcere di Sollicciano si terrà la Commissione detenuti, per fare il punto della situazione.
Si segnala sul Il Manifesto di oggi in prima pagina, l’articolo di Franco Corleone, “Carcere e democrazia” – Io in sciopero della fame contro la violenza del potere.
Il dramma del carcere è destinato ad aggravarsi non solo perché il numero dei detenuti ha ripreso a crescere dopo una flessione degli ultimi mesi, ma perché è la vivida rappresentazione di una crisi della democrazia. Quando il Presidente della Repubblica dal Quirinale dirama una Dichiarazione in cui esprime “una dura analisi critica e l’espressione di una forte tensione istituzionale e morale per una realtà che non fa onore al nostro paese, ma anzi ne ferisce la credibilità internazionale e il rapporto con le istituzioni europee” e non succede nulla, siamo in piena crisi istituzionale. Quando il Presidente Napolitano auspica che “proposte volte a incidere anche e soprattutto sulle cause strutturali della degenerazione dello stato delle carceri in Italia trovino sollecita approvazione in Parlamento” e la risposta è il silenzio, siamo alla certificazione dell’ignavia e dell’impotenza.
Questo è accaduto il 27 settembre. Che fare? Temo che il disinteresse per le parole della più alta autorità dello Stato accentui la disperazione delle donne e degli uomini ammassati nelle prigioni. Corpi a cui viene tolta la dignità, vengono annullati i diritti fondamentali e per i quali il principio della Costituzione secondo cui la pena deve tendere al reinserimento sociale si rivela una beffarda irrisione. La tracotanza di chi ha la responsabilità di questo stato di cose sembra affidarsi alla sicurezza che in carcere si continuerà a subire in silenzio, a morire, a suicidarsi, e che non ci saranno rivolte violente e che il sangue che scorrerà sarà solo quello delle vittime senza voce.
Hanno rinchiuso nelle gabbie migliaia e migliaia di soggetti deboli, poveri, stranieri, tossicodipendenti, emarginati, border line, trasformando il carcere in una discarica sociale e malignamente si accaniscono secondo la massima vigliacca: forti con i deboli, deboli con i forti.
I garanti dei diritti dei detenuti pochi giorni fa in tante città hanno presentato una piattaforma delle “cose da fare subito” riprendendo una felice espressione di Ernesto Rossi del 1949; io non mi rassegno al fatto che tante buone volontà vengano bistrattate. Immagino perciò un digiuno ad oltranza, fino all’ultimo giorno della legislatura. Una catena nonviolenta e di massa, una mobilitazione collettiva per un obiettivo puntuale: un decreto legge contro gli effetti delle leggi emergenziali e classiste.
Io facevo parte della delegazione dei firmatari della lettera aperta scritta dal prof. Pugiotto in cui si chiedeva al Presidente della Repubblica di inviare un messaggio alle Camere per una assunzione di responsabilità sulla questione del carcere e in quella occasione feci presente che il sovraffollamento non era un accidente ma aveva una causa nelle leggi criminogene e in particolare nella legge sulle droghe. Per rispondere alla “prepotente urgenza” il governo aveva una sola strada, quella del decreto legge per cancellare le norme più nefaste della legge Giovanardi che causano l’ingresso in carcere di oltre ventimila consumatori (e piccoli spacciatori) di sostanze stupefacenti e di ventiquattromila tossicodipendenti, vittime della legge Cirielli sulla recidiva.
Nel 2006 con un colpo di mano istituzionale e contro la prescrizione costituzionale del carattere di necessità e urgenza, la riforma proibizionista e punitiva della legge sulla droga fu inserita nel decreto legge delle Olimpiadi invernali. Oggi di fronte allo spaventoso sovraffollamento delle carceri (metà dei detenuti per fatti relativi a quella legge) vi sono tutte le ragioni politiche e costituzionali per un decreto che incida sui fatti di lieve entità relativi alla detenzione di sostanze stupefacenti e modifichi gli articoli che impediscono la concessione di misure alternative ai tossicodipendenti.
Il governo tecnico non può sottrarsi al dovere di intervento e soprattutto non può buttare sabbia negli occhi promettendo misure ininfluenti come la messa alla prova. Siamo noi che mettiamo alla prova il coraggio del governo. Il digiuno a staffetta darà parola al vasto mondo del carcere, dai detenuti ai parenti, dagli avvocati ai volontari e agli operatori penitenziari, e potrà assumere anche la funzione di mettere la questione della giustizia, vista anche dal punto di vista delle conseguenze finali, tra le priorità dell’agenda della politica. Checché ne pensi la ministra Severino, l’approvazione di un nuovo Codice penale che superi il Codice Rocco, costituisce la base di uno stato di diritto repubblicano e di un diritto penale laico.
Franco Corleone
Da il Manifesto, 23 ottobre 2012
Conferenza stampa
del Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
Giovedì 18 ottobre ore 11,30
Palazzo Canacci – Piazza della Parte Guelfa, 3 – piano secondo
Altro che amnistia! Digiuno a oltranza
• Il Governo a parole parla di misure alternative ma con la spending review cancella la direzione dell’esecuzione penale esterna presso il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e elimina le direzioni di molti istituti.
• Il Governo non rifinanzia la Legge Smuraglia per il lavoro dei detenuti e rinnova invece il contratto con la Telecom fino al 2018 per i braccialetti elettronici per il controllo delle detenzioni domiciliari. Lo scandalo è che in dieci anni si sono sperperati 110 milioni di euro per soli 15 braccialetti d’oro secondo la denuncia della Corte dei Conti.
• Il Governo non risponde alla richiesta di Decreto legge per le modifiche essenziali alla Legge Giovanardi sulle droghe, per non fare entrare in carcere i responsabili di fatti di lieve entità e di fare uscire per percorsi terapeutici i tossicodipendenti.