Visibile su youtube il documentario prodotto per la campagna internazionale per rompere il taboo su una nuova strategia sulle politiche sulle droghe.
(via fuoriluogo.it)
Visibile su youtube il documentario prodotto per la campagna internazionale per rompere il taboo su una nuova strategia sulle politiche sulle droghe.
(via fuoriluogo.it)
La morte di Carlo Maria Martini unisce nel dolore credenti e non credenti.
Martini è stato il cardinale di Milano: un grande cardinale che ha fatto del dialogo con la città la cifra di una pratica costante.
Molti ricordano oggi la sua figura di gesuita, di studioso della Bibbia, di protagonista del dibattito nella Chiesa su posizioni di apertura culturale che sarebbe riduttivo definire progressiste.
Io amo ricordare la sua attenzione al mondo del carcere e il suo rapporto con San Vittore, il carcere della città, la sua strenua difesa della legge Gozzini quando fu travolta dalla logica emergenziale agli inizi degli anni novanta.
Pochi ricordano che il cardinale Martini fu interlocutore sensibile di alcuni protagonisti della lotta armata che scelsero l’Arcivescovado come luogo per consegnare le proprie armi.
Nel suo acuto volume sulla Giustizia il cardinale Martini affrontò il nodo del senso della pena e del significato delle misure alternative con profondità e originalità di pensiero. Parole davvero degne di un nuovo Beccaria!
Spero davvero che lunedì nel momento dei funerali di Martini nelle carceri italiane si ricordi con amicizia e gratitudine la sua figura.
Nonostante la malattia continuava ad essere presente nelle coscienze più sensibili e l’ultima sua lezione è stata la scelta di una morte umana e religiosa.
Sarebbe stato un grande Papa, capace di immaginare un nuovo Concilio.
Peccato.
Mino Martinazzoli è stato un politico di razza. Ricordo alcuni suoi interventi da capogruppo della Democrazia Cristiana alla Camera dei Deputati. Anche se non si condivideva la sua analisi, non si poteva non apprezzare la lucidità, il rigore e la forza. Forza morale, cioè il rispetto per le proprie idee attraverso una intransigenza assoluta.
Personalmente ho sempre ammirato la straordinaria capacità di inventare immagini attraverso una ricerca linguistica raffinata. Era capace di esprimere una forma di retorica davvero unica. Rispetto al linguaggio, sguaiato e plebeo oggi dominante, le sue parole erano non solo suono ma sostanza, cioè concetti densi di pensiero.
Ho avuto l’occasione di un incontro con Martinazzoli a fine giugno dello scorso anno a Brescia per parlare di carcere e del pensiero di Moro sul senso della pena, presentando il libro da me curato Contro l’ergastolo, in cui è presente proprio uno scritto di Martinazzoli.
Un discorso che varrebbe la pena trascrivere (mi auguro che sia stato registrato) per il taglio politico e non di circostanza. Da un resoconto giornalistico (Lisa Cesco, Bresciaoggi, 27 giugno 2010), mi piace citare alcune frasi: “La società si sta incattivendo, predomina una visione punitiva della pena in nome dell’ossessione securitaria, quasi che l’universo del carcere fosse qualcosa da togliere di mezzo. Eppure la gestione della pena è uno dei modi in cui si misura il livello della nostra civiltà,e questo Moro l’aveva concettualizzato quando parlava di carcere riferendolo al tema della libertà-anche in negativo come accade per i rei- e non della vendetta.” La conclusione era assai coraggiosa, invitava a rendere la nostra indignazione più forte (anticipando il libretto di Stéphane Hessel) e denunciava senza pietà:”Siamo ridotti al nichilismo da parte di gente portatrice di una cultura del fare. Bisognerà convincerli che per fare bisogna prima pensare”.
Sempre da un resoconto giornalistico di quella intensa giornata (Wilda Nervi, Giornale di Brescia, 27 giugno 2010) mi piace ricordare un ammonimento di Martinazzoli sul pensiero giuridico di Moro che “non rinunciava a credere che occorresse cercare, ancora e sempre, non tanto un diritto penale migliore, quanto qualcosa di meglio del diritto penale”.
Per Mino Martinazzoli davvero la politica era cultura e intelligenza. Esercizio raffinato e raro, attraverso l’uso di una lama tagliente per capire la realtà e cambiare la società.
Il dolore per la sua scomparsa non si può risolvere solo in un rimpianto e in una nostalgia per un tempo passato irrimediabilmente, ma in un impegno per superare l’annichilimento.
L’anno scorso a Brescia Martinazzoli mi colpì anche umanamente. Fumava ancora e il racconto del dialogo con il suo medico era una nuova lezione di stoicismo, un disincanto laico in risposta agli assolutismi e ai totalitarismi, fossero pure quelli del salutismo.
Addio Martinazzoli, è stata proprio una avventura non banale.
Franco Corleone
Ho avuto conferma che il piano di ristrutturazione delle linee degli autobus riguarda anche la linea 27, che raggiungeva il carcere di Sollicciano. La soppressione della fermata per il carcere è assolutamente inaccettabile in quanto colpisce le famiglie dei detenuti che si recano in Istituto per i colloqui e che in molti casi vengono da altre città o addirittura da regioni lontane e che non possono permettersi mezzi più costosi. Il taglio colpisce anche gli operatori che lavorano in carcere, soprattutto la Polizia Penitenziaria.
Il mondo di Sollicciano comprende mille detenuti e un numero equivalente tra personale e volontari.
Mi auguro che la Provincia di Firenze e il Comune di Scandicci intervengano per ripensare una scelta che danneggia persone già svantaggiate e soprattutto che dà un segnale di abbandono e trascuratezza verso il carcere.
Il silenzio del Ministro Alfano sulle ragioni della chiusura del carcere di Empoli e sui motivi del blocco dell’esperimento di un carcere transgender è offensivo.
I cittadini hanno diritto di conoscere perché, in tempi di sovraffollamento e di donne detenute strette come sardine, un istituto è chiuso da più di un anno e non si sa quando riaprirà.
Sarebbe interessante anche comprendere la legittimità delle spese fatte in questo periodo in quella struttura per interventi motivati con la sicurezza.
La mia protesta vuole servire a far comprendere che quando si promettono nuove carceri si fa solo propaganda e si pensa all’edilizia e agli interessi connessi e a niente altro, visto che non si utilizzano gli Istituti già pronti!
Mi auguro che il Comune di Empoli, la Provincia e la Regione Toscana chiedano conto all’Amministrazione Penitenziaria di questa sciatteria e di questa autoreferenzialità.
Quest’anno metti nella calza della Befana anche la tessera di Forum Droghe. Aderisci all’Associazione, da oggi anche on line con carta di credito o PayPal, e sostieni Forum Droghe e Fuoriluogo.it.
Queste le modalità di versamento della quota di adesione all’Associazione:
Versamento con Bollettino Postale
I versamenti possono essere fatti negli uffici postali o attraverso bonifico bancario sul conto corrente postale n. 25917022 intestato a Forum Droghe.
Bonifico Bancario:
Conto corrente Bancoposta n. 25917022 intestato a Forum Droghe. Coordinate bancarie: CAB 03200-3 ABI 7601-8 – Codice IBAN: IT65N0760103200000025917022.
Carta di Credito o Paypal.
Ora potete aderire on line pagando con carta di credito o conto Paypal. Selezionando la quota di adesione scelta sarete rediretti in un’altra finestra del browser sul sito di Paypal per una transazione sicura per voi e per la vostra Carta di Credito.
Clicca qui per iniziare la procedura.
Quote associative 2010
12,00 Euro studenti e disoccupati
30,00 Euro socio ordinario
60,00 Euro socio sostenitore
150,00 Euro associazioni
(dal blog di fuoriluogo.it)
Se nel testo unico della sanità della Regione Lombardia c’e’ il Dipartimento veterinario perchè non c’è quello delle dipendendenze? Se lo chiede il consigliere regionale Marcello Saponaro.
Cosa non si fa per uscire sui giornali (e sui blog) ad Agosto. Giglioli svela i segreti dei signori dei sondaggi, il Notiziario Aduc ci informa delle gesta mediatiche dell’assessore alla Tutela del consumatore e Sicurezza alimentare della regione Veneto, Elena Donazzan. Continua sul blog di fuoriluogo.it.
La Corte di Strasburgo condanna l’Italia per trattamento inumano di un detenuto. La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia per «trattamenti inumani e degradanti» nei confronti di Izet Sulejmanovic, detenuto a Rebibbia tra il novembre 2002 e l’aprile 2003: Sulejmanovic ha condiviso una cella di 16,20 metri quadri con altre cinque persone disponendo, dunque, di una superficie di 2,7 metri quadri entro i quali ha trascorso oltre diciotto ore al giorno.
Da fuoriluogo, anche su fioreblog.
Da piovono rane, via fioreblog.