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Ricordo di Mino Martinazzoli

Mino Martinazzoli è stato un politico di razza. Ricordo alcuni suoi interventi da capogruppo della Democrazia Cristiana alla Camera dei Deputati. Anche se non si condivideva la sua analisi, non si poteva non apprezzare la lucidità, il rigore e la forza. Forza morale, cioè il rispetto per le proprie idee attraverso una intransigenza assoluta.

Personalmente ho sempre ammirato la straordinaria capacità di inventare immagini attraverso una ricerca linguistica raffinata. Era capace di esprimere una forma di retorica davvero unica. Rispetto al linguaggio, sguaiato e plebeo oggi dominante, le sue parole erano non solo suono ma sostanza, cioè concetti densi di pensiero.

Ho avuto l’occasione di un incontro con Martinazzoli a fine giugno dello scorso anno a Brescia per parlare di carcere e del pensiero di Moro sul senso della pena, presentando il libro da me curato Contro l’ergastolo, in cui è presente proprio uno scritto di Martinazzoli.

Un discorso che varrebbe la pena trascrivere (mi auguro che sia stato registrato) per il taglio politico e non di circostanza. Da un resoconto giornalistico (Lisa Cesco, Bresciaoggi, 27 giugno 2010), mi piace citare alcune frasi: “La società si sta incattivendo, predomina una visione punitiva della pena in nome dell’ossessione securitaria, quasi che l’universo del carcere fosse qualcosa da togliere di mezzo. Eppure la gestione della pena è uno dei modi in cui si misura il livello della nostra civiltà,e questo Moro l’aveva concettualizzato quando parlava di carcere riferendolo al tema della libertà-anche in negativo come accade per i rei- e non della vendetta.” La conclusione era assai coraggiosa, invitava a rendere la nostra indignazione più forte (anticipando il libretto di Stéphane Hessel) e denunciava senza pietà:”Siamo ridotti al nichilismo da parte di gente portatrice di una cultura del fare. Bisognerà convincerli che per fare bisogna prima pensare”.

Sempre da un resoconto giornalistico di quella intensa giornata (Wilda Nervi, Giornale di Brescia, 27 giugno 2010) mi piace ricordare un ammonimento di Martinazzoli sul pensiero giuridico di Moro che “non rinunciava a credere che occorresse cercare, ancora e sempre, non tanto un diritto penale migliore, quanto qualcosa di meglio del diritto penale”.

Per Mino Martinazzoli davvero la politica era cultura e intelligenza. Esercizio raffinato e raro, attraverso l’uso di una lama tagliente per capire la realtà e cambiare la società.

Il dolore per la sua scomparsa non si può risolvere solo in un rimpianto e in una nostalgia per un tempo passato irrimediabilmente, ma in un impegno per superare l’annichilimento.

L’anno scorso a Brescia Martinazzoli mi colpì anche umanamente. Fumava ancora e il racconto del  dialogo con il suo medico era una nuova lezione di stoicismo, un disincanto laico in risposta agli assolutismi e ai totalitarismi, fossero pure quelli del salutismo.

Addio Martinazzoli, è stata proprio una avventura non banale.

Franco Corleone

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Carcere, carcerieri e carcerati

Associazione Città dell’uomo – Brescia

Carcere, carcerieri e carcerati
“Contro l’ergastolo”
Il significato della pena nel magistero di Aldo Moro

Sabato 26 giugno ore 9,30
Palazzo S. Paolo, via Tosio 1 Brescia

La questione penitenziaria è balzata prepotente all’attenzione della pubblica opinione a seguito di alcuni fatti drammatici come il moltiplicarsi dei suicidi delle persone ristrette, le vicende incresciose di morti violente di detenuti come quella del giovane Cucchi e l’aggravarsi quotidiano dell’incivile condizione di sovraffollamento nelle carceri.
Tutto ciò in nome di una “gestione politica” della questione criminale all’insegna di una visione esclusivamente punitiva della pena perché vittima dell’ossessione securitaria.
La risposta morotea, nelle lezioni di diritto penale, ispirata ad un principio di personalismo etico suggerisce invece che è “dovere da parte dello Stato di garantire una modalità di esecuzione della pena che non aggiunga sofferenza a quella, già così acerba, della perdita della libertà… Ancora, poiché il bene della libertà è così prezioso, la sua confisca deve essere accuratamente misurata sulla proporzione del male inferto da questa stessa libertà sanzionata. Dunque rifiuto della legittimità della pena di morte,
ma anche della pena dell’ergastolo che contraddice da un lato al criterio di proporzione e dall’altro a quel compito di rieducazione e di emenda che la pena deve considerare come il suo fine più alto, umanamente e socialmente”.
Mino Martinazzoli
in Stefano Anastasia e Franco Corleone “Contro l’ergastolo”, Ediesse, 2009.

Introduce:
Pierangelo Milesi Presidente Associazione Città dell’Uomo.
Relatori:
Mino Martinazzoli
già Ministro di Grazia e Giustizia
Franco Corleone
Garante diritti detenuti di Firenze
Carlo Alberto Romano
Prof. Criminologia Università di Brescia, Presidente Ass. Carcere e Territorio
Mario Fappani
Garante diritti detenuti di Brescia