Categorie
I miei articoli Le carceri

Elogio della responsabilità

Franco Corleone commenta la sentenza di Oslo per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 29 agosto 2012.

La sentenza della Corte penale di Oslo rappresenta una lezione di civiltà, da molti punti di vista. Anders Breivik è stato condannato a 21 anni di carcere, il massimo della pena per il codice penale norvegese. Dopo l’orrenda strage del 22 luglio 2011, in cui furono sterminate 77 persone, tra cui 69 ragazzi che partecipavano a una scuola di partito, molti esponenti dei partiti di destra sentirono il dovere di affermare “oggi siamo tutti laburisti”. Sarebbe bello che in Italia potessimo dire “siamo tutti norvegesi”, ma per far ciò dovremmo attuare una riforma copernicana della giustizia e della politica: cominciando dall’abolizione dell’ergastolo, dalla pratica del giusto (e rapido) processo, dal ripudio della cultura dell’emergenza.
La battaglia contro l’ergastolo è invece dimenticata e sepolta. Nel 1998, il Senato votò il superamento della pena perpetua ma poi la proposta fu insabbiata. Anche gli esiti delle Commissioni Grosso e Pisapia per la riforma del Codice Penale sono rimasti nei cassetti. Le forze politiche che hanno fissato il 9 maggio come Giorno della Memoria per le vittime del terrorismo, in ricordo dell’assassinio di Aldo Moro, hanno dimenticato il suo insegnamento contro l’ergastolo, considerato peggiore della pena di morte.
Il processo contro Anders Breivik ha avuto tempi di una celerità impensabile per l’Italia, ma soprattutto ha visto la partecipazione popolare nel nome della tolleranza e del rifiuto della vendetta. Nils Christie, noto criminologo abolizionista, ricordando le centinaia di migliaia di persone che portarono un fiore alle vittime, ha scritto: “Rose, non vendetta. Un’eccellente forma di politica penale”. E il leader socialdemocratico Jens Stoltenberg subito dopo la strage usò queste parole:”Noi sceglieremo la via di più democrazia e più umanità”. Quale politico in Italia sarebbe oggi capace di pronunciare parole di esaltazione dello stato di diritto senza cedere all’orgia della retorica giustizialista? Colmare questo spread di civiltà non può essere compito dei tecnici. Occorrono un’anima e un pensiero che il deserto intellettuale di questi anni hanno disperso e che vanno ritrovati.
Il processo ha affrontato anche la delicata questione della responsabilità dell’imputato. L’accusa, sulla base di una perizia psichiatrica che dichiarava Breivik affetto da schizofrenia paranoide, propendeva per il ricovero in manicomio. La difesa e la maggioranza dell’opinione pubblica chiedevano invece il riconoscimento della sanità di mente e la condanna al carcere. Davvero un nodo intricato, apparentemente. Da una parte, la via rassicurante della pazzia individuale che consente di “sterilizzare” le ideologie razziste rivendicate da Breivnik; dall’altra, il timore di dare dignità politica a un assassino. C’è di più in campo. La pretesa dei lombrosiani contemporanei che, forti di alcuni filoni delle moderne neuroscienze, mettono in discussione addirittura il libero arbitrio, col risultato di avvalorare un ritorno alla psichiatria organicista e meccanicista.
In realtà, la partita non è tra pazzia e sanità di mente. Bisogna avere il coraggio di riconoscere a tutti, senza distinzioni, la responsabilità delle proprie azioni, quel tanto di umano che non può essere negato a nessuno. E’una lezione per noi, in vista della chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: per rifuggire dal rischio di nuove istituzioni totali.

Categorie
Agenda

Contro l’ergastolo a Bologna

LA CAMERA PENALE “Franco Bricola”
e LA SCUOLA TERRITORIALE

PRESENTANO

“CONTRO L’ERGASTOLO. IL CARCERE A VITA, LA RIEDUCAZIONE E LA DIGNITA’ DELLA PERSONA”
di Stefano Anastasia e Franco Corleone

12 MAGGIO 2011 – ORE 15
SALA DEI CENTO – CASSA DI RISPARMIO
VIA FARINI, 22 – BOLOGNA

Introduce:
Gianluca Malavasi – Vicepresidente Camera Penale “Franco Bricola”

Ne discutono:
Franco Corleone – Coordinatore Nazionale dei Garanti dei detenuti
Roberto d’Errico – Responsabile Commissione Diritti Umani UCPI
Ornella Favero – Direttore Ristretti Orizzonti
Marco Imperato – Magistrato Distrettuale Requirente

La partecipazione è libera
Evento accreditato dal Consiglio Nazionale Forense per N. 3 crediti

Categorie
Agenda

Incontro sulla pena a Parma

LA SCUOLA TERRITORIALE DELLA CAMERA PENALE DI PARMA
organizza un incontro-dibattito sul tema

LA PENA TRA AFFLIZIONE E FINALITA’ DI RIEDUCAZIONE

INTERVERRANNO

Avv. Alessandro De Federicis – Responsabile Osservatorio Carcere UCPI

Dott. Pietro Buffa  –  Direttore Casa Circondariale “Le Vallette” di Torino

Dott. Franco Corleone – Garante dei diritti detenuti del Comune di  Firenze

in occasione dell’incontro sarà presentato il libro a cura di S. Anastasia e F. Corleone
CONTRO L’ERGASTOLO
il carcere a vita, la rieducazione e la dignità della persona
Ediesse

Parma, mercoledì 16 marzo 2011 ore 16
Cariparma – Sala De Strobel
Via Cavestro  n. 3

Per la partecipazione all’incontro è stato chiesto l’accreditamento per  nr. 3 crediti formativi.
Per informazioni e pre-iscrizioni: Avv. Michele Villani  –  telefono 0521.2352 oppure mail: michele.villani@abcz.biz.

Categorie
Le carceri Rassegna Stampa

Franco Corleone: «Per essere credibile sul caso Battisti l’Italia deve abolire l’ergastolo»

L’intervista di Paolo Persichetti per Liberazione del 20 gennaio 2011

Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia e oggi Garante per i diritti dei detenuti del comune di Firenze: «revisone del processo, abolizione dell’ergastolo e ratifica del protocollo contro la tortura avrebbero fornito all’Italia una immagine diversa»

Con le mozioni bipartizan votate lunedì in parlamento per riavere Battisti dal Brasile, l’Italia tenta di camuffare lo stato di confusione istituzionale in cui è precipitata dopo le rivelazioni sul sexigate che hanno investito il suo presidente del consiglio. Tuttavia non basterà a ridare lustro alla propria iniziativa diplomatica. La crisi di credibilità è verticale. In nome di quale giustizia il governo italiano continua a pretendere l’estradizione, con una ostinazione che rasenta l’aggressione verso la sovranità interna di un’altro Paese, se a casa propria non è in grado di garantire l’uguaglianza di fronte alla legge? L’affare Battisti è diventato un argomento di propaganda su cui hanno investito i giustizialisti di destra e di sinistra. La stessa cosa accade in Brasile, dove la destra post-dittatura ne ha fatto un oggetto di revanche. Sullo sfondo sempre più dimenticati restano gli aspetti giuridici dell’intera vicenda. Non a caso. Ogni qualvolta i processi dell’emergenza sono stati esaminati sotto il loro profilo giuridico l’Italia ha sempre perso la partita delle estradizioni contro i militanti condannati per i fatti degli anni 70. Non ci sarà nessun ricorso all’Aja perché il Brasile è contrario. L’Ue ha spiegato alla Farnesina che le estradizioni sono un contenzioso bilaterale. Il trattato commerciale con Brasilia verrà comunque rispettato. In mano al governo di Roma non rimane altro che sperare in un golpe giudiziario che Peluzo e Mendes stanno congeniando. Singolare aspettativa per un centrodestra che non passa giorno senza denunciare in casa propria i complotti della magistratura. Ma indiscrezioni apparse nei giorni scorsi su alcuni media brasiliani fanno sapere che la maggioranza dei giudici del Stf (6 contro 3, mentre due si asterrebbero) non sembra condividere affatto la scelta, tutta personale, presa dal presidente della corte, Peluzo, di voler esaminare a febbraio la conformità della decisione presa da Lula. Peluzo, per altro, è in contraddizione con se stesso perché quando era relatore, come gli altri 5 giudici che votarono per l’estradizione, aveva condizionato la consegna di Battisti alla commutazione dell’ergastolo. Richiesta che l’Italia si è sempre ben guardata dall’adempiere. E proprio da qui parte il ragionamento di Franco Corleone, già sottosegretario alla Giustizia nel primo governo Prodi e oggi garante dei detenuti per il comune di Firenze. «Si poteva fare qualcosa di più invece che lasciarsi andare a una reazione vittimistica e isterica».
Cosa?
Spostare l’asse del dibattito dagli insulti a una riflessione sulla civiltà giuridica. Uno degli ostacoli che hanno impedito l’estradizione è la permanenza dell’ergastolo nel nostro sistema penale. Il fatto che il Brasile non abbia questa pena dimostra l’abisso che c’è tra il Paese definito la culla del diritto e quello considerato terra di selvaggi. In realtà la bilancia è a tutto vantaggio del Brasile. Sono rimasto molto colpito dalle prime reazioni attribuite al presidente della Repubblica che parlavano di sorpresa, delusione, stupore.
Perché l’Italia non sarebbe riuscita a farsi capire, come ha detto Napolitano?
Forse perché ha cercato di confondere le carte sostenendo che l’obiezione sull’ergastolo era infondata perché non esiste quando invece è vivo e vegeto. Nel giro di un decennio gli ergastoli sono addirittura raddoppiati in percentuale e numero assoluto. C’è anche la novità dell’ergastolo ostativo che impedisce a gran parte degli ergastolani di accedere alla liberazione condizionale, a meno che non collaborino. La mancata revisione del processo, la mancata commutazione dell’ergastolo, la mancata ratifica del protocollo aggiuntivo contro la tortura. Tutti appuntamenti mancati che avrebbero fornito un’altra immagine della nostra giustizia. In realtà non si vuole trovare una soluzione, siamo di fronte ad un atteggiamento a somma zero: o tutto o niente. Vogliono Battisti con l’ergastolo e basta, per di più in condizioni tali che renderebbero ostativa qualsiasi misura trattamentale. Non ci sarebbe tribunale di sorveglianza capace di applicargli la Gozzini. In realtà l’Italia non si è fatta capire solo dal Brasile ma da molti altri Paesi. La lista di quelli che hanno negato le estradizioni è lunga.
In Italia ci sono detenuti politici in carcere da oltre 30 anni.
Affrontare il nodo dell’ergastolo è ormai l’unico modo per chiudere il residuo penale degli anni 70. Napolitano ha una possibilità, quella del messaggio alla camere che è anche la prima prerogativa dell’articolo 87 della costituzione, l’ultima è quella della grazia e della commutazione della pena. Approfittando di un caso ritenuto così straordinario potrebbe spiegare cosa l’Italia può fare per rendersi credibile. Sul tappeto c’è la questione della permanenza dell’ergastolo. L’altro è invitare il parlamento a ratificare il protocollo aggiuntivo della convenzione contro la tortura e nominare una autorità di controllo sulle carceri in un momento in cui c’è una situazione d’emergenza. In attesa di una riforma del sistema delle pene, il presidente potrebbe commutare l’ergastolo di Battisti dimostrando che non saremmo di fronte ad una pena ostativa ma a una sanzione che consente di accedere a un normale percorso trattamentale.

Categorie
I miei articoli In Primo Piano Le carceri

Battisti, l’ergastolo e i poteri del Quirinale

L’articolo di Franco Corleone per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 12 gennaio 2010. La lezione di Aldo Moro “La funzione della pena”, pubblicata nel volume Contro l’ergastolo, Ediesse, 2009, su www.fuoriluogo.it

C’era una volta Cesare Battisti, l’esponente dell’irredentismo trentino impiccato dagli austriaci il 12 luglio 1916. Oggi, a causa di una irriverente omonimia, la memoria del martire è cancellata a vantaggio di un protagonista minore della lotta armata. Anche questo esito è conseguenza certamente non voluta dell’orgia di parole sopra tono, delle speculazioni interessate, delle minacce altisonanti.

In un paese serio, la sua classe politica avrebbe reagito diversamente alla decisione del Presidente Lula di negare l’estradizione per un cittadino italiano condannato all’ergastolo per la responsabilità diretta o morale di quattro omicidi compiuti nel 1978. L’utilizzo di termini come “schiaffo all’Italia” o di “insulto alla giustizia” o addirittura di “attacco alla democrazia” sono il segno caratteristico di un paese dalla tenuta nervosa fragile e dalla tendenza vittimistica e isterica.

L’Italia avrebbe dovuto cogliere l’occasione offerta dal Brasile per fare i conti più che con la storia del terrorismo, delle leggi speciali, insomma con il passato, quanto meno con il suo presente.

La gran parte della stampa ha dato una pessima prova di disinformazione abbandonandosi alla più vieta propaganda: il complotto giudaico massonico questa volta è stato sostituito dalla protervia di un paese “inferiore”: senza che nessun giornale “indipendente” abbia ritenuto di fornire in maniera completa le ragioni del rifiuto di accedere alla richiesta di estradizione da parte del governo brasiliano e poi di Lula. Cosicché la decisione brasiliana appare un segno di stravaganza, quasi un dispetto. E invece vale la pena di capire perché un grande paese è disposto a mettere a rischio i rapporti economici e strategici con un partner importante: se non è un capriccio vi devono essere motivi che ci devono interrogare.

Mauro Palma e Alessandro Margara ( Manifesto, 31/12 e 7/1) hanno messo in luce i due punti che suscitano la contrarietà del Brasile: il fatto che l’Italia conservi la pena dell’ergastolo e la mancata ratifica del protocollo addizionale alla convenzione contro la tortura (che prevede un meccanismo ispettivo sovranazionale e l’istituzione di una autorità garante dei diritti dei detenuti).

Sono davvero questioni così irrilevanti da non meritare un confronto? Antonio Cassese, acuto giurista e paladino dei diritti umani, è incorso in un errore grave sostenendo che per la pena dell’ergastolo esistono forme di detenzione alternativa, delle quali Battisti potrebbe usufruire. Non è così, in quanto i suoi reati rientrano fra quelli previsti dall’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario, che non consentono la liberazione condizionale. Ciò dimostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, che in Italia l’ergastolo non è una finzione giuridica, come si vorrebbe far credere, anzi è una realtà pregnante (perfino in aumento negli ultimi anni). Con la stessa logica con cui l’Italia si rifiuta di consegnare un prigioniero ad un paese che prevede la pena di morte poiché estranea al suo ordinamento, così il Brasile si comporta per l’ergastolo.

Questo caso non si può risolvere in una bulimia di proclami, di ritorsioni e di boicottaggi più esilaranti che gravi. Deve invece essere una occasione per affrontare i nodi che sono emersi e che si vogliono nascondere sotto la coperta della lotta al terrorismo. Oltre ad esprimere delusione e rammarico, il presidente Napolitano potrebbe compiere degli atti concreti di sua esclusiva competenza per rimuovere gli equivoci: ad esempio, annunciare la commutazione dell’ergastolo di Battisti in una reclusione congrua e invitare il Parlamento ad adempiere a quegli obblighi internazionale che le associazioni che si occupano di carcere, giustizia e diritti chiedono da anni. Allora la richiesta di estradizione avrebbe maggiore forza e legittimità sostanziale. Questa è la vera questione su cui l’opposizione dovrebbe incalzare il governo, senza farsi sedurre dall’urlo del topo di Frattini e La Russa e infilarsi in polemiche giuste, ma minori, sulla scarsa credibilità internazionale dell’Italia.

L’ammonimento ai giovani di Aldo Moro a proposito dell’ergastolo, “Ricordatevi che la pena non è la passionale e smodata vendetta dei privati”, è un monumento del pensiero giuridico umanistico da cui non si dovrebbe prescindere mai.

Categorie
Agenda

Carcere, carcerieri e carcerati

Associazione Città dell’uomo – Brescia

Carcere, carcerieri e carcerati
“Contro l’ergastolo”
Il significato della pena nel magistero di Aldo Moro

Sabato 26 giugno ore 9,30
Palazzo S. Paolo, via Tosio 1 Brescia

La questione penitenziaria è balzata prepotente all’attenzione della pubblica opinione a seguito di alcuni fatti drammatici come il moltiplicarsi dei suicidi delle persone ristrette, le vicende incresciose di morti violente di detenuti come quella del giovane Cucchi e l’aggravarsi quotidiano dell’incivile condizione di sovraffollamento nelle carceri.
Tutto ciò in nome di una “gestione politica” della questione criminale all’insegna di una visione esclusivamente punitiva della pena perché vittima dell’ossessione securitaria.
La risposta morotea, nelle lezioni di diritto penale, ispirata ad un principio di personalismo etico suggerisce invece che è “dovere da parte dello Stato di garantire una modalità di esecuzione della pena che non aggiunga sofferenza a quella, già così acerba, della perdita della libertà… Ancora, poiché il bene della libertà è così prezioso, la sua confisca deve essere accuratamente misurata sulla proporzione del male inferto da questa stessa libertà sanzionata. Dunque rifiuto della legittimità della pena di morte,
ma anche della pena dell’ergastolo che contraddice da un lato al criterio di proporzione e dall’altro a quel compito di rieducazione e di emenda che la pena deve considerare come il suo fine più alto, umanamente e socialmente”.
Mino Martinazzoli
in Stefano Anastasia e Franco Corleone “Contro l’ergastolo”, Ediesse, 2009.

Introduce:
Pierangelo Milesi Presidente Associazione Città dell’Uomo.
Relatori:
Mino Martinazzoli
già Ministro di Grazia e Giustizia
Franco Corleone
Garante diritti detenuti di Firenze
Carlo Alberto Romano
Prof. Criminologia Università di Brescia, Presidente Ass. Carcere e Territorio
Mario Fappani
Garante diritti detenuti di Brescia

Categorie
Agenda

(L)A VITA IN CARCERE; PENA PERPETUA E COSTITUZIONE

Camera Penale di Firenze
SCUOLA PER LA FORMAZIONE DEGLI AVVOCATI PENALISTI

(L) A VITA IN CARCERE; PENA PERPETUA E COSTITUZIONE
Incontro-dibattito sul carcere in occasione della presentazione del volume
Contro l’ergastolo
IL CARCERE A VITA, LA RIEDUCAZIONE E LA DIGNITA’ DELLA PERSONA

ne discutono
Dott. Alessandro Margara
Presidente Fondazione Michelucci e Autore del libro
Prof. Ferrando Mantovani
Professore Emerito di Diritto Penale
Avv. Gian Domenico Caiazza
Presidente Camera Penale di Roma

Introduzione
Avv. Lorenzo Zilletti
Responsabile Scuola Formazione avvocati penalisti

Moderatore
Avv. Michele Passione
Componente Direttivo Camera Penale Firenze

30 giugno 2010 ore 17
Sala Luca Giordano – Provincia di Firenze
Via Cavour, 1 – Firenze

agli Avvocati che parteciperanno saranno attribuiti crediti formativi

Categorie
In Primo Piano Le carceri Rassegna Stampa

La lezione di Moro: ora so cos’è la detenzione.

On line l’articolo di presentazione di Adriano Sofri del volume edito da Ediesse in collaborazione con la Società della Ragione “Contro l’ergastolo – Il carcere a vita, la rieducazione e la dignità della persona” curato da Franco Corleone e Stefano Anastasia. Da Repubblica del 23 dicembre 2009. Sul sito di fuoriluogo.it trovate la scheda di presentazione. Sul sito di Ediesse potete ordinare il libro

Sarebbe un buon segno se la sentenza di Perugia, dettata com’ è da una convinzione di colpevolezza, testimoniasse di una renitenza di fatto alla pena dell’ ergastolo. Quanto al diritto, probabilmente non siamo mai stati lontani come oggi dal ripudio della pena perpetua. A misurare la distanza che ci separa dai famigerati anni ‘ 70 può valere drammaticamente la rievocazione di una lezione accademica del 1976. Il professore era Aldo Moro. Quando, tanti anni fa, scrissi un libro su Moro, non potevo conoscere le Lezioni di Istituzioni di diritto e procedura penale tenute nel 1976 nella facoltà romana di scienze politiche, raccolte da Francesco Tritto ed edite da Cacucci nel 2005. (Se ne tratta ora in Contro l’ ergastolo, a cura di S. Anastasia e F. Corleone, ed.Ediesse). Ne avrei fatto gran conto a proposito del rapporto fra Moro e il carcere, alla luce dei 55 giorni di “prigione del popolo”. Al buio di quei 55 giorni. Ero stato colpito un inciso in una lettera indirizzata a Cossiga: «Io comincio a capire che cos’ è la detenzione». Moro lo insinua in un brano sulla possibilità di uno scambio fra l’ ostaggio inerme che lui è ora e qualche detenuto delle Brigate Rosse «Nella mia più sincera valutazione, e a prescindere dal mio caso, anche se doloroso, sono convinto che oggi esiste un interesse politico obiettivo… per praticare questa strada». A prescindere dal mio caso, dice. Anche rivolgendosi a chi è stato finora suo amico o seguace, deve adesso sorvegliarsi, non tradirsi: non chiamare in causa la propria sofferenza (solo la concessione pudica dell’ accenno, “anche se doloroso”). C’ è un intero mondo, fuori dalla sua segreta, pronto a espropriarlo delle sue parole e a leggervi la prova del suo cedimento. Vorrebbe dire l’ offesa della propria condizione, ma deve reprimersi: censurarsi per non essere censurato dai suoi carcerieri di dentro, e interdetto da amici di fuori. In questo sforzo di distanza scivola quella frase incidentale, io comincio a capire che cos’ è la detenzione. Eppure Moro aveva una fitta esperienza di carceri. In una biografia del 1969 si leggeva che «Come guardasigilli nel 1955-57… a che cosa dedica la sua maggior attenzione? Sorpresa. Alle carceri e ai carcerati, cui fa lunghe, lunghissime visite… Le sue esplorazioni in questo sottofondo della vita sociale italiana sono continue e minuziose. Vien voglia di chiedere a uno psicanalista quali potrebbero essere le motivazioni segrete della curiosa p r o p e n s i o n e per le galere e i galeotti che ha l ‘ u o m o c u i , non dimentic h i a m o l o , piacciono tanto le cravatte e i loro nodi». Più di vent’ anni dopo, l’ ex ministro della giustizia, minuzioso ispettore di carcerati, si trova sanguinosamente imprigionato, e scrive: «Io comincio a capire che cos’ è la detenzione». In un’ altra lettera, una delle più ondeggiantie demoralizzate, Moro arriverà ad auspicare per sé la stessa prigionia che subiscono i detenuti brigatisti. «Ritengo invocare la umanitaria comprensione… /per/ una legge straordinaria del Parlamento, la quale mi conferisca lo status di detenuto in condizioni del tutto analoghe, anche come modalità di vitaa quelle proprie dei prigionieri politici delle Brigate Rosse…». Un’ invidia, un auspicio dell’ ora d’ aria, di “una prigione comune, per quanto severa”! «In una prigione comune, per quanto severa, io avrei delle migliori possibilità ambientali, qualche informazione ed istruzione, assistenza farmaceutica e medica ed un contatto, almeno saltuario, con la famiglia». In quelle lezioni sulla funzione della pena, tenute solo due anni prima, Moro insiste sull’ ancoraggio della pena all’ idea della persona dotata della libertà di scegliere e di essere responsabile. Moro parla del proprio tempo- siamo nel 1976- come di «un’ epoca in movimento verso grandi attuazioni di giustizia e di civiltà umana, un’ epoca nella quale l’ uomo è chiamato a dare prova di sé con le sue scelte coraggiose nel senso della giustizia, della libertà e della dignità umana». Anche il reato, dice, è un atto di libertà, benché sia l’ atto di libertà che conduce a una scelta negativa. Dunque la pena dev’ essere personale, e legale – non dettata dall’ arbitrio di chi giudica, ma dall’ universalità della legge-e proporzionata.E la Costituzione stabilisce che la pena non possa mai consistere in trattamenti crudeli e disumani. «Vuol dire – spiega – trattamenti, vuol dire interventi, vuol dire atti di incidenza del potere pubblico sulla persona, che vadano al di là della necessità di limitare la libertà umana». La pena «è privazione della libertà, ma è soltanto privazione della libertà, non più di questo: è soltanto privazione della libertà». Di qui l’ inaccettabilità della pena di morte: «Come si potrebbe ricondurre la pena capitale nell’ ambito di interventi che non siano crudeli e disumani…? Capisco bene- aggiunge Moro,e viene in mente il vecchio e sconvolto Ugo La Malfa che nel giorno del suo rapimento si alzerà alla Camera a rivendicare la pena di morte per gli attentatori – che vi possono essere dei momenti di accesa passione popolare di fronte ad alcuni fatti gravissimi… Ma il potere pubblico deve essere ben controllato, per non farsi condurre ad immaginare che la pena sia considerata come una vendetta… Questo dell’ assassinio legale è una vergogna inimmaginabile in un regime di democrazia sociale e politica…». Meno aspettato è il capitolo che segue nella lezione di Moro, dedicato alla “pena dell’ ergastolo”. «Un giudizio negativo, in linea di principio, deve essere dato… anche nei confronti della pena perpetua: l’ ergastolo, che, priva com’ è di qualsiasi speranza, di qualsiasi prospettiva, di qualsiasi sollecitazione al pentimento ed al ritrovamento del soggetto, appare crudele e disumana non meno di quanto lo sia la pena di morte ». Interrompiamo la citazione per osservare che questa convinzione, della disumanità dell’ ergastolo come della pena capitale contrasta radicalmente con le forme di ripudio della pena di morte che vogliono compensarlo con l’ inflessibilità della reclusione a vita -argomento prevalente negli Stati Uniti. Continua il professor Moro: «Ed è, appunto, in corso nel nostro ordinamento una riforma che tende a sostituire a questo fatto agghiacciante della pena perpetua – (“non finirà mai, finirà con la tua vita questa pena!”) – una lunga detenzione, se volete, una lunghissima detenzione, ma che non abbia le caratteristiche della pena perpetua che conduce ad identificare la vita del soggetto con la vita priva di libertà. Questo, capite, quanto sia psicologicamente crudele e disumano ». Qualunque cambiamento nella vita di una persona, compreso il pentimento vero -“com’ è pur possibile” – prosegue Moro, è irrilevante se la pena esaurisce la vita di quella persona. « Ci si può, anzi, domandare se, in termini di crudeltà, non sia più crudele una pena che conserva in vita privando questa vita di tanta parte del suo contenuto, che non una pena che tronca, sia pure crudelmente, disumanamente, la vita del soggettoe lo libera, perlomeno, con il sacrificio della vita, di quella sofferenza quotidiana, di quella mancanza di rassegnazione o di quella rassegnazione che è uguale ad abbrutimento, caratteristica della pena perpetua. Quando si dice pena perpetua si dice una cosa… umanamente non accettabile ». Sarete impressionati dal Moro che enuncia questi concetti. Perfino eccessivi, in un certo senso, in questo finale argomentare – “forse” – la crudeltà maggiore dell’ ergastolo rispetto alla pena di morte: convinzione non di rado pronunciata da ergastolani e simbolicamente impressionante. Purché non si dimentichino le obiezioni dai suoi due versanti. Che se si chieda ai condannati a morte di scegliere fra l’ esecuzione e la pena perpetua, sarà una minoranza a scegliere l’ esecuzione. E che agli ergastolani che preferiscano la morte a quella loro vita dovrà restare pur sempre la scelta di togliersela, la vita. Ciascuno può misurare quanta strada sia stata fatta da allora, da quel 1976, a oggi, fine di decennio del nuovo millennio: all’ indietro. Non allegherò commenti di troppo facile effetto sulla contraddizione fra la lezione di Moro e il modo della sua privata esecuzione. Finirò con le righe conclusive della lezione: «Allora ci vediamo per la lezione di venerdì. Bisogna che mi diate i nomi perché ho dimenticato il libretto sul quale, poi, registrerò le presenze».

Categorie
In Primo Piano Le carceri

Contro l’ergastolo

E’ uscito nelle librerie, edito da Ediesse, il volume “Contro l’ergastolo – Il carcere a vita, la rieducazione e la dignità della persona” curato da me insieme a Stefano Anastasia. Ecco la Scheda.
Sul sito di Ediesse potete ordinare il libro.

ergastoloContro l’ergastolo
Il carcere a vita, la rieducazione e la dignità della persona

Autori: Stefano Anastasia – Franco Corleone
Pubblicato nel: Dicembre 2009
Pagine: 144
ISBN: 88-230-1383-4

La grande promessa della Costituzione repubblicana, dopo vent’anni di regime fascista e di abusi contro la libertà delle persone, era inscritta – per i carcerati – nella finalità rieducativa della pena e nella speranza dell’abolizione dell’ergastolo. Sessant’anni dopo, nonostante innumerevoli tentativi, l’ergastolo è ancora lì, e si moltiplica tra le pene da scontare nelle carceri italiane.
A partire dalle lezioni tenute da Aldo Moro nei suoi ultimi anni di vita, contro l’ergastolo e la pena di morte, gli autori si confrontano con la pena senza tempo, la sua sopravvivenza e la sua vitalità, per capire se e come se ne potrà fare a meno.
Testi di: Boccia, Calvi, Fortuna, Gonnella, Margara, Martinazzoli, Mosconi, Senese, Sofri.

La pena dell'ergastolo nella Costituzione e nel pensiero di Aldo Moro

Ecco il programma dell’iniziativa “La pena dell’ergastolo nella Costituzione e nel pensiero di Aldo Moro”, che si terrà a Roma giovedì 22 gennaio (ore 15-19) presso l’ex Hotel Bologna in via Santa Chiara 4. Organizzano La società della ragione e Antigone.

Chi è interessato a partecipare è pregato di comunicarlo entro il 20 gennaio a: info@societadellaragione.it
Giacca obbligatoria per gli uomini.

Vi segnaliamo che all’iniziativa sono riconosciuti 5 crediti formativi dall’Ordine degli avvocati di Roma.

Scarica l’invito.