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Il Carcere alla Biennale di Venezia

Carcere Spazio Urbano
Il confine tra Città e Periferia penitenziaria
Padiglione Italia – 13. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia | 4 Novembre 2012

giornata di studio a cura di:
u-boot architettura paesaggio ricerca
in collaborazione con: 22Publishing, OnOff Picture
con il patrocinio di:
IN/ARCH
Comune di Cagliari
Conservatoria delle Coste della Regione Sardegna

moderano gli incontri
Luca Zevi Architetto e Urbanista, curatore del Padiglione Italia – 13. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
Francesca Tatarella architetto e paesaggista, Direttore Editoriale 22Publishing

Il gruppo di progettazione e ricerca u-boot partecipa al programma di incontri del Padiglione Italia curato dall’Arch. Luca Zevi, con l’organizzazione di una giornata studio dal titolo Carcere Spazio Urbano: il confine tra Città e Periferia penitenziaria, in collaborazione con la casa editrice 22Publishing e l’agenzia fotografica OnOff Picture.
Il tema proposto si confronta utilmente con i temi della Quarta stagione del Padiglione Italia, promosso dalla Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee (PaBAAC), in occasione della 13. Mostra Internazionale di Architettura, Biennale Venezia 2012.
Titolo generale della Biennale di Architettura di quest’anno è Common Ground, concetto con il quale il curatore David Chipperfield intende “riaffermare che la cultura architettonica sia costituita non solo da singoli talenti, ma da un ricco patrimonio di idee differenti in una storia comune”, affermazione che palesa la necessità di ripensare la figura dell’architetto nel suo ruolo di interprete di istanze
appartenenti alla comunità più vasta: l’attuale “apparente mancanza di intesa tra la professione e la società” deve essere quindi colmata da un rinnovato dialogo che riguardi anche la progettazione e l’organizzazione degli spazi condivisi.
Tra questi spazi condivisi riteniamo debbano essere considerati nuovamente quelli destinati alla reclusione, tra cui le architetture penitenziarie che, di fatto, delle nostre città e dei nostri territori fanno parte.
Il Padiglione Italia alla 13. Mostra Internazionale di Architettura diventa quindi la sede adeguata per portare fuori dai confini degli ‘addetti ai lavori’ il tema delle Carceri e affrontarlo di nuovo dal punto di vista urbano e territoriale, sottoporlo all’attenzione del vasto pubblico e, allo stesso tempo, tentare di innescare un rinnovato interesse da parte di quel mondo che della progettazione degli spazi, e quindi della loro qualità, deve di fatto occuparsi.
Il titolo della giornata nasce dall’omonimo progetto di ricerca sul tema del rapporto tra Carcere e Città che ha preso avvio a Cagliari nell’Aprile del 2012 sotto forma di workshop e che ha avuto come oggetto di indagine e riflessione la realtà carceraria della Casa Circondariale di Buoncammino e il suo rapporto con il territorio, anche in vista della previsione di trasferimento dei detenuti nel nuovo
Carcere di Uta.
Il progetto, nella sua evoluzione, vede il susseguirsi di diversi eventi puntuali, nell’ambito dei quali, di volta in volta, l’attenzione viene focalizzata su casi specifici al fine di avviare una riflessione pratica e approfondita sul tema.
L’approccio adottato è, necessariamente, multidisciplinare, e coinvolge architetti, fotografi, educatori, amministratori, associazioni, giuristi, studenti.
La giornata sarà strutturata sotto forma di convegno aperto al pubblico e vedrà confrontarsi architetti e urbanisti con alcuni esponenti di diverse realtà penitenziarie italiane, insieme ad amministratori del territorio, rappresentanti del mondo giuridico e associazioni che si occupano in maniera virtuosa di tutte le tematiche che riguardano la vita carceraria.
Base di discussione saranno alcuni progetti pilota avviati e/o realizzati in Italia, e tra questi verrà presentato appunto il caso studio di Buoncammino.

Programma
Mattina
h10:30 Saluti e apertura lavori
h10:45 CARCERE SPAZIO URBANO Il confine tra città e periferia penitenziaria
Introduce la giornata la presentazione del progetto Carcere spazio urbano: il confine tra Città e Periferia penitenziaria, nato nell’ambito dell’omonimo workshop realizzato a Cagliari nell’aprile del 2012 e che ha visto come caso studio la Casa Circondariale di Buoncammino.
Verso un nuovo approccio al tema e una nuova pianificazione architettonica e urbanistica: un manifesto e una piattaforma comune per una ricerca operativa e interdisciplinare sulla realtà carceraria in Italia.
intervengono:
Maria Pina Usai, Margherita Fenati, Daniele Iodice [u-boot architettura paesaggio ricerca]
h11:30 IL CORPO E LO SPAZIO DELLA PENA Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie
Come nasce l’indagine affrontata nell’omonimo libro pubblicato nel 2011: approccio interdisciplinare rispetto agli aspetti architettonici e urbanistici, obbiettivi del confronto e risultati attesi.
dialogo tra Franco Corleone Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
Luca Zevi Architetto e Urbanista, curatore del Padiglione Italia – 13. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia
Cesare Burdese Architetto
h12:30 IL RAPPORTO TRA CARCERE E SPAZIO URBANO
Il carcere: luogo della ‘punizione’ o luogo per la rieducazione sociale? E’ pensabile concepire politiche e strategie di reinserimento nella società mantenendo impermeabile il confine tra carcere e contesto territoriale?
L’esperienza del Giardino degli incontri a Sollicciano (Firenze) e l’esempio del Vivaio di Cascina Bollate come spazi di scambio tra carcere e città
intervengono
Corrado Marcetti e Andrea Aleardi Fondazione Michelucci, Firenze
Susanna Magistretti e Marianna Merisi Vivaio Cascina Bollate – Casa di Reclusione Bollate (Mi)
h13:30 Pausa pranzo

Pomeriggio
h14:30 Riapertura lavori
h14:30 IL CARCERE VISTO DALLA CITTÁ
Dalla consapevolezza dei cittadini sulle condizioni di vita all’interno delle Carceri italiane alla presa di coscienza sul possibile ruolo attivo delle Amministrazioni Locali: l’inchiesta – documentario “Se tu vivessi in una cella” [20’] dell’Associazione Progré di Bologna, il Laboratorio di Partecipazione Politica di Cagliari e l’esperienza del primo consiglio comunale all’interno del Carcere San Vittore del Comune di Milano.
intervengono
Associazione Progrè Bologna
Alvise Sbraccia Osservatorio Nazionale di Antigone sulle condizioni di detenzione
Lamberto Bertolè Presidente della Sottocommissione Carceri e Consigliere Comunale del Comune di Milano
Matteo Lecis Cocco-Ortu Ingegnere, Consigliere Comunale del Comune di Cagliari
h15:30 CARCERE, SPAZIO DELL’ABITARE: IL RAPPORTO TRA AMBIENTE E COMPORTAMENTO
La lettura sociale del documentario “Loro Dentro” realizzato all’interno della Casa Circondariale Marassi di Genova dal laboratorio di sociologia visuale dell’Università di Genova in collaborazione con i detenuti.
Quali spazi per la pena secondo la costituzione? La ricerca in ambito architettonico e urbanistico in Italia sulla tipologia carceraria.
Ripensare la forma penitenziaria: nuovi modelli di struttura, di vita e d’inserimento sociale o contenitori di corpi più o meno temporanei? E’ sufficiente moltiplicare i contenitori per garantire un miglioramento delle condizioni dei detenuti?
intervengono
Cristina Oddone Laboratorio di sociologia visuale dell’Università di Genova
Cesare Burdese Architetto
Angelo Sinesio Prefetto della Repubblica, Commissario delegato per il Piano Carceri
Leonardo Scarcella Architetto, Ministero della Giustizia
h16:30 Conclusioni:
CONFRONTO APERTO SUL TEMA CARCERE E CITTÁ
E’ necessario costruire nuove carceri?
Partendo dall’analisi della qualità della vita all’interno degli Istituti penitenziari e dal concetto di Carcere come luogo per la rieducazione e il reinserimento all’interno del tessuto sociale, è opportuno incrementare il rapporto biunivoco tra Carcere e Città? E’ corretto allontanare le Carceri dal tessuto abitato? Cosa fare delle Carceri esistenti definite obsolete? Carceri in città: quali detenuti e quali pene?

L’accesso alle manifestazioni organizzate dal Padiglione Italia avviene acquistando il biglietto della mostra.

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La pena, il carcere e le città

Inarch Lazio
i lunedì dell’architettura

ore 20.00 | lunedì 14 maggio 2012
ACER – via di Villa Patrizi 11, Roma

La pena, il carcere e le città
Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie

LA VERTIGINOSA CRESCITA DELLE INCARCERAZIONI NELL’ULTIMO VENTENNIO HA FATTO ESPLODERE IL PROBLEMA DEL SOVRAFFOLLAMENTO PENITENZIARIO, E CON ESSO QUELLO DELLA QUALITÀ DELLA PENA NEL RISPETTO DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA DETENUTA. TRA TIMIDE RIFORME E OCCASIONALI PROVVEDIMENTI DEFLATTIVI, LA COSTRUZIONE DI NUOVE CARCERI E LA SATURAZIONE DI QUELLE ESISTENTI CONTINUANO A DOMINARE L’AGENDA POLITICA.

LA STRUTTURA ARCHITETTONICA, LA QUALITÀ EDILIZIA E LA COLLOCAZIONE URBANISTICA DEL PENITENZIARIO CORRISPONDONO ALLA SUA FUNZIONE E AL MODO DI INTERPRETARE LA PENA PRIVATIVA DELLA LIBERTÀ. CHI SI PROPONE DI RIFORMARE LA PENA NON PUÒ RINUNCIARE, QUINDI, A RIPENSARE LO SPAZIO PENITENZIARIO, ALMENO FINO A QUANDO IL CARCERE RESTERÀ DOMINANTE NELLE NOSTRE CULTURE E NELLE NOSTRE PRATICHE PUNITIVE.

Presentazione del libro
“Il corpo e lo spazio della pena. Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie”
a cura di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi. 2011 – EDIESSE – 13,00 Euro – ISBN 978-88-230-1601-9.

Carcere, città, cemento e bellezza.
Introduce
Franco Corleone
discutono
Luigi Pagano, Ruggiero Lenci, Angelo Sinesio

Il fine della pena.
Introduce
Stefano Anastasia
discutono
Edoardo Albinati e Luigi Manconi

Coordina
Luca Zevi

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Le carceri Rassegna Stampa

«La galera ha bisogno di aria e di luce»

Il corpo e lo spazio della pena: un libro di prossima uscita su architettura, urbanistica e politiche penitenziarie. A colloquio con uno dei tre curatori, Franco Corleone, coordinatore nazionale dei Garanti dei detenuti e Garante a Firenze. Le riforme possibili, le riflessioni sul senso della pena

«Il sovraffollamento delle carceri non è come un terremoto, un incidente naturale, al contrario è il frutto di scelte sbagliate».  Chi parla è Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, attualmente Garante per i diritti dei detenuti a Firenze e Coordinatore nazionale dei Garanti territoriali. Tra le mani mostra l’ultima fatica Il corpo e lo spazio della pena (Ediesse edizioni), in libreria dal prossimo 23 novembre. È il frutto di un lavoro collettivo, nato da due seminari del 2009 e 2010, di cui Corleone è uno dei tre curatori, accanto a Stefano Anastasia, docente di Filosofia e Sociologia del Diritto a Perugia, e Luca Zevi, architetto e urbanista.

«Nel libro c’è l’ambizione – aggiunge Corleone – di proporre un disegno di politica della giustizia e di politica penitenziaria. Mi auguro che il nuovo ministro abbia voglia di tenerne conto perché c’è tutto: da come concepire gli spazi e i luoghi dell’architettura penitenziaria, all’idea che il carcere debba essere un luogo di responsabilizzazione e non dove si ritorna infantili, c’è il tema delle pene alternative, dei limiti che deve avere la carcerazione preventiva e altro ancora. Sono 15 interventi, di altrettante persone che si dedicano da anni su questi temi, che non posso elencare tutti, ma che riflettono – ritengo – la frase finale con cui Adriano Sofri chiude il suo intervento che vorrei citare: “Io penso che il fine della pena sia la fine della pena”. Come non essere d’accordo?»

Dottor Corleone, si diceva degli spazi e dei luoghi dell’architettura penitenziaria…

Non si risolve l’emergenza con nuove carceri. Certo, bisogna costruirne di nuove ma giusto per chiudere quelle immonde dove adesso si accatasta la gente. Carceri vecchie, antiche, dove diventa difficile garantire il recupero, la salute e la dignità dei reclusi. Poi bisogna cominciare a distinguere: non si possono mettere negli stessi luoghi le mamme con i figli, le persone in attesa di giudizio, i semiliberi e i detenuti con il 41-bis. Bisogna differenziare, costruire luoghi diversi e separati, in questo consiste il ripensare l’architettura dell’edilizia penitenziaria.

Ma intanto c’è il degrado degli oltre 67mila ristretti…

Come dicevo, non è un degrado naturale e inevitabile, è frutto di errori, culturali e politici innanzitutto. In cifre: se in un anno passano dalle carceri 80mila persone, sappiamo che 26mila sono piccoli spacciatori, di cui 16mila sono tossicodipendenti, e che il 40% di chi entra è in attesa di giudizio. Che senso ha mischiare tutti negli stessi identici luoghi. Ci sono esperienze all’estero dove il tema della differenziazione dei luoghi è stato affrontato, penso alla Danimarca. Sarebbe anche un modo per introdurre responsabilità e non infantilismo. Che senso ha chiedere a uomini maturi, in attesa di giudizio, magari con una vita famigliare professionale alle spalle, di dover fare la “domandina” per una scatola di pomodori? Che senso ha mettere negli stessi luoghi chi è in semilibertà e chi deve scontare venti anni? Ad esempio, bisognerebbe creare quelle che chiamiamo le Case della semi-libertà, luoghi dove costruirsi il futuro.

Oltre l’architettura?

Oltre l’architettura, oltre il corpo e lo spazio della pena, c’è tutto il resto: ripensare il senso della pena, abolire leggi criminogene sulla droga che inchiodano nelle carceri decine di migliaia di persone, chiudere gli OPG, fare davvero una riforma della giustizia, riscrivere il codice penale, rivisitare la riforma del Corpo di Polizia Penitenziaria limitandone i compiti al controllo delle sezioni del 41-bis e dell’Alta Sicurezza, alle traduzioni e alla vigilanza antievasione.

E le altre funzioni?

Affidarle a un Corpo civile che sviluppi percorsi educativi e trattamentali riprendendo, ad esempio, il modello della Catalogna. Le cose da fare sono molte e possibili. Ma siamo in ritardo.


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In Primo Piano Le carceri Rassegna Stampa

Carcere, il non-luogo dove gli architetti sono stati banditi

CONVEGNO. «Cominciare a costruire le case partendo da coloro che le abiteranno». Con la prospettiva di istituti più umani, i tecnici hanno discusso a Roma sul tema “Architettura VS Edilizia”.
Dina Galano su Terra

ll carcere di Sollicciano è in via del Pantano, Firenze. Da malum situ deriva il nome del Maliseti, la casa circondariale di Prato. Simbologie, forse, ma molto della realtà penitenziaria richiama la supina ammissione dell’inappetibilità del sistema carcerario. In un convegno di due giorni che si è concluso ieri al Senato, il tema del senso della pena ha preso forma legandosi a doppia mandata a quello dell’architettura penitenziaria. Con il titolo “Architettura versus edilizia” la Società della ragione, in collaborazione con l’associazione Antigone, la Fondazione Michelucci e il Forum droghe, ha tentato di guidare la riflessione all’interno degli spazi chiusi delle prigioni. Con l’auspicio di superarli.

I corpi
Le carceri sono sovraffollate, lo si ripete da tempo. Il già procuratore di Venezia Vittorio Borraccetti lo ha ricordato ieri: 48.693 persone alla fine del 2007, 64.971 al 31 dicembre 2009. Oggi siamo quasi a quota 70mila. Circa un terzo di essi, ha conteggiato il magistrato, sconta un massimo di 10 giorni. Arrestati in flagranza di reato o sottoposti a misura cautelare, il 30 per cento dei detenuti passa attraverso una porta girevole. «Il nostro ordinamento prevede già delle norme che possono impedire l’ingresso in carcere», ha ammonito Borraccetti. «Bisogna tuttavia convincere le forze di polizia e i pubblici ministeri ad applicarle». Quando a parlare è un detenuto d’eccezione, Adriano Sofri, subito si offre l’immagine della piccola cella che lo ha ospitato per nove anni a Pisa dove oggi vivono in tre. Dietro l’ammassamento in spazi ridottissimi, secondo il professore di filosofia del diritto Eligio Resta, riposa «l’idea dell’economia politica dei corpi». Non l’esercizio di un controllo sul delinquente, ma di un «biopotere sul corpo». Ed ecco che la privazione di esigenze primarie finiscono per aggiungere sofferenza alla pena, attentando alla dignità dell’uomo che, ha spiegato il filosofo, «non solo costituisce il punto di riferimento del Costituzionalismo moderno, ma significa il diritto a non essere sottoposti a sofferenze gratuite in cui non è possibile riconoscersi come essere umani». Il garante dei detenuti di Firenze, Franco Corleone ricorda i numeri della sua Toscana: nel 2009, 2.318 “eventi critici”, di cui 9 decessi, 8 suicidi, 155 fermi al tentativo e 974 casi di autolesionismo.

Gli spazi
«L’edilizia penitenziaria non si studia nelle scuole di architettura», ha denunciato Cesare Burdese, architetto torinese autore di molti progetti per i servizi ai detenuti. Ciò che è contenuto nei capitolati del ministero della Giustizia è «tanto preciso per quanto riguarda celle, finestre e altri spazi di sicurezza», ha continuato il collega Corrado Marcetti, direttore della Fondazione Michelucci, «quanto del tutto disinteressato agli ambienti per la socialità, i colloqui, il lavoro». Quest’ultimi diventati una rarità perché, a causa della crescita della popolazione detenuta, si è realizzata «un’iperintensificazione delle carceri già esistenti, con nuovi padiglioni aggiunti all’interno dei recinti già esistenti». L’atmosfera di soffocamento che si respira anche fuori, ha segnalato l’architetto Scarcella, tecnico del ministero, ha fatto assomigliare il carcere «alla gabbia per il leone o al forno per il coniglio».  Se lo spazio ha una funzione ideologica e simbolica, il presidente del Comitato europeo contro la tortura Mauro Palma lo definisce «infantilizzante», il non-luogo dove il detenuto «viene fatto regredire». Nessuno spazio per l’affettività, come ha denunciato la psicologa Grazia Zuffa di Fuoriluogo, nessun rispetto per l’autonoma deliberazione della persona. Il carcere sembra obbligato per legge ad essere un luogo brutto e disumano. Con la frustrazione dei tecnici che, lavorando per anni a un progetto, non sono interpellati quando la struttura viene modificata. Tutto molto lontano da quello che insegnava Michelucci: «Commissionatemi la progettazione di una città», rispondeva a chi chiedeva di costruire un penitenziario.

I modelli
Lo schema oggi imperante è quello del «carcere più lontano», non solo separato dalla città ma più isolato, nella periferia, presso gli snodi stradali (porti e autostrade). La «periferizzazione», ha spiegato Marcetti, è iniziata «a fine ‘800 e si è consolidata nel ‘900 per motivi di tipo igienico-sanitario e affinché l’istituto fosse separato dal tribunale». Questa delocalizzazione si sta spingendo perfino al subappalto della questione detentiva ad altri Paesi, come la Libia per esempio. Negli anni Settanta, alla vigilia della riforma del 1975 che ha innovando l’ordinamento penitenziario aprendo ad alternative alla reclusione, nascono le carceri nuove: la moderna architettura tenta il superamento del carcere a ballatoio, dei corridoi dritti, della rigidità degli schemi in genere. Sergio Lenci, il gruppo Mariotti, Giovanni Michelucci, Mario Ridolfi hanno segnato una stagione dell’architettura penitenziaria che Scarcella ha definito «irripetibile». Quel modello che aveva spinto a cambiare anche il materiale di realizzazione, tuttavia, si è scontrato con la storia d’Italia. Il “carcere della speranza” ha lasciato il posto alle esigenze degli anni della Tensione, degli inasprimenti sanzionatori, dell’emergenza terroristica e del carcere duro. Dal 1977 in poi sono venuti alla luce circa 80 strutture «tutte uguali, fatte con il timbro, in luoghi isolati che di notte sono allarmanti», ha polemizzato Marcetti. Il tentativo di costruire spazi di cerniera con la società libera è definitivamente tramontato. E quel timore diffuso nell’opinione pubblica, così come la mano forte dello Stato nel gestire l’emergenza, rischiano di tornare ad essere attuali.


Il Piano
E’ il 29 giugno 2010 quando il Piano per l’edilizia penitenziaria viene definitivamente vistato. Ma, ha pronosticato la senatrice Pd Anna Finocchiaro, «prima di tre anni non ne vedremo niente», soprattutto perché «nella legge di stabilità non c’è alcuna copertura per la sua realizzazione». Nella sua storia, il progetto edilizio proposto da Alfano ha attraversato molte tappe: commissariamento ad hoc, adozione di un programma di interventi, la dichiarazione dello stato di emergenza e il piano  edilizio completo. A quasi due anni dal primo annuncio, ha spiegato il difensore civico dei detenuti Stefano Anastasia nella sua relazione, il progetto finale ha subito «un sensibile ridimensionamento». Degli oltre 17mila posti promessi nella prima versione, amplificati a 22mila nella seconda, ecco che la terza formulazione è davvero più modesta: 9.150 posti detentivi da realizzare, finanziati con i 610 milioni di euro di cui sin dalle origini si era assicurata la disponibilità. «In tutto questo tempo il governo non ha trovato altri fondi», ha sottolineato il ricercatore, lasciando l’uditorio con questa domanda: «Quale idea insiste dietro un indirizzo politico irrealizzabile e fallimentare rispetto allo scopo prefisso?». Perché è certo, le nuove 11 carceri e i 20 padiglioni in ampliamento di istituti esistenti non riusciranno ad arginare il sovraffollamento delle strutture, che corre al tasso del 152 per cento.

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Architettura versus Edilizia

Società della Ragione
Antigone
Fondazione Michelucci
Forum Droghe

Architettura versus Edilizia
QUALI SPAZI PER LA PENA SECONDO LA COSTITUZIONE?

“Il carcere, magari nuove carceri, che eufemisticamente verranno chiamate in altro modo, si delinea come risposta prevalente ai problemi della nostra società. Non so se il carcere faccia più paura come oggetto o come concetto. Io li rifiuto in tutte e due le forme, come risposta sbagliata persino ai ‘terrori’ dell’opinione pubblica più sprovveduta che chiede ordine e tranquillità. Non ci potrà essere né ordine né tranquillità nei nuovi contenitori, magari rivestiti in marmo, che cominciano a farsi notare nelle nostre periferie, come non ci sarà mai sicurezza sufficiente per chi ha perduto qualsiasi rapporto con il proprio territorio”
Giovanni Michelucci

Roma, 2 e 3 dicembre 2010
Senato della Repubblica – Sala ex Hotel Bologna

Il Seminario intende concentrarsi sul senso della pena e i principi della Costituzione attraverso una analisi della corrispondenza tra forma e funzione.
La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario hanno una stretta relazione col modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali sociali ed economici. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare a ripensare la forma penitenziaria, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. La tendenza dominante è “più carceri” rispetto all’ipotesi “meno carcere”. Così la rinnovata emergenza del sovraffollamento penitenziario ha spinto il Governo ad assumere la questione edilizia come strumento principe per farvi fronte, attraverso la predisposizione di un “Piano Carceri” finalizzato all’ampliamento della capacità ricettiva. La Società della Ragione che ha già organizzato l’anno scorso un incontro su
questi temi, propone invece la necessità di una grande riforma del carcere, proprio a partire dalla situazione di crisi individuando nuovi modelli di struttura, di vita e di inserimento sociale.
Troppo spesso il carcere si trasforma in un deposito di corpi con un conseguente trattamento inumano e degradante che sfiora la tortura: occorre far rivivere i principi della Riforma del 1975 e attuare il Regolamento del 2000.

Partecipano
Stefano Anastasia
Garante dei detenuti di Antigone e Ricercatore Università di Perugia
Sebastiano Ardita
Direttore generale Ufficio detenuti e trattamento DAP
Vittorio Borraccetti
già Procuratore della Repubblica di Venezia, membro del CSM
Cesare Burdese
Architetto
Guido Calvi
Avvocato, membro del Consiglio Superiore della Magistratura
Lucia Castellano
Direttore della Casa Circondariale di Milano Bollate
Franco Corleone
Presidente Società della Ragione, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
Anna Finocchiaro
Presidente del Gruppo parlamentare del Partito Democratico al Senato
Patrizio Gonnella
Presidente dell’Associazione Antigone
Corrado Marcetti
Architetto, Direttore della Fondazione Michelucci
Sandro Margara
Presidente della Fondazione Michelucci
Francesco Maisto
Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna
Mauro Palma
Presidente del Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa
Sonia Paone
Sociologa urbana, Università di Pisa
Eligio Resta
Professore di Filosofia e Diritto Università Roma 3
Leonardo Scarcella
Architetto, Responsabile Tecnico del Ministero della Giustizia
Adriano Sofri
Scrittore
Maria Stagnitta
Associazione Insieme, Vice Presidente di Forum Droghe
Luca Zevi
Architetto
Grazia Zuffa
Psicologa, direttrice di Fuoriluogo

Scarica l’invito in formato pdf dal sito de La Società della Ragione.

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Gli spazi della pena e l’architettura del Carcere

Sabato 13 giugno 2009 al “Giardino degli Incontri” del Carcere di Sollicciano – Firenze si è tenuto il seminario organizzto da La Società della Ragione che si è proposto di raccogliere idee e tematizzazioni per un convegno internazionale già in programma per il prossimo autunno. Il punto di partenza è la corrispondenza di forma e funzione nella pena. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione, al modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali, sociali ed economici. Scarica l’invito.

ecco alcuni degli interventi, dal sito della Società della Ragione:

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Gli spazi della pena e l’architettura del Carcere

immagine-2Sabato 13 giugno 2009 al “Giardino degli Incontri” del Carcere di Sollicciano – Firenze. Il Seminario promosso da la Società della Ragione in collaborazione con Antigone e la Fondazione Michelucci si propone di raccogliere idee e tematizzazioni per un convegno internazionale già in programma per il prossimo autunno. Il punto di partenza è la corrispondenza di forma e funzione nella pena. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione, al modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali, sociali ed economici. Chi si propone di riformare la pena, non può rinunciare a ripensare la forma penitenziaria, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. D’altro canto, la rinnovata emergenza del sovraffollamento penitenziario ha spinto il Governo ad assumere la questione edilizia come strumento principe per farvi fronte, attraverso la nomina di un Commissario ad hoc e la predisposizione di un ‘piano carceri’ finalizzato all’ampliamento della capacità ricettiva del sistema penitenziario. Merita dunque confrontarsi sul progetto governativo, per valutarne non solo le scelte di fondo (quale carcere? Per quale pena?), ma anche la fattibilità e i costi (non solo economici) che esso porta con sé.
Scarica l’invito.

Da La Società della Ragione, via Fuoriluogo.