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Il muro che deve cadere

corleone-aperteIeri, 25 luglio, la Camera dei deputati ha iniziato la discussione delle proposte di legalizzazione della canapa. È facile prevedere che l’approvazione della legge non sia dietro l’angolo non solo per l’ostruzionismo di alcuni gruppi parlamentari, ma per la necessità di smontare pregiudizi e falsità costruiti nei decenni e che hanno consolidato un senso comune sul divieto per legge del consumo di tutte le sostanze stupefacenti senza distinzione. Il fatto che la discussione sia approdata in Parlamento dopo decenni di polemiche è un fatto storico. Cade infatti il tabù del proibizionismo che nacque negli anni trenta negli Stati Uniti proprio sulla demonizzazione della marijuana. Non era bastato il fallimento del divieto dell’alcol eliminato dal presidente Roosevelt per impedire che una nuova caccia alle streghe si imponesse con la repressione delle minoranze etniche. Un apparato propagandistico eccezionale fu messo in campo, mobilitando i mezzi di informazione e tanti pseudo scienziati per enfatizzare i danni dell’uso della canapa. La campagna non era fondata sui fatti, (nessuno è mai morto per uno spinello), ma sui miti e sulle falsificazioni moralistiche. Infatti si trattava di una lotta del Bene contro il Male. Il Italia l’acme fu raggiunto con l’approvazione della legge Iervolino-Vassalli nel 1990 fortemente voluta da Bettino Craxi e peggiorata nel 2006 con la legge Fini-Giovanardi che solo grazie a una decisione della Corte costituzionale nel 2014 è stata spazzata via. Le conseguenze in questi venticinque anni sono state drammatiche sulla giustizia e sul carcere. La macchina della punizione non ha ottenuto alcun effetto sui consumi e sulla loro riduzione, ma ha intasato i tribunali, ha riempito le carceri e ha arricchito il narcotraffico. I dati sono eloquenti. Nel 2015 gli ingressi in carcere per violazione dell’art. 73 che colpisce la detenzione di sostanze stupefacenti e in concreto consumatori e piccoli spacciatori sono stati pari al 27%, in diminuzione rispetto alle punte del 30% degli anni precedenti. Le presenze in carcere sono pari al 32% e in cifra assoluta sono pari a 16.712 persone su 52.164 detenuti. Se aggiungiamo i detenuti tossicodipendenti, colpevoli di reati di strada e non di spaccio, si conferma che la questione droga pesa per quasi il cinquanta per cento sull’affollamento carcerario. Le operazioni di polizia e le segnalazioni all’autorità giudiziaria si confermano per il cinquanta per cento relative ai cannabinoidi. Quindi nonostante la caduta della parte più repressiva e punitiva della legge Fini-Giovanardi che ha comportato una diminuzione del sovraffollamento carcerario per effetto della minore criminalizzazione della canapa, rimane un’incidenza enorme sul fenomeno. Questa è la ragione del documento inviato alla commissione Giustizia della Camera dal Procuratore nazionale Franco Roberti della Direzione Nazionale Antimafia a sostegno della proposta Giachetti e a favore della legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis. Questo parere mette in luce il peso del narcotraffico sull’economia e sulla democrazia visto il fallimento della strategia repressiva e soprattutto contesta l’accanimento contro il consumo di sostanze meno dannose e che ha comportato un enorme dispendio di energie delle forze dell’ordine e dei giudici per un risultato impossibile. Chi sostiene che la canapa fa male e quindi va proibita, non si preoccupa della nocività della sostanza del mercato nero e delle conseguenza della stigmatizzazione dei giovani sulla loro vita. Dal 1990 alla 2015 sono stati segnalati alle prefetture per mero consumo 1.107.051 persone e di questo ben 800.000 pari a oltre il 72% per cannabis e sottoposte a sanzioni amministrative odiose. L’altra novità che si è imposta rispetto alla menzogna dei danni della canapa è l’affermarsi dell’uso terapeutico della marijuana. La legalizzazione non farà aumentare i consumi, ma li renderà più sicuri e fornirà risorse attraverso la tassazione per azioni educative e di informazione. La war on drugs è finita. Occorre costruire una politica intelligente.

(Franco Corleone da La Nuova Ferrara del 26 luglio 2016)

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Le droghe Rassegna Stampa

Cannabis, Fvg apripista

Schermata 2016-07-08 alle 09.36.40IL LIBRO BIANCO SULLE DROGHE
Cannabis, Fvg apripista
«Roma dica no al carcere»

di Michela Zanutto (da il Messaggero Veneto di Domenica 3 luglio 2016)
UDINE «Il Friuli Venezia Giulia è apripista sulla legge per la depenalizzazione del consumo di droga». A dirlo è Franco Corleone, già sottosegretario al ministero della Giustizia, che ieri a Udine ha presentato il settimo Libro bianco sulla legge sulle droghe. Una raccolta di dati e contributi che tratteggiano l’impatto dei reati legati al consumo di droga sulla società. Nel 2015, un detenuto su quattro in Italia è stato condannato per uso di sostanze stupefacenti. Prima del febbraio 2014, quando cioè era in vigore la legge Fini-Giovanardi, poi cancellata della Consulta per incostituzionalità, un detenuto su tre entrava in prigione per uso o detenzione di droghe. «Il Libro bianco nasce proprio per denunciare questa situazione – ha spiegato Corleone -. Ma abbiamo scelto di proseguire con le pubblicazioni anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale perché la sostanza della nostra battaglia non cambia: la legge ritornata in vigore è la Iervolino-Vassalli del 1990, un’altra norma ideologicamente proibizionista, con importanti effetti sulle carceri, come confermano i dati». Massimo Brianese, presidente della Società della ragione, sottolinea il primato del capoluogo friulano in qualità di difensore dei diritti: «Da Udine è partita la campagna per la messa al bando della Fini-Giovanardi che però decadendo ha solo fatto venire meno gli aspetti peggiorativi della legge del 1990, ora è in vigore». Nel 2015, ben 12 mila 284 dei 45 mila 823 ingressi in carcere è stato causato da condanne che puniscono produzione, traffico e detenzione di droghe. Per di più, a tutt’oggi il dipartimento antidroga non ha ancora presentato i dati relativi ai reati per uso di droghe nel 2015 in Italia, pertanto il Libro bianco – scaricabile all’indirizzo www.societadellaragione.it e promosso dalla Società della ragione, Forum droghe, Antigone e dal Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) – è l’unica fonte per il 2015. «Questa edizione cade in un momento particolare – ha spiegato Corleone – perché l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha appena discusso di nuove politiche in materia di depenalizzazione, davanti a un cambiamento epocale negli Stati Uniti e in Sud America, dove avanza un’idea di flessibilità, con quattro stati che hanno legalizzato la marjuana e il governo canadese che ha annunciato un provvedimento simile entro il 2017». E il 25 luglio andrà alla Camera la proposta di legge Giacchetti sulle Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati. In questa fase la Regione Friuli Venezia Giulia chiede di depenalizzare l’uso della cannabis. «Questa esigenza è nata qui perché proprio qui si è consumata la vicenda del Rototom – ha ribadito la consigliera Pd Silvana Cremaschi -. La nostra speranza è che anche altre Regioni decidano di portare avanti le medesime istanze, anche perché in Consiglio sul tema della cannabis c’è stata un’adesione trasversale». Alla presentazione hanno partecipato anche il garante dei detenuti Maurizio Battistutta e il presidente dell’Aied Mario Puiatti.