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I miei articoli Le droghe

Processo alla legge antidroga

Franco Corleone presenta l’iniziativa a sostegno del Rototom a Udine per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 30 maggio 2012.

Domani al Tribunale di Tolmezzo si terrà la prima udienza del processo contro Filippo Giunta, presidente di Rototom e responsabile del Sunsplash, il festival reggae che dal Friuli si è trasferito in Spagna in seguito alla persecuzione giudiziaria.

L’accusa stravagante è di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti secondo l’art. 79 della legge sulle droghe e la pena per questo reato è la reclusione da tre a dieci anni; prima della modifica del 1996, la pena per le sostanze leggere era da uno a quattro anni; ora, secondo il pensiero di Giovanardi per cui “la droga è droga”, le pene sono state unificate e aumentate, almeno per la canapa.

Un cartello ampio di associazioni e movimenti ha voluto cogliere questa occasione per riflettere sulle conseguenze della lotta alla droga e sugli effetti che la legge in vigore produce sulla giustizia e sul carcere. L’appuntamento è per venerdì 1 giugno ad Udine (sala Aiace, 10-19).

L’intasamento dei tribunali e il sovraffollamento degli istituti penitenziari sono in gran parte dovuti proprio alle energie spese nella “lotta alla droga”, che si traduce nella lotta a chi usa la droga e ai pesci piccoli dello spaccio. Il risultato è la bulimia del carcere con il cinquanta per cento dei detenuti rappresentato da consumatori, piccoli spacciatori, tossicodipendenti.

Giuristi, politici e operatori contesteranno l’ispirazione culturale, l’impianto giuridico e l’applicazione pratica delle norme. Non sarà solo una denuncia: saranno illustrate alternative efficaci, praticabili e umane al fallimento della proibizione. Il giurista Luigi Saraceni, metterà in campo l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi. Peter Cohen, sociologo e studioso  delle droghe a livello internazionale concluderà la giornata con una riflessione sul carattere “magico” e non scientifico delle politiche antidroga: un esempio è la teoria, diffusa in questi anni in Italia, secondo cui la cannabis provocherebbe dei “buchi nel cervello”.

Per una felice eterogenesi dei fini, il processo a Rototom potrebbe fare scattare un cambio delle parti, trasformando gli accusati in accusatori. I giudici dovranno decidere se accettare l’impianto accusatorio sgangherato oppure respingere l’uso strumentale di una legge già di per sé troppo repressiva e punitiva. Il giudizio, che andrà seguito con estrema attenzione, udienza dopo udienza, potrà costituire la spinta per far rinascere un movimento per la riforma della legge.

Nel 1975, un giudice di Firenze arrestò la femminista Adele Faccio, il ginecologo Giorgio Conciani e il segretario radicale Gianfranco Spadaccia per avere aiutato tante donne ad abortire, incorrendo nel reato previsto dal Codice Rocco. Da quella vicenda giudiziaria partì una battaglia politica che portò all’approvazione della legge 194. Anche oggi il Parlamento e i partiti devono rispondere a una questione di prepotente urgenza. L’agenda della politica deve condividere la priorità di liberare i tossicodipendenti dalle catene del carcere e di interrompere una persecuzione di massa che criminalizza decine di migliaia di giovani ogni anno. Le storie di Stefano Cucchi e di Aldo Bianzino sono un monito tragico.

Possiamo sperare che da Tolmezzo parta una campagna vincente per il diritto, la cultura e la ragione? E’ tempo di responsabilità, di tutti e di ciascuno.

Le info sul convegno di Udine su www.fuoriluogo.it/rototom.

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I miei articoli Le carceri

Un’amnistia per i reati lievi sulle droghe

Sono convinto che non possiamo più continuare ad accettare che, di fronte alla tragedia quotidiana che vive il carcere, si persegua una gestione rassegnata e contrassegnata dal tratto della normale amministrazione, quando la situazione è davvero insostenibile e richiede un cambio di passo visibile, una discontinuità profonda. In occasione della Festa della Polizia Penitenziaria il Presidente Napolitano è tornato sul tema del sovraffollamento e ha chiesto a Parlamento e governo di superare la paralisi attraverso «nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali». Il Presidente del Senato Schifani annuncia un’altra sessione straordinaria sulle carceri. Quello della Camera Fini suggerisce la strada della depenalizzazione e la scelta di privilegiare l’adozione di misure alternative. Di fronte a queste intenzioni tocca a noi non lasciarle cadere e chiedere decisioni coerenti. Purtroppo la ministra Severino propone misure modeste come il disegno di legge sulle pene detentive non carcerarie e la messa alla prova e insiste con la scelta di un Piano carcere che prevede programmi di edilizia inutile e dannosa.
Ho avuto modo di esprimere al Csm, al Presidente della Repubblica, al ministro Riccardi, ai vertici del Dap che la ragione della bulimia carceraria è determinata dalla legge sulla droga, quella del 1990 aggravata dalla modifica ideologica e ancor più punitiva realizzata con un vulnus costituzionale nel 2006. È questa la legge che provoca il maggiore afflusso in carcere. Il 33% degli ingressi in carcere è relativo alla violazione dell’art. 73 (detenzione e spaccio); nel 2011 ben 22.677 consumatori e piccoli spacciatori sono stati colpiti e una alta percentuale è ristretta per fatti di lieve entità, come previsto dal quinto comma, ma con pene da uno a sei anni di carcere.
Occorre interrompere il flusso di entrata oltre che liberare dalle catene i tossicodipendenti, che rappresentano un’altra alta quota di vittime sull’altare della disumanità dell’ossessione securitaria. La proposta di legge dell’on. Cavallaro è lo strumento per affrontare efficacemente la questione. Al Senato lo stesso testo è stato presentato dai senatori Ferrante e Della Seta. Si prevede l’istituzione di un reato autonomo della detenzione di sostanze stupefacenti nella modalità della lieve entità, oggi configurata come semplice attenuante con una pena da sei mesi a tre anni che eviterebbe l’ingresso in carcere e la possibilità di misure alternative. L’iter potrebbe essere rapido se queste e le altre norme previste venissero inserite nel disegno di legge governativo già in discussione. Mi sento di proporre un provvedimento mirato, cioè una amnistia limitata ai fatti relativi al quinto comma dell’art. 73 del Dpr 309/90, che inciderebbe sulle presenze in carcere e sarebbe contestuale alla modifica della legge.
Ho aderito all’appello per l’introduzione del reato di tortura nel Codice Penale, la cui approvazione richiederebbe poco tempo da parte del Parlamento ma avrebbe un grande valore simbolico. Questa campagna, lanciata da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, si deve accompagnare alla ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura (Opcat). L’Italia ha firmato il Protollo nel 2003 ma non lo ha mai ratificato, contrariamente alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione Europea. L’Italia non ha quindi alcun rappresentante nell’organismo di Ginevra che prevede un potere ispettivo a livello globale. La firma del Protocollo obbligherebbe anche l’Italia a istituire la figura del garante nazionale dei diritti dei detenuti ed è una ragione in più per adempiere a un dovere colpevolmente disatteso. Mauro Palma ha scritto al ministro Terzi per sollecitare una decisione nel gennaio scorso, ma nulla si è mosso. Abbiamo chiesto al nuovo Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Giovanni Tamburino di scegliere come priorità l’applicazione del Regolamento del 2000 non solo per migliorare la vivibilità quotidiana nelle carceri ma per indicare la strada maestra della riforma. Attendiamo con fiducia l’istituzione di un Tavolo di confronto e di iniziativa che inizi dall’abbandono della via del cemento.
Che fare dunque? Che tipo di mobilitazione va inventata? Confesso di non avere una risposta certa. Per aiutarmi a pensare ho iniziato un digiuno, sperando che si formi una catena che veda impegnati garanti ed esponenti del volontariato. I prossimi giorni devono vederci impegnati a trovare forme originali di denuncia e di proposta. Forse occorre più fantasia, più spregiudicatezza, ma non si può stare fermi e muti neppure un minuto di più.

Da il Manifesto, 29 maggio 2012

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In Primo Piano Le carceri

Lettera aperta ai garanti, al volontariato, alle associazioni di impegno civile e sociale

Care amiche e cari amici, ho meditato a lungo e con insistenza. Alla fine mi sono convinto, senza incertezze, che non possiamo più continuare ad accettare che di fronte alla tragedia quotidiana che vive il carcere, si persegua una gestione rassegnata e contrassegnata dal tratto della normale amministrazione, quando la situazione è davvero insostenibile e richiede un cambio di passo visibile, una discontinuità profonda. Insomma il tempo è della riforma. Senza incertezze.

In occasione della Festa della Polizia Penitenziaria il Presidente Napolitano è tornato sul tema del sovraffollamento che quasi un anno fa aveva definito di “prepotente urgenza” e ha chiesto al Parlamento e al Governo di superare la paralisi che determina una condizione contro la Costituzione e la legge, attraverso “nuove e coraggiose soluzioni strutturali e gestionali”.

Il Presidente del Senato Schifani annuncia un’altra sessione straordinaria di Palazzo Madama sulle carceri.

Il Presidente della Camera Fini suggerisce la strada della depenalizzazione e la scelta di privilegiare l’adozione di misure alternative.

Di fronte a queste intenzioni tocca a noi, sì a noi, non lasciarle cadere e chiedere decisioni coerenti.

Purtroppo la ministra Severino propone misure modeste come il disegno di legge sulle pene detentive non carcerarie e la messa alla prova e insiste con la scelta di un Piano carcere che prevede programmi di edilizia inutile e dannosa. Carceri nuovi enormi dove non servono e padiglioni brutti e non funzionali,che ad esempio a Rebibbia stravolgerebbe l’opera dell’architetto Lenci.

Le idee non mancano.

1. Ho avuto modo di esprimere con chiarezza, magari ossessiva, al CSM, al Presidente della Repubblica, al ministro Riccardi, ai vertici del Dap che il nodo, il clou, la ragione della bulimia carceraria è determinata dalla legge sulla droga, quella del 1990 aggravata dalla modifica ideologica e ancor più punitiva realizzata con un vulnus costituzionale nel 2006.

E’ questa la legge che provoca il maggiore afflusso in carcere. Il 33% degli ingressi in carcere è relativo alla violazione dell’art. 73 (detenzione e spaccio); nel 2011 ben 22.677 consumatori e piccoli spacciatori sono stati colpiti e una alta percentuale è ristretta per fatti di lieve entità come previsto dal quinto comma ma con pene da uno a sei anni di carcere.

Occorre dunque interrompere il flusso di entrata oltre che liberare dalle catene i tossicodipendenti che rappresentano un’altra alta quota di vittime sull’altare della disumanità dell’ossessione securitaria.

La proposta di legge dell’on. Cavallaro (Atto Camera 4871 del 10.01.12) è lo strumento per affrontare efficacemente la questione. Al Senato lo stesso testo è stato presentato dai senatori Ferrante e Della Seta (Atto Senato 2798 del 28.06.11). Si prevede l’istituzione di un reato autonomo della detenzione di sostanze stupefacenti nella modalità della lieve entità oggi configurata come semplice attenuante con una pena da sei mesi a tre anni che eviterebbe l’ingresso in carcere e la possibilità di misure alternative. L’iter potrebbe essere rapido se queste e le altre norme previste venissero inserite nel disegno di legge governativo già in discussione (Atto Camera 5019).

Marco Pannella invoca da tempo un provvedimento di amnistia come risposta alla crisi della giustizia; le obiezioni contro un provvedimento liquidato sbrigativamente come una inaccettabile clemenza e la asserita assenza di volontà politica ampia (una maggioranza dei due terzi del Parlamento) devono far trovare comunque una risposta.

Mi sento di proporre un provvedimento mirato, cioè una amnistia limitata ai fatti relativi al quinto comma dell’art. 73 del Dpr 309/90 che inciderebbe sulle presenze in carcere e sarebbe contestuale alla modifica della legge.

2. Ho aderito all’Appello per l’introduzione del reato di tortura nel Codice Penale la cui approvazione richiederebbe poco tempo da parte del Parlamento ma avrebbe un grande valore simbolico rispettando la Costituzione e la Convenzione dell’Onu che l’Italia disattende da 25 anni e un senso pratico di ripulsa di una lunga teoria di violenze dello Stato sempre impunite. Questa campagna lanciata da Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, si deve accompagnare alla ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura (OPCAT). L’Italia ha firmato il Protollo nel 2003 ma non lo ha mai ratificato contrariamente alla quasi totalità dei Paesi dell’Unione Europea. L’Italia non ha quindi alcun rappresentante nell’Organismo di Ginevra che prevede un potere ispettivo a livello globale. La firma del Protocollo obbligherebbe anche l’Italia a istituire la figura del garante nazionale dei diritti dei detenuti ed è una ragione in più per adempiere a un dovere colpevolmente disatteso. Mauro Palma ha scritto al Ministro Terzi per sollecitare una decisione nel gennaio scorso ma nulla si è mosso.

3. Abbiamo chiesto al nuovo Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Tamburino di scegliere come priorità l’applicazione del Regolamento del 2000 non solo per migliorare la vivibilità quotidiana nelle carceri ma per indicare la strada maestra della Riforma; attendiamo con fiducia l’istituzione di un Tavolo di confronto e di iniziativa che inizi dall’abbandono della via del cemento.

 

Che fare dunque? Che tipo di mobilitazione va inventata? Confesso di non avere una risposta certa. Per aiutarmi a pensare da domani inizio un digiuno per alcuni giorni, sperando che si formi una catena che veda impegnati garanti e esponenti del volontariato e delle associazioni con l’obiettivo di mettere fine a una violenza silenziosa.

Non possiamo essere corresponsabili, neppure per omissione.

Le prossime ore e i prossimi giorni devono vederci impegnati a trovare forme originali di denuncia  e di proposta. Forse occorre più fantasia, più spregiudicatezza, ma non si può stare fermi e muti neppure un minuto di più.

Franco Corleone

 

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Agenda

“Carcere leggero”/Struttura pesante

“Carcere leggero”/Struttura pesante
Quale modello architettonico per la funzione costituzionale della pena

Napoli 17 maggio 2012
Università di Napoli “Federico II”
Facoltà di Architettura
Aula Mario Gioffredo
Palazzo Gravina
Via Monteoliveto 3
Napoli

Scarica l’invito in formato pdf: napoli.

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Agenda

La pena, il carcere e le città

Inarch Lazio
i lunedì dell’architettura

ore 20.00 | lunedì 14 maggio 2012
ACER – via di Villa Patrizi 11, Roma

La pena, il carcere e le città
Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie

LA VERTIGINOSA CRESCITA DELLE INCARCERAZIONI NELL’ULTIMO VENTENNIO HA FATTO ESPLODERE IL PROBLEMA DEL SOVRAFFOLLAMENTO PENITENZIARIO, E CON ESSO QUELLO DELLA QUALITÀ DELLA PENA NEL RISPETTO DELLA DIGNITÀ DELLA PERSONA DETENUTA. TRA TIMIDE RIFORME E OCCASIONALI PROVVEDIMENTI DEFLATTIVI, LA COSTRUZIONE DI NUOVE CARCERI E LA SATURAZIONE DI QUELLE ESISTENTI CONTINUANO A DOMINARE L’AGENDA POLITICA.

LA STRUTTURA ARCHITETTONICA, LA QUALITÀ EDILIZIA E LA COLLOCAZIONE URBANISTICA DEL PENITENZIARIO CORRISPONDONO ALLA SUA FUNZIONE E AL MODO DI INTERPRETARE LA PENA PRIVATIVA DELLA LIBERTÀ. CHI SI PROPONE DI RIFORMARE LA PENA NON PUÒ RINUNCIARE, QUINDI, A RIPENSARE LO SPAZIO PENITENZIARIO, ALMENO FINO A QUANDO IL CARCERE RESTERÀ DOMINANTE NELLE NOSTRE CULTURE E NELLE NOSTRE PRATICHE PUNITIVE.

Presentazione del libro
“Il corpo e lo spazio della pena. Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie”
a cura di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi. 2011 – EDIESSE – 13,00 Euro – ISBN 978-88-230-1601-9.

Carcere, città, cemento e bellezza.
Introduce
Franco Corleone
discutono
Luigi Pagano, Ruggiero Lenci, Angelo Sinesio

Il fine della pena.
Introduce
Stefano Anastasia
discutono
Edoardo Albinati e Luigi Manconi

Coordina
Luca Zevi

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Agenda

Degli affetti e delle pene

Tavola rotonda il 25 maggio 2012 alle ore 9,30 presso la Sala delle Feste, Palazzo Bastogi – via Cavour 18 – Firenze

Scarica l’invito: incontro_firenze.pdf.

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In Primo Piano Le carceri Rassegna Stampa

Garanti, appello a Napolitano

Mauro Palma scrive dell’incontro dei Garanti dei detenuti con il Presidente della Repubblica per la rubrica di Fuoriluogo sul Manifesto del 4 maggio 2012.

Non è frequente che un Capo di Stato riceva coloro che con continuità visitano i luoghi di detenzione per ricevere informazioni dirette sulle condizioni a cui sono soggetti coloro che vi sono ristretti, sulle loro connotazioni sociali, sulle possibili azioni da compiere per rendere la pena coerente con quell’idea di reinserimento sociale, molto spesso affermata e altrettanto spesso disattesa.
Non stupisce tuttavia che il Presidente Napolitano abbia incontrato i garanti delle persone private della libertà – quelli eletti su base regionale e il coordinatore di quelli cittadini, Franco Corleone – giacché più volte egli è intervenuto  su questo tema, dimostrando attenzione istituzionale e soprattutto considerando le condizioni carcerarie un parametro fondamentale della qualità della nostra democrazia.
Il 27 aprile scorso il Presidente, in un incontro cordiale e chiaro organizzato dalla garante della Campania Adriana Tocco, ha ricevuto una fotografia diretta di una situazione che permane molto grave e preoccupante.  Il primo punto evidenziato dai garanti è stato, infatti, il perpetrarsi di una situazione ben distante sia dalle previsioni costituzionali per quanto attiene la finalità della pena,sia  dagli obblighi internazionali a prevenire trattamenti e pene che contrastino con la dignità delle persone recluse e sia, infine, dalle stesse previsioni normative del nostro Paese: è emblematico il fatto che già la piena attuazione del Regolamento per il carcere – adottato dodici anni fa e restato sostanzialmente inapplicato – avrebbe effetti di radicale trasformazione della situazione esistente. E questa  è stata, quindi,  la prima necessità evidenziata: l’ immediata attuazione del regolamento quale soluzione a molti problemi di vivibilità.
I garanti erano accompagnati da chi scrive, quale membro italiano del Consiglio europeo per la cooperazione nell’esecuzione penale, e per molti anni presidente del comitato europeo per la prevenzione della tortura. Mio, quindi, è stato il compito di rappresentare al Presidente l’urgenza dell’istituzione di un’autorità indipendente che monitori la privazione della libertà; istituzione possibile attraverso la ratifica di un Protocollo Opzionale delle Nazioni Unite che l’Italia ha firmato e – contrariamente alla grande maggioranza degli altri Paesi europei – non ha mai ratificato.
A tutti è tuttavia noto – ed è stato importante ribadirlo nell’incontro – che, senza un incisivo intervento sul vasto fenomeno della carcerizzazione dei consumatori di droghe e dei tossicodipendenti, le discussioni sulla riduzione del ricorso al carcere rischiano diventare puramente accademiche. Il governo  in quest’ambito è stato inesistente e tale assenza rischia di vanificare le stesse azioni fin qui intraprese sul sovraffollamento. Occorre iniziare a corrodere il moloch delle attuali norme, cominciando almeno con l’aggredire quegli aspetti dell’attuale approccio punitivo alle droghe che determinano carcere – e molto – anche per situazioni e reati di lieve entità. Su questo i numeri delle presenze segnalano un’urgenza che non giustifica indecisioni e rinvii. Questa è la prima tra le altre molte necessità ribadite nell’incontro, di cui ormai tutte le autorità dello Stato, a cominciare dalla più alta, sono state rese edotte. Si resta fiduciosi, ma anche impazienti.

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Misure di sicurezza e Costituzione

Misure di sicurezza e Costituzione
L’Aquila 11-12 maggio 2012
Ridotto del Teatro Comunale
Piazza del Teatro

convegno promosso da:
Camera Penale de l’Acquila
Camera Penale di Sulmona
Unione Camere Penali Italiane – Osservatorio Carcere

Scarica il programma in formato pdf: .L’Aquila_11maggio