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Agenda Le carceri

Presentazione del libro di Ilaria Cucchi a Ferrara

Società della RagioneArci Ferrara
in collaborazione con: Fuoriluogo.it

Con il Patrocinio del Comune di Ferrara

Venerdì 3 dicembre, ore 21
Sala della Musica
Complesso di San Paolo
ingresso da Via Boccaleone 19
Ferrara
Presentazione del libro di Ilaria Cucchi e Giovanni Bianconi
Vorrei dirti che non eri solo
Storia di Stefano, mio fratello
“La lettera che avevamo tanto inseguito, e che solo per caso eravamo riusciti a recuperare, non spiegava quello che era successo. Ma in ogni caso era ed è la prova che mio fratello voleva continuare a vivere. Invece è morto. Forse pensando di essere stato abbandonato dalla sua famiglia, mentre semplicemente non ci lasciavano entrare. Vorrei potergli dire che non era solo. Hanno provato a farci credere che ‘s’è spento’ come fosse una cosa normale, perché s’era lasciato andare. Ma non è così. Mio fratello Stefano è morto per responsabilità di qualcun altro e io, Ilaria Cucchi, vorrei sapere di chi. E perché.”
Intervengono
Ilaria Cucchi, sorella di Stefano
Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi
Franco Corleone, Presidente Società della Ragione

Coordina Leonardo Fiorentini, fuoriluogo.it

Nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, Stefano Cucchi viene arrestato perché trovato in possesso di una modica quantità di stupefacenti. Esce da casa in normali condizioni di salute e i Carabinieri dicono ai familiari di stare tranquilli. Alle 12,30 del 22 ottobre 2009 la madre di Stefano viene a sapere che il figlio è morto perché le viene notificato il decreto con cui il Pubblico Ministero ne autorizza l’autopsia. Nei sei giorni intercorsi i genitori e la sorella Ilaria avevano insistito in tutti i modi per ricevere notizie e poterlo vedere, ma ogni loro richiesta era stata respinta. Il 17 giugno 2010 la Procura di Roma chiede il rinvio a giudizio per tredici persone, tra medici, infermieri e guardie carcerarie, in relazione alla morte di Stefano Cucchi. Il caso tragico di Stefano Cucchi è venuto alla luce e ha sconvolto l’Italia grazie al coraggio della sorella Ilaria e alla sua incrollabile determinazione a non rassegnarsi. Non rassegnarsi nonostante la ferita di un lutto così atroce e assurdo, nonostante il dubbio – spietato e umanamenteineludibile – che il fratello sia morto credendo diessere stato abbandonato da lei e dai genitori. In questo libro che non può non destare commozione e vero scandalo, Ilaria ripercorre con sofferta lucidità il crescendo di quei sei giorni in cui una colpevole, efferata indifferenza ha calpestato la sua famiglia, e anche dei giorni seguenti, in cui trovare un senso inafferrabile nellavicenda è parso l’unico modo possibile per sopravvivere e reagire. In parallelo Ilaria ricostruisce la vita di Stefano, senza paura di raccontare che periodicamente entrava e usciva dalla droga, senza tacerne il carattere difficile e le insicurezze. Ne dipinge una figura fragile e tormentata che però era più volte riuscita a risollevarsi, era sempre stata circondata dall’amore suo e dei genitori – una famiglia affettuosa, normale – e coltivava pure una passione, quella per la boxe. Nulla può giustificare una morte come quella di Stefano,nulla può giustificare la violenza subita dalla famiglia Cucchi. Vorrei dirti che non eri solo racconta questa storia allucinante del nostro tempo che si può solo sperare serva a prevenirne altre in futuro.Ilaria Cucchi, romana, è la sorella di Stefano Cucchi, il giovane deceduto il 22 ottobre 2009 all’ospedale Sandro Pertini di Roma, mentre si trovava in stato di arresto.

Ilaria Cucchi
Vorrei dirti che non eri solo
RIZZOLI
Pagine: 294
Prezzo: 16,00 euro
ISBN: 17040914

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I miei articoli In Primo Piano

La libertà di stampa in Cassazione

Articolo pubblicato da il Manifesto il 23 novembre 2010

Oggi, 23 novembre in Cassazione è in gioco il diritto all’informazione e il diritto alla ricerca della verità da parte di giornalisti, storici, politici e, in ultima analisi, cittadini rispettosi della Costituzione e amanti di una democrazia trasparente su vicende drammatiche che hanno insanguinato la nostra Repubblica.
Si tratta del caso che riguarda il giornalista Renzo Magosso condannato in primo grado a Monza e in Appello a Milano nella causa per diffamazione intentata contro di lui (e contro il direttore del giornale Umberto Brindani) dal generale Ruffino e dalla sorella del defunto generale Bonaventura per avere pubblicato sul settimanale “Gente” del 17 giugno 2004 una intervista a un sottufficiale dei carabinieri dell’epoca, Dario Covolo, che dichiarava di avere presentato sei mesi prima dell’omicidio del giornalista Walter Tobagi una nota informativa sulla progettazione di questa azione criminosa: l’accusa, estremamente grave è che i suoi superiori per superficialità, insipienza o per inconfessabili motivi la trascurarono e non fecero nulla per impedire l’attentato.
Mi auguro che quuesta vicenda non venga seppellita definitivamente: al contrario che venga riaperta doverosamente per rispetto della legge e per non dare ragione a chi vuole intimidire e ridurre al silenzio, con un metodo vile e addirittura teorizzato, quello dell’esosità di multe e risarcimenti, le voci coraggiose che non si rassegnano alla verità di comodo e alla implicita richiesta di salvaguardia di interessi di corpi, servizi e corporazioni.
Per una pura coincidenza inoltre la sentenza della Cassazione giunge quasi in concomitanza con la sentenza della Corte d’Appello di Brescia che dopo trentasei anni ha dichiarato che la strage di Piazza della Loggia non ha colpevoli: sempre una richiesta a rassegnarsi alla forza di un destino cieco e sordo.
Mi occupo della vicenda di Magosso dal 2003 quando fu pubblicato il libro “Le carte di Moro. Perchè Tobagi” da lui scritto insieme a Roberto Arlati e che fu oggetto di interrogazioni parlamentari.
Nel 2007 con alcuni articoli apparsi sul “Riformista” (10 luglio, 12 e 21 settembre) ho ricostruito con estrema puntualità la vicenda che successivamente si è arricchita di altri inquietanti sospetti da me registrati con due ulteriori articoli, il 31 ottobre e il 22 novembre 2009 sul “Manifesto” per le rivelazioni sulla morte di Manfredi De Stefano, uno dei componenti della Brigata XXVIII marzo responsabile dell’assassinio Tobagi, rivelazioni denunciate dalla figlia Benedetta nel suo volume che riporta incredibili affermazioni del giudice Caimmi all’epoca titolare dell’inchiesta.
Ma torniamo all’oggi. E’ evidente che non siamo di fronte a una banale causa di diffamazione ma a una questione cruciale di libertà di informazione e di diritto di sapere condizionata in questa occasione dal riemergere inquietante di un pezzo di storia ancora controverso del nostro Paese che qualcuno vorrebbe sepolto per sempre.
I giudici di Monza e di Milano si sono trincerati dietro il comodo paravento che il processo per l’omicidio Tobagi ha accertato la verità e che nuove rivelazioni non possono mettere in discussione il giudicato, anzi hanno in pratica sostenuto che la verità processuale impedirebbe una ulteriore ricerca storica. Secondo questi giudici, il giornalista Magosso non avrebbe dovuto pubblicare l’intervista di Dario Covolo (che durante il processo ha riconfermato senza alcun dubbio la fedeltà testuale delle frasi incriminate) o almeno ridimensionarla ricordando al lettore la sentenza e le deposizioni dell’infiltrato Rocco Ricciardi e dell’assassino Marco Barbone. Così sentenziando hanno trascurato nette pronunce delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione sulla non responsabilità del giornalista per le affermazioni dell’intervistato, sostenendo anche che il giornalista avrebbe dovuto intervistare il generale Ruffino per dargli modo di smentire la nuova versione dei fatti. Insomma i giudici hanno preteso di insegnare come si fa informazione e giornalismo cerchiobottista.
La sentenza di condanna di Magosso è profondamente sbagliata per quanto riguarda il diritto di cronaca che deve essere tutelato e garantito, ma è farisaica per il merito della questione che viene risolto accettando acriticamente le versioni ufficiali e non prendendo in considerazione innegabili fatti nuovi. Così non cogliendo anche l’opportunità di rimuovere troppi veli che ancora sembrano coprire la completa chiarificazione del caso Tobagi.
La Cassazione ha l’opportunità di correggere tutto ciò, riaffermando anche i sacri principi di libertà.

Franco Corleone

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In Primo Piano Le carceri Rassegna Stampa

Sollicciano. Una situazione surreale

Siamo di fronte a una situazione surreale. La riunione prevista da tempo con le associazioni di volontariato e la  Direzione del Carcere, è stata disertata dai responsabili dell’Amministrazione Penitenziaria.

Il Direttore di Sollicciano, dott. Oreste Cacurri è stato collocato in ferie  forzate per 45 giorni per il rispetto di circolari burocratiche, in un momento così grave per il carcere. E’ stato presente alla riunione il dott. Francesco Salemi, commissario responsabile della Polizia Penitenziaria, che però non aveva deleghe per assumere impegni sulle richieste contenute nel “piano” per il carcere, illustrato ieri in conferenza stampa e frutto di un lavoro collettivo di chi opera nel carcere per impegno civile.

Sono preoccupato che in un momento di così grave emergenza il carcere di Sollicciano sia decapitato per la mancanza di un direttore.

L’impegno mio e delle associazioni presenti è di avere comunque l’indicazione di chi è l’interlocutore da qui alla fine dell’anno.

Certo il 2011 si annuncia non certamente bene.

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Agenda

Architettura versus Edilizia

Società della Ragione
Antigone
Fondazione Michelucci
Forum Droghe

Architettura versus Edilizia
QUALI SPAZI PER LA PENA SECONDO LA COSTITUZIONE?

“Il carcere, magari nuove carceri, che eufemisticamente verranno chiamate in altro modo, si delinea come risposta prevalente ai problemi della nostra società. Non so se il carcere faccia più paura come oggetto o come concetto. Io li rifiuto in tutte e due le forme, come risposta sbagliata persino ai ‘terrori’ dell’opinione pubblica più sprovveduta che chiede ordine e tranquillità. Non ci potrà essere né ordine né tranquillità nei nuovi contenitori, magari rivestiti in marmo, che cominciano a farsi notare nelle nostre periferie, come non ci sarà mai sicurezza sufficiente per chi ha perduto qualsiasi rapporto con il proprio territorio”
Giovanni Michelucci

Roma, 2 e 3 dicembre 2010
Senato della Repubblica – Sala ex Hotel Bologna

Il Seminario intende concentrarsi sul senso della pena e i principi della Costituzione attraverso una analisi della corrispondenza tra forma e funzione.
La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario hanno una stretta relazione col modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali sociali ed economici. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare a ripensare la forma penitenziaria, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive. La tendenza dominante è “più carceri” rispetto all’ipotesi “meno carcere”. Così la rinnovata emergenza del sovraffollamento penitenziario ha spinto il Governo ad assumere la questione edilizia come strumento principe per farvi fronte, attraverso la predisposizione di un “Piano Carceri” finalizzato all’ampliamento della capacità ricettiva. La Società della Ragione che ha già organizzato l’anno scorso un incontro su
questi temi, propone invece la necessità di una grande riforma del carcere, proprio a partire dalla situazione di crisi individuando nuovi modelli di struttura, di vita e di inserimento sociale.
Troppo spesso il carcere si trasforma in un deposito di corpi con un conseguente trattamento inumano e degradante che sfiora la tortura: occorre far rivivere i principi della Riforma del 1975 e attuare il Regolamento del 2000.

Partecipano
Stefano Anastasia
Garante dei detenuti di Antigone e Ricercatore Università di Perugia
Sebastiano Ardita
Direttore generale Ufficio detenuti e trattamento DAP
Vittorio Borraccetti
già Procuratore della Repubblica di Venezia, membro del CSM
Cesare Burdese
Architetto
Guido Calvi
Avvocato, membro del Consiglio Superiore della Magistratura
Lucia Castellano
Direttore della Casa Circondariale di Milano Bollate
Franco Corleone
Presidente Società della Ragione, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze
Anna Finocchiaro
Presidente del Gruppo parlamentare del Partito Democratico al Senato
Patrizio Gonnella
Presidente dell’Associazione Antigone
Corrado Marcetti
Architetto, Direttore della Fondazione Michelucci
Sandro Margara
Presidente della Fondazione Michelucci
Francesco Maisto
Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna
Mauro Palma
Presidente del Comitato Prevenzione Tortura del Consiglio d’Europa
Sonia Paone
Sociologa urbana, Università di Pisa
Eligio Resta
Professore di Filosofia e Diritto Università Roma 3
Leonardo Scarcella
Architetto, Responsabile Tecnico del Ministero della Giustizia
Adriano Sofri
Scrittore
Maria Stagnitta
Associazione Insieme, Vice Presidente di Forum Droghe
Luca Zevi
Architetto
Grazia Zuffa
Psicologa, direttrice di Fuoriluogo

Scarica l’invito in formato pdf dal sito de La Società della Ragione.