Categorie
In Primo Piano Le carceri Rassegna Stampa

Sughere, situazione insostenibile

sughereSughere, situazione insostenibile
Ultimatum di Corleone: «Celle sovraffollate, docce inservibili, cucina fatiscente. Scenderemo in piazza»
Da Il Tirreno dell’8 febbraio 2018 di Matteo Scardigli
LIVORNO«La situazione nel carcere di Livorno è inaccettabile, e i problemi riscontrati già nella scorsa visita non hanno ancora trovato una soluzione». Il Garante regionale dei diritti dei detenuti, Franco Corleone, torna a visitare la casa circondariale delle Sughere e lancia un ultimatum al provveditore regionale Antonio Fullone: «Presenti un cronoprogramma dei lavori o faremo una manifestazione di lotta davanti al penitenziario subito dopo Pasqua».Invitato dal gruppo consigliare “Futuro!” all’Arci di via Terreni per fare il punto su una riforma dell’ordinamento che potrebbe migliorare le condizioni dei detenuti (ed evitare all’Italia ulteriori condanne con relative sanzioni), semplificando – tra le altre cose – il ricorso a pene alternative alla carcerazione, Corleone punta ancora il dito sulle criticità della struttura di Livorno: «Celle sovraffollate, mancanza di spazi per la socializzazione, una cucina fatiscente che l’Asl potrebbe dover chiudere, alloggi esterni per il personale degradati e un reparto docce inservibile. Cinque ferite insanabili per 238 ospiti, di cui 128 in alta sicurezza e gli altri in regime di media sicurezza». Una situazione che potrebbe non risolversi neanche in seguito all’eventuale approvazione dei decreti delegati, per i quali da oltre due settimane 7mila detenuti stanno facendo lo sciopero della fame coordinati dal partito Radicale. «Noi fuori dalle mura dobbiamo sentirci loro debitori, per ciò che ci stanno insegnando in quanto a dibattito politico e fiducia nelle istituzioni» sottolinea Andrea Raspanti, mentre l’ex-garante dei detenuti Marco Solimano invita a «mantenere alta l’attenzione per creare un contesto adeguato ad accogliere la riforma». E proprio perché questa non rimanga lettera morta Corleone vorrebbe «invitare Fullone in carcere ad un’assemblea aperta alle associazioni per spiegarne i contenuti», mentre il presidente della Camera Penale di Livorno, l’avvocato Marco Talini, spinge per «portare il consiglio comunale dentro Le Sughere per una seduta» e sfatare quella che l’avvocata Aurora Matteucci, responsabile del carcere presso la Camera Penale, definisce «una percezione negativa, alimentata e cavalcata, secondo la quale più carcere vuol dire più sicurezza». Obiettivo non facile da raggiungere, lo sa bene Giovanna Cepparello che al massimo è riuscita ad ottenere dalla Direttrice di poter organizzare una partita di calcio consiglieri-detenuti, ma che potrebbe ora essere alla portata di Futuro dopo la visita del sindaco Filippo Nogarin alla casa circondariale. E Raspanti coglie la palla al balzo: «È il momento propizio per spingere sulla chiusura della sezione ex-transito». Ma Solimano frena: «I 9 milioni di euro necessari per la riqualificazione dei due padiglioni sono stati svincolati, visto che il carcere a Lucca non si costruisce più. Ma nessuno sa dove sono finiti».
Categorie
I miei articoli In Primo Piano Le carceri

C’è un garante e c’è un sindaco a Livorno

Quando si realizza una buona idea, c’è sempre chi alza il dito per ammonire e rovinare la festa. E’ accaduto anche in occasione della decisione del sindaco di Livorno di rendere operativa l’istituzione della figura del Garante dei detenuti, deliberata dal Consiglio comunale, con la nomina di Marco Solimano, esponente dell’Arci impegnato da anni sui temi dell’esclusione sociale, delle droghe e dell’emarginazione. Il carcere di Livorno è un istituto difficile, che ha conosciuto episodi duri e che richiede un impegno straordinario proprio in questa stagione caratterizzata dai problemi che nascono dal sovraffollamento per riportarlo al rispetto delle regole della riforma penitenziaria. Scelta migliore il sindaco Cosimi non avrebbe potuto immaginare. La protesta dei garantisti a senso unico appare quasi un riflesso condizionato e non costituisce un problema. Suscita invece perplessità il fatto che su un quotidiano progressista, nelle pagine locali, si sia dato largo spazio a una stucchevole polemica sugli incarichi pubblici che sarebbero riservati ai protagonisti della tragica stagione della lotta armata. Ma è una contraddizione grave, per chi è impegnato nella difesa dei principi fondamentali della Costituzione, dimenticare che l’articolo 27 è un pilastro di una concezione della giustizia fondata sui valori dell’umanità e sul rifiuto della vendetta. Il monito per la messa al bando dei trattamenti inumani e degradanti, e l’affermazione delle pene finalizzate al reinserimento sociale del condannato, si richiama al diritto laico di Cesare Beccaria. Pensare che per certi reati il marchio dell’infamia non può mai essere rimosso rende l’omaggio alla Costituzione, se non strumentale, almeno formale e ipocrita. Questo rifiuto alla piena cittadinanza di chi non solo ha pagato per i propri errori ma, con la dissociazione, ha riconosciuto il valore dei principi della sacralità della vita e del ripudio della violenza, costituisce un tradimento della vittoria della democrazia. Al sindaco Cosimi, che ha confermato la sua decisione, esprimo incondizionata solidarietà.

Franco Corleone

Da Il Manifesto, 17 giugno 2010