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In Primo Piano Le carceri

Giustizia: “carcere inumano”, è pronta una denuncia per Ionta

Il Garante dei detenuti del comune di Firenze Franco Corleone annuncia un’iniziativa giudiziaria nei confronti del capo del Dap e del ministro della Giustizia per il “trattamento inumano e degradante” nelle carceri italiane e toscane. Il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze sta lavorando a una denuncia da presentare contro il Capo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria e, forse, contro il ministro della Giustizia Angelino Alfano. Lo ha reso noto lo stesso garante Franco Corleone in una conferenza stampa. “Un gruppo di avvocati – ha spiegato – sta lavorando per preparare una denuncia nei confronti del capo del Dap Franco Ionta e, forse, anche nei confronti del ministro della Giustizia Alfano per la violazione del regolamento del 2000 per l’esecuzione dell’ordinamento penitenziario”. Quello, ha precisato Corleone, è un documento (in 135 articoli) che avrebbe portato a una “grande riforma” del sistema carcerario ma “non viene applicato”. “Il Dap – ha aggiunto – ha sempre spiegato la mancata applicazione del regolamento con la scarsità di risorse, ma ora i fondi ci sono: in Finanziaria sono stati stanziati 500 milioni di euro per il piano carceri e altri 150 milioni sono stati presi dalla cassa ammende. Ora non ci sono più scuse: si vuole costruire nuove carceri o applicare il regolamento e investire per garantire servizi sanitari, docce, mense, riscaldamento?”. La denuncia si riferisce, naturalmente, alla situazione dell’area fiorentina. Corleone ha anche annunciato che il coordinamento dei Garanti sta predisponendo, a livello nazionale, un “modello di denuncia individuale, che potranno firmare i singoli detenuti, per la situazione degli spazi ridotti” e preannunciato iniziative di “disobbedienza civile”. Sulla situazione toscana, il Garante ha espresso grande preoccupazione per la paventata costruzione di un nuovo padiglione nel carcere fiorentino di Sollicciano che dovrebbe ospitare 200 detenuti e dovrebbe sorgere accanto al Giardino degli incontri, un’area verde dove i detenuti incontrano i familiari: “L’amministrazione penitenziaria vuole fare soltanto un accatastamento di corpi, un’ammucchiata di persone – ha detto il garante – Il nuovo padiglione avrebbe un impatto ambientale devastante, ridurrebbe la vivibilità del carcere ed eliminerebbe parte delle aree verdi. Sarebbe uno sfregio verso il Giardino degli incontri. Ci mobiliteremo per impedirne la realizzazione”. Franco Corleone è intervenuto anche sulla “vicenda paradossale del carcere di Empoli”, dimesso da oltre un anno e dove il 9 marzo era prevista l’apertura del primo istituto italiano interamente riservato alle detenute transessuali. “L’apertura non è avvenuta – ha concluso Corleone – non c’è stata nessuna spiegazione e le detenute che erano con i bagagli in mano per il trasferimento da Sollicciano, non conoscono il loro destino”. Il Garante ha infine chiesto alcuni impegni alla nuova amministrazione della Toscana: in primo luogo l’istituzione del garante regionale per i diritti dei detenuti e un piano per l’uscita dei tossicodipendenti dalle carceri.

Dall’Asca,  23 marzo 2010

La Fabbrica dell'Acqua di Ferrara

Su invito degli amici di Ferrara aderisco alla catena di blog a difesa del Laboratorio analisi acqua di Ferrara.

Ecco le istruzioni per sostenere questa battaglia:

  1. Scrivete un nuovo post sul vostro blog a sostegno dell’appello
  2. inserite come tag “laboratorio analisi acqua”
  3. Linkate la pagina dell’appello: http://www.forum.ferrara.it/acqua/in-difesa-del-laboratorio-analisi-acqua-di-pontelagoscuro/
  4. Linkate questo post con le istruzioni: http://www.forum.ferrara.it/acqua/2009/08/18/la-catena-per-la-fabbrica-dellacqua-di-ferrara/
  5. Copiate e incollate i blog e i siti che hanno aderito alla catena: fioreblog, il blog di Leonardo Fiorentini, Logos – il blog di Giuseppe Fornaro, Federazione dei Verdi di Ferrara, il blog di Franco Corleone, il blog di fuoriluogo.it.
  6. Inserite un commento a questo post indicando l’adesione del vostro blog e l’indirizzo web del post.
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Appello per una discussione seria sugli anni 70

Dopo le polemiche contro il film “La Prima linea”, che fanno seguito a tanti altri e sempre più frequenti episodi di attacchi mediatici tesi a imporre il silenzio e l’invisibilità nei confronti di ex condannati per fatti di lotta armata, pubblichiamo un appello, che tra i primi firmatari vede il sottoscritto, padre Camillo De Piaz e Patrizio Gonnella.
Ci pare preoccupante che il tono – spesso troppo alto e violento ? e i contenuti della discussione attorno agli anni 70 abbiano visto in questi anni un decadimento, oltre che un accanimento. La riflessione sulla lacerazione armata, sulle leggi d’emergenza, sullo Stato di diritto e sulla qualità della democrazia di venti anni fa era arrivata a un grado di maturità e profondità assai maggiore dell’attuale.
Allora forse, questo ennesimo caso, può diventare occasione non solo per dire basta, ma anche per costruire luoghi e prossime occasioni di un confronto e di una riflessione alta e rivolta in avanti. Ad esempio, immaginando e organizzando un grande convegno da tenersi nei prossimi mesi.

APPELLO. BASTA CON L’ACCANIMENTO. PER UNA DISCUSSIONE SERIA SUGLI ANNI 70

Raramente si è visto il caso di un film sottoposto a censura prima e durante la lavorazione. E, ovviamente, non si sa dopo. Sta capitando al film “La prima Linea”, tratto dal libro di Sergio Segio “Miccia corta”. Noi abbiamo letto quel libro: non è un racconto agiografico, è la ricostruzione sofferta di una storia politica, umana, d’amore, di morte. Drammaticamente autobiografica, fortemente autocritica. Da questo bel libro sta per essere tratto un film: il cinema racconta storie di persone o di gruppi, non la Storia, anche se può contribuire a rendere uno spaccato di momenti storici. Sono stati girati film su aspetti drammatici del passato lontano e recente del nostro Paese; sono stati girati film tratti dalle memorie autobiografiche di persone colpevoli di delitti, comuni o politici; sono stati girati film tratti da libri scritti da persone che hanno partecipato alle organizzazioni terroristiche degli anni Settanta.
Perché questo è il cinema, questa è l’arte, questo è il racconto di storie.
Mai nessuno, in precedenza, in Italia e all’estero (perlomeno in regime democratico), ha sottoposto a censura un film per il libro da cui è liberamente tratto, anche se molti criticano dei film, o dei libri, come dice la canzone di Rino Gaetano, senza prima vederli o leggerli.
L’ultimo censore preventivo, al momento, di “La prima linea” è il dottor Spataro, procuratore della Repubblica a Milano, che in un’intervista lanciata in prima pagina dal “Corriere della Sera” ha duramente criticato Segio e il finanziamento pubblico a un film tratto da un libro di “un terrorista non pentito”.
Noi non siamo d’accordo. In primo luogo perché il finanziamento a un film è valutato in base alle sue qualità artistiche, non alla personalità dell’autore da cui è liberamente tratto. In secondo luogo perché conferma la visione unilaterale, continuata nel tempo da parte del dottor Spataro, secondo cui le uniche persone che possono avere diritto di parola sono i collaboratori di giustizia, in quanto avrebbero permesso la sconfitta per via giudiziaria del terrorismo. Ma il terrorismo, a nostro giudizio, è stato sconfitto solo parzialmente dalla via giudiziaria, mentre è stato delegittimato alle radici da chi ha rivisitato criticamente, e in maniera collettiva, il proprio passato.
È significativo quanto scrisse al riguardo padre Davide Turoldo tanti anni fa, quando la memoria e le ferite erano più fresche e tuttavia la riflessione più seria e profonda: «Cosa dire di uno stato che fonda la sua sicurezza sulla delazione e non tiene in adeguato conto la dissociazione, che invece significa precisamente nuova coscienza e collaborazione a “capire”? Infatti, il pentito non dice perché lo ha fatto, dice solo chi c’era; invece il dissociato non dice chi c’era ma dice perché lo ha fatto. E questo è ancor più importante per uno stato che si rispetti. Naturalmente se vuol “capire” e trarne profitto, e magari cambiare» (“il manifesto”, 28 gennaio 1985).
Le possibili uscite dalle dinamiche della lotta armata sono state sostanzialmente tre: la prima è stata quella della collaborazione piena con i magistrati, definita normalmente come il fattore pentiti; la seconda è stata un movimento di rivisitazione critica comune del proprio passato, meglio conosciuta come dissociazione; la terza è stata una fuoriuscita attraverso l’utilizzazione personale degli strumenti messi a disposizione dalla legge Gozzini, meglio conosciuta come area del silenzio.
La prima e la terza hanno avuto connotazioni prettamente individuali; la seconda ha conosciuto invece un percorso collettivo.
Il movimento della dissociazione, di cui Segio è stato tra i principali esponenti, ha avuto quindi delle connotazioni collettive, quindi politiche. Non è stato solo un momento comune di revisione critica del passato, ha rappresentato anche un passaggio significativo per la riforma del carcere. La legge Gozzini, che ha aperto concretamente le porte delle prigioni alla possibilità riabilitativa, quindi di cambiamento reale, dei detenuti, è stata costruita con il contributo delle aree omogenee e delle sezioni penali delle carceri metropolitane.
La connotazione stessa del movimento della dissociazione ha portato molti dei suoi esponenti, prima dentro e poi fuori dal carcere, a svolgere lavori socialmente utili. Per impegno personale e a dimostrazione che il cambiamento è possibile. Come appunto hanno fatto anche Segio e Ronconi presso il Gruppo Abele di don Luigi Ciotti e in altre realtà del volontariato e dell’impegno sociale. Questa cosa, che in altri Stati a civiltà giuridica consolidata è stata apprezzata al punto che gli ex esponenti di movimenti armati hanno potuto inserirsi nella vita lavorativa, nelle attività sociali e anche in quelle politiche, in Italia si è trasformata in una colpa.
Gli ex terroristi non possono essere ex: sono e rimangono tali; non possono lavorare, soprattutto se lavorano bene, perché questa cosa a qualcuno può non piacere; soprattutto, non possono parlare: se a loro, anche una volta scontata la pena, si chiede qualcosa, devono solo stare zitti.
Noi non siamo d’accordo sull’ergastolo alla parola né sull’epurazione sociale e lavorativa. Che riguardi ex militanti della sinistra o della destra o ex detenuti per reati comuni. Ci pare contro la Costituzione ma pure contro il buon senso. E neanche siamo d’accordo sul linciaggio mediatico, come quello cui è stato di nuovo sottoposto Segio in questi giorni.
Non lo siamo perché sono persone che possono avere delle cose interessanti da dire sul presente, in relazione alle attività che svolgono; e non lo siamo perché sono persone che possono dare un contributo significativo nella ricostruzione delle loro scelte sbagliate negli anni Settanta. Ma non lo siamo soprattutto perché in Italia il diritto di parola finora non è mai stato negato a nessuno; e negarlo a loro significa arrecare un danno allo Stato di diritto.
Per questo non condividiamo le censure a priori e a posteriori; e non siamo d’accordo con chi, come il dottor Spataro, vorrebbe subordinare la libertà di parola alla collaborazione di giustizia. Ci pare poi paradossale che gli attacchi si rivolgano sempre contro Segio, dopo che questi ha scontato sino in fondo decenni di carcere, a differenza di coimputati per gli stessi fatti che, a parità di responsabilità ma grazie al “pentimento”, sono rimasti sostanzialmente impuniti, ed è stato comunque l’ultimo della sua organizzazione a uscire dal carcere.
Ridurre queste persone al silenzio e alla morte civile sarebbe un ritorno al diritto della Santa Inquisizione, non l’esercizio del diritto in uno Stato laico moderno. Sarebbe un modo preoccupante di soffocare ogni tensione alla riconciliazione in favore di una logica sterilmente vendicativa.

Per aderire, inviare una mail a: appelli@societadellaragione.it.

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I fiori per Eluana

20 febbraio 2009

I miei amici Grazia e Franco, che hanno casa a Paluzza, e hanno visitato il cimitero, hanno visto, fra i tanti, i fiori mandati dai “Detenuti dell’Alta Sicurezza del carcere di Sulmona”.

di Adriano Sofri

Adriano Sofri sul Folgio del 20 febbraio.

Diritti e Crisi, il 21 gennaio a Ferrara

3passiSono stato invitato, mercoledì 21 gennaio, a partecipare quale Presidente della Società della Ragione, ad un incontro promosso dai verdi ferraresi sui diritti in crisi, nell’ambito di un ciclo di appuntamenti sulla crisi economica in corso.

Ecco il programma del ciclo:

New Deal Verde: 3 passi per uscire dalla Crisi

Ciclo di incontri sulla crisi e le proposte ecologiste per uscirne promosso dalla Federazione dei Verdi di Ferrara e dai Gruppi Consiliari Verdi per La Pace  del Comune e della Provincia di Ferrara

Giovedì 15 gennaio 2009  ore 17
Economia domestica
Vincenzo Comito docente di Economia della Finanza – Università di Urbino, membro di Lunaria/Sbilanciamoci, autore del “Dizionario della crisi”
Paolo Mandini Direttore di TeleRadioCittà Modena
coordina Sergio Golinelli assessore Ambiente e Coop.ne Internazionale Provincia di Ferrara

Mercoledì 21 gennaio 2009, ore 17
Diritti in crisi
Franco Corleone
Presidente Società della Ragione, autore del saggio “Garantismo” in “Sinistra senza Sinistra” (Feltrinelli, 2008)
Daniele Lugli Difensore Civico Regione Emilia Romagna
coordina Leonardo Fiorentini Presidente Circoscrizione Centro Cittadino Comune di Ferrara

Mercoledì 28 gennaio 2009, ore 17
Mangiare Meno, Mangiare Sano, Mangiare Tutti

Loredana de Petris Responsabile nazionale Agricoltura dei Verdi
Giovanni B. Panatta medico nutrizionista di popolazione, esperto FAO, OMS e Commissione Comunità Europea
Davide Nardini Assessore Agricoltura, VicePresidente Provincia di Ferrara
Mauro Tonello Presidente Coldiretti Emilia Romagna
Paolo Montori Presidente Associazione “Fattorie Estensi”
coordina Maurizio Andreotti Agronomo

Gli incontri si terranno presso la Sala dell’Arengo, P.tta Municipale 2 a Ferrara

Le carceri verso il collasso

‘Tra qualche mese assisteremo allo scoppio delle carceri. E’ una previsione facile, il numero di detenuti e’ ormai superiore a 56 mila unita’, con una media di ingresso di mille ogni mese. A breve saremo quindi oltre il numero presente prima dell’indulto che era 62 mila e al momento in cui si arrivera’ a queste cifre il livello di invivibilita’ sara’ terribile e quindi anche la gestione delle carceri non facile’. Lo ha detto il garante dei detenuti di Firenze Franco Corleone a margine della presentazione di 4 progetti dedicati ai detenuti in Palazzo Vecchio. Secondo Corleone ‘la mancanza di una politica di riforma ha innescato una bomba a orologeria. Quando scoppiera’ non lo so ma e’ una responsabilita’ grande quella di non aver approfittato dell’occasione irripetibile dell’indulto per fare una riforma del codice penale, delle leggi criminogene che riempiono le carceri come quella sulle droghe, sulla recidiva e sull’immigrazione’. Corleone ha poi spiegato che ‘qualcuno ha giocato a criminalizzare l’indulto invece di approfittarne per riammodernare le carceri e per una riforma legislativa perche’ le carceri non si riempissero piu”.