Cocaina. Consumo, psicopatologia, trattamento

Vi segnalo questa recensione di Paolo Crocchiolo del libro Cocaina. Consumo, psicopatologia, trattamento a cura di Paolo Rigliano e Emanuele Bignamini, Raffaello Cortina Editore, 2009.

Ricerche effettuate per conto dell’OMS già durante gli anni ’80 avevano dimostrato come il consumo di cocaina di per sé presentasse un basissimo profilo di rischio sia in termini di morbilità che di mortalità, sempre che il setting, ovvero il contesto in cui esso si collocava, fosse quello delle classi agiate.
Peraltro, a partire dagli anni ’90, si è assistito ad una rapida popolarizzazione del consumo che, da elitario che era, ha cominciato a diffondersi in misura sempre più massiccia a quegli strati sociali che in precedenza si rivolgevano prevalentemente all’eroina.
Il pregevole volume di Rigliano e Bignamini prende le mosse proprio da questo fenomeno, ed in particolare dalle sue motivazioni psicosociali (il ciclico alternarsi, anche a livello di cultura di massa, di fasi tendenzialmente depressive ad altre maniacali, contrassegnate dal passaggio dall’ideologia della crisi a quella edonistica della soddisfazione dei desideri anche più estremi e a quello che, molto efficacemente, Rigliano chiama il dogma della giovanilità obbligatoria), motivazioni che affondano le loro radici nella mutata temperie politico-economica degli ultimi due decenni.
I nove capitoli in cui si articola il libro, ricchi di riferimenti crociati che li armonizzano in un giuoco di reciproca interdipendenza, offrono nel loro insieme un panorama nitido e del tutto esauriente delle complesse problematiche legate all’uso della cocaina, i cui vari aspetti sono peraltro analizzati in dettaglio, capitolo per capitolo, nelle loro molteplici sfaccettature.
Particolarmente interessante risulta, nei capitoli 2 e 3, l’aggiornamento, riccamente documentato, sulle implicazioni neurobiologiche del consumo di cocaina alla luce delle più recenti scoperte nell’ambito delle neuroscienze. E’ sulla base di queste ultime, infatti, che oggi è possibile delineare con maggiore chiarezza le differenze e le analogie rilevabili rispetto all’uso delle altre sostanze psicotrope.
L’approccio dei capitoli successivi, dedicati alle problematiche diagnostiche (in particolare a quelle della cosiddetta doppia diagnosi), nonché alle strategie terapeutiche conseguenti, si colloca coerentemente nella scia della lettura in chiave sociologica del cocainismo, ampiamente illustrata nei primi capitoli del libro. È proprio tale background culturale e psicosociale, infatti, che costituisce il principale fattore in grado di condizionare, distorcendola, la percezione del fenomeno e quindi di determinare in larga misura la patogenicità del consumo della sostanza, da cui l’attenzione prioritaria da dedicare al lavoro psicologico sul paziente.
Il testo si conclude con un capitolo dedicato all’assunzione di cocaina associata a quella di altre sostanze psicotrope, e in primo luogo agli alcolici, la cui interazione risulta invariabilmente legata a gravi danni al consumatore, oltre che alla collettività nel suo insieme; il che offre lo spunto agli autori per proporre modelli avanzati di gestione di trattamento, soprattutto in un contesto come quello odierno in cui la pericolosità del fenomeno appare largamente sottovalutata.

Città malata

Questo articolo è stato pubblicato il 2 febbraio 2009 dal Mattino di Padova con il titolo “Sindaci prefetti in sedicesimo.

Altro che maionese impazzita! E’ la politica che è uscita di senno e pare senza speranza perché, nella rincorsa ai sondaggi, alimenta il senso comune più becero e coltiva il disprezzo per la cultura e la conoscenza. A destra e a sinistra, i politici rinunciano non dico a cimentarsi in un ruolo di egemonia, ma neppure di riflessione pedagogica sulla  realtà.
E’ il caso del sindaco Zanonato, che, invece di contestare i contenuti del pacchetto sicurezza dell’estate 2008, si vanta di darne applicazione piena a modo suo. L’attribuzione al Sindaco di poteri di ordinanza in materia di sicurezza urbana segna uno stravolgimento di compiti e competenze costituzionali con il rischio di una applicazione di norme pseudo-penali a macchia di leopardo e con un diritto su base territoriale.
Così i sindaci si appassionano a mimare ridicolmente i prefetti in sedicesimo. Dalla contestazione di una figura tipica del centralismo napoleonico che Garibaldi definiva “una carica inutile e nociva” e che Luigi Einaudi  stigmatizzava al grido “Via il prefetto!” (per non parlare di Bobo Maroni che ancora nel 2006 presentava emendamenti alla Finanziaria per la sua abolizione), si è passati alla loro proliferazione a rimorchio dell’ossessione securitaria.
L’esuberante Zanonato imita le scelte di Letizia Moratti, patron di San Patrignano più che sindaco di Milano, senza porsi il problema di un confronto sulla legge Fini-Giovanardi sulle droghe, una fra le più repressive d’Europa. Invece di far tesoro del caso della Svizzera che avviò oltre dieci anni fa la riduzione del danno dopo che era fallita la via della pura repressione sui tossicodipendenti che consumavano per strada, il nostro sindaco scopre il “pugno duro” con venti anni di ritardo. La contravvenzione amministrativa di 500 euro per chi usa o consuma all’aperto sostanze stupefacenti si somma alle sanzioni amministrative previste dall’art. 75 (sospensione patente, passaporto, ecc.) e dall’art. 75 bis (obbligo di presentarsi due volte la settimana alla polizia, divieto di allontanarsi dal comune di residenza, divieto di frequentare determinati locali pubblici, ecc.).
Lo sa, il buon Zanonato, che dal 1991 al 2006 sono state segnalate ai prefetti 516.427 persone (nel 74% dei casi giovani consumatori di cannabis)? Il Rapporto del Ministero dell’Interno da cui traggo questi dati indica una sorta di persecuzione di massa e di criminalizzazione dei giovani che dovrebbe spingere a un cambiamento della legge , non a un incremento di sanzioni caserecce!
Ci si aspetterebbe una iniziativa politica per abrogare la legge Fini-Giovanardi che ha equiparato tutte le sostanze prevedendo per lo spaccio pene da sei a venti anni di carcere; la stessa pena è prevista per chi detenga una piccola quantità di marijuana superiore a quanto stabilito dalla tabella ministeriale in quanto valutato come spaccio presunto.
Anche la previsione di una pena da uno a sei anni per i fatti di lieve entità è ormai resa inefficace dalla legge Cirielli sulla recidiva: così le condanne per detenzione anche di un solo grammo di eroina, cocaina o canapa si aggirano ormai sui quattro o cinque anni di carcere. Così si spiega il motivo del sovraffollamento carcerario che per la metà è dovuto proprio alla legge sulle droghe, con buona pace di Giovanardi che continua a negare questi effetti drammatici del provvedimento da lui voluto. E se perfino  Giovanardi si dice perplesso sulle sanzioni dei vigili, è davvero segno che Zanonato ha voluto strafare.
E poi lasci stare lo “scambio” delle cure al Sert al posto dei soldi: è un ricatto terapeutico che offende medici e pazienti.

Franco Corleone