La morte di Carlo Maria Martini unisce nel dolore credenti e non credenti.
Martini è stato il cardinale di Milano: un grande cardinale che ha fatto del dialogo con la città la cifra di una pratica costante.
Molti ricordano oggi la sua figura di gesuita, di studioso della Bibbia, di protagonista del dibattito nella Chiesa su posizioni di apertura culturale che sarebbe riduttivo definire progressiste.
Io amo ricordare la sua attenzione al mondo del carcere e il suo rapporto con San Vittore, il carcere della città, la sua strenua difesa della legge Gozzini quando fu travolta dalla logica emergenziale agli inizi degli anni novanta.
Pochi ricordano che il cardinale Martini fu interlocutore sensibile di alcuni protagonisti della lotta armata che scelsero l’Arcivescovado come luogo per consegnare le proprie armi.
Nel suo acuto volume sulla Giustizia il cardinale Martini affrontò il nodo del senso della pena e del significato delle misure alternative con profondità e originalità di pensiero. Parole davvero degne di un nuovo Beccaria!
Spero davvero che lunedì nel momento dei funerali di Martini nelle carceri italiane si ricordi con amicizia e gratitudine la sua figura.
Nonostante la malattia continuava ad essere presente nelle coscienze più sensibili e l’ultima sua lezione è stata la scelta di una morte umana e religiosa.
Sarebbe stato un grande Papa, capace di immaginare un nuovo Concilio.
Peccato.