Il garante regionale per i detenuti dopo la visita al penitenziario: “Le poche ristrutturazioni fatte mostrano i limiti dell’amministrazione penitenziaria” Firenze – “Secondo il direttore, per rendere vivibile il carcere Don Bosco di Pisa servirebbero 60 interventi di ristrutturazione o manutenzione. Da quello che ho visto stamani, il più urgente sarebbe senza dubbio quello della cucina, che presenta una situazione drammatica”. Lo ha dichiarato il garante dei detenuti della regione Toscana, Franco Corleone, a conclusione della visita nel penitenziario di Pisa, che ha compiuto insieme con il locale garante dei detenuti. “Le prescrizioni dell’Asl”, ha aggiunto, “sono puntuali, ma secondo la direzione gli interventi sull’esistente non risolverebbero i problemi, per cui sarebbe necessario smantellare l’attuale cucina e realizzarne una nuova in altri locali”. La questione della mancanza di risorse e anche la questione di un loro non corretto utilizzo torna più volte nelle parole di Corleone. “Il Don Bosco è un carcere sul quale, pur non essendo vecchissimo, pesa fortemente l’inadeguatezza delle strutture”, ha detto. “La sezione femminile, ad esempio, che ospita 11 detenute su una capienza massima di 13, hariaperto da poco dopo alcuni lavori di ristrutturazione per eliminare problemi idraulici. Ebbene, si sono mantenuti i serviziigienici aperti”, senza alcun rispetto della privacy. Aggiunge Corleone: “È l’emblema di un’amministrazione che non ha le idee chiare, che quando spende i pochi soldi a disposizione lo fa per interventi che alla fine non rispondono alle indicazioni dei regolamenti”. Un altro esempio “di uso discutibile delle risorse” è rappresentato “dall’edificio Gs1, che doveva diventare il centro clinico nazionale per i detenuti sottoposti al regime del 41bis”. L’impresa, ha spiegato il garante, “ha abbandonato i lavori per mancati pagamenti e ora ci sono ovunque materiali di risulta abbandonati e arbusti che d’estate possono rappresentare un pericolo di incendio o un rifugio per i ratti. Non so quanto sia costato questo intervento, ma adesso ci ritroviamo con una cattedrale nel deserto. Anche questo dà la misura di un’amministrazione penitenziaria cieca e irresponsabile nella chiarezza degli obiettivi e nella gestione del denaro pubblico”. Svolti solo per metà anche i lavori al centro clinico del carcere, “dove oltretutto la presenza della dirigente sanitaria è ridotta perché è oberata di incarichi”. La struttura di Pisa, ha ricordato Corleone, ospita 235 persone rispetto alla capienza massima di 216. Il30 per cento dei detenuti ha una condanna per reati di droga connessi alla legge Fini-Giovanardi. “Dovremo però approndire”, ha aggiunto, “per capire se a loro carico gravino condanne per altri tipi di reato. Comunque, anche qui come ieri a Lucca, è emerso il problema del mancato inserimento presso le comunità terapeutiche dei detenuti per reati di droga. È un problema, questo, che richiede una soluzione”. Il polo universitario, che può accogliere 16 detenuti, è frequentato soltanto da 6 o 7 persone. “È una situazione del tutto simile a quella di Prato e su questo punto serve avviare una riflessione particolare per rilanciare queste strutture”. Corleone ha ricordato che è partito il progetto per la raccolta differenziata dei rifiuti e che sono attivi, a rotazione, 40 posti per lavori domestici interni al carcere e che solo 2 o 3 persone hanno un’occupazione fuori dal penitenziario; i semiliberi sono 16, le telefonate sono con le schede “e quindi le comunicazioni sono libere” e ci sono 5 animatori, “anche se ne servirebbero di più. Ma al solito, mancano risorse. Per nuovi animatori, che magari dovrebbero essere dei Comuni e non dell’amministrazione penitenziaria, e anche per i direttori. Il carcere di Pisa, ad esempio, non ha un vicedirettore ed è un grande limite per un carcere complesso come questo”. Corleone ha aggiunto “la grande preoccupazione” per la sicurezza rispetto alle condizioni di vivibilità. “Dall’esterno, ad esempio, non possono essere introdotti né tabacchi né trucchi. Capisco che possano esserci stati episodi di introduzione in carcere di sostanze vietate, ma questo clima di soli divieti toglie libertà e, soprattutto, non responsabilizza i detenuti”. Infine, il garante ha auspicato che rientri in funzione a pieno regime la biblioteca della sezione femminile. In questa stessa sezione, inoltre, “la cucina potrebbe essere utilizzata per fare corsi o impiantare attività per fare produzioni da vendere all’esterno. Sarebbe utile, anche perché molte detenute, in prospettiva dell’uscita, devono saper affrontare al meglio i problemi di affidamento o della sospensione di affidamento dei figli. Emerge, insomma, “un limite nell’affrontare la questione degli affetti delle persone recluse”, a significare che “per molti reati sarebbero utili altre misure di pena”.
Dall’Adnkronos del 20 febbraio 2015