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Carcere, Napolitano vive e lotta con noi

corleone-napolitanoGiorgio Napolitano è noto per l’estrema prudenza che lo contraddistingue nelle scelte politiche e anche nei nove anni di presidenza della repubblica ha esercitato in molte (troppe secondo i critici) occasioni questa virtù che gli deriva da una cultura politica costruita sul senso di responsabilità.

In rare occasioni ha rotto questo incantesimo e ha scelto un piglio radicale. Se non, come ha ricordato Stefano Anastasia su queste pagine (il manifesto, 7 gennaio 2015), sulla questione delle carceri e sul tema dell’Ospedale psichiatrico giudiziario.

Vale la pena ricordare le sue parole pronunciate il 28 luglio 2011 in un convegno del Partito Radicale: quella carceraria è “una questione di prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile” che ha raggiunto “un punto critico insostenibile”, “una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana – fino all’impulso a togliersi la vita – di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo, per non parlare dell’estremo orrore dei residui psichiatrici giudiziari, inconcepibile in qualsiasi paese appena appena civile”. Ribadiva la sua denuncia sottolineando “l’abisso che separa la realtà carceraria di oggi dal dettato costituzionale sulla funzione rieducatrice della pena e sui diritti e la dignità della persona. E’ una realtà non giustificabile in nome della sicurezza, che ne viene più insidiata che garantita”.

Quel documento costituì la spinta per una lettera aperta al Presidente della Repubblica, primo firmatario il prof. Andrea Pugiotto, in cui si chiedeva l’invio di un Messaggio alle Camere. Fu sottoscritta da 139 giuristi e da alcuni Garanti dei diritti dei detenuti e indirizzata al Quirinale il 3 luglio 2012. Finalmente l’8 ottobre 2013 l’appello fu raccolto. Una scelta meditata e sofferta, tenendo conto che è stata l’unica volta che è stato utilizzato l’art. 87 della Costituzione per sollecitare una assunzione di responsabilità da parte del Parlamento.

La delusione per l’inadeguatezza della politica rispetto agli obiettivi di riforma della giustizia è sconfinata. Patrizio Gonnella, Luigi Manconi e chi scrive hanno inutilmente lanciato un appello per consentire al presidente Napolitano come ultimo atto del suo mandato la nomina del Garante nazionale dei diritti dei detenuti. Così non è stato, purtroppo.

Ma ora il timore è che la scelta del nuovo Presidente non sia all’altezza della crisi dello stato di diritto; una condizione che è resa drammaticamente emblematica anche dal fatto che migliaia di detenuti condannati dalle norme della legge incostituzionale Fini-Giovanardi stanno scontando una pena illegittima.

E’ davvero inquietante che si avanzi la candidatura di Paola Severino che da Ministro della Giustizia in Senato durante la discussione della legge anticorruzione non si peritò di tessere l’elogio di Alfredo Rocco, autore del codice del regime fascista, architrave dello stato etico. E’ ancora più grave un ministro della Repubblica ignori che Rocco concepì il regolamento carcerario del 1931 funzionale alla concezione della pena della dittatura. Questa presa di posizione allucinante non suscitò scandalo e sdegno per distrazione o non consapevolezza dei valori della Costituzione.

C’è bisogno che l’attenzione di Napolitano al carcere diventi una tradizione istituzionale della Presidenza della Repubblica. C’è bisogno di una personalità che non firmi leggi incostituzionali, che sia garantista e abbia come faro i diritti e la dignità dei cittadini, tutti, anche quelli privati della libertà. Esiste? Forse più di uno, a me non dispiacerebbe un ex presidente della Consulta che, addirittura, fuma la pipa come Pertini.

Franco Corleone per la rubrica settimanale di Fuoriluogo su il Manifesto del 21 gennaio 2015

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Rassegna Stampa

«Oggi riabiliterò il Rototom in tribunale»

Oggi in tribunale si potrebbe riaprire un nuovo capitolo della saga del Rototom Sunsplash. Quello della piena “riabilitazione” del festival reggae più famoso d’Europa, con radici spilimberghesi, emigrato prima a Osoppo e poi nel 2010 in Spagna. È quanto preannuncia l’ex parlamentare Franco Corleone, presidente dell’associazione “La società della ragione” e coordinatore nazionale dei garanti dei detenuti. Corleone sarà sentito oggi dianzi al giudice monocratico di Udine come teste della difesa nel processo relativo al Rototm Sunsplash che vede imputato Filippo Giunta, assistito dagli avvocato Alessandfro Gamberini e Simona Filippi. L’accusa, per il responsabile del festival, è agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti. L’udienza porta nuovamente alla ribalta delle cronache il dibattito sui controlli delle forze dell’ordine al Parco del Rivellino, giudicati da alcuni eccessivi e, dall’altro versante, sul consumo di droga nei giorni del festival, che era capace di richiamare al parco del Rivellino centinaia di migliaia di persone dall’intera Europa e anche da altri continenti. «Dirò chiaramente, in Tribunale, che il Rototom – afferma Corleone – era un evento di cultura internazionale, un patrimonio ingiustamente criminalizzato, la cui perdita ha causato danni incalcolabili a Osoppo e a questa regione. Per me il Friuli è libertà di pensiero, è la terra di Pier Paolo Pasolini, Loris Fortuna, Beppino Englaro. Ma, evidentemente, esiste anche un Friuli retrogrado». A malincuore l’organizzazione del festival era stata costretta a emigrare su suolo iberico nel 2010, motivando la scelta anche con “l’accanimento di sorveglianza”. A Benicàssin il Rototom è stato accolto trionfalmente e ha registrato un nuovo record di affluenza, toccando il picco di 230 mila presenze. Nel 2012 l’organizzatore Giunta è finito a processo. Intanto il parco del Rivellino è diventato terreno di pascolo per le mucche. Corleone rimarca il vuoto lasciato dal Rototom, che si era «trasformato in un evento che ospitata intellettuali di rilievo internazionale, i quali arricchivano l’esperienza di socializzazione di centinaia di migliaia di giovani da tutto il mondo. Il parco di Osoppo era diventato un luogo simbolo di fraternità, pacifismo e libertà di espressione». L’ex parlamentare si ripromette, inoltre, di spiegare che «il Rototom non era un luogo di spaccio» e che «gli organizzatori non agevolavano il consumo di sostanze stupefacenti. La legge Fini-Giovanardi ha avuto l’effetto di sovraffolare le carceri e in un contesto di legislazione repressiva si è arrivati a indagare chi, invece, i festival li organizzava». Con la bocciatura della Fini-Giovanardi, secondo Corleone il caso che vede coinvolto Giunta «si ridimensiona dal punto di vista giudiziario per quanto riguarda le previsioni di pena, ma è giusto che venga assolto pienamente»

Il Messaggero Veneto del 13 gennaio 2015

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Agenda

Recluse a Udine

Recluse. Lo sguardo della differenza femminile sul carcereCentro culturale e di accoglienza “E. Balducci”
Conferenza Volontariato Giustizia del Friuli Venezia Giulia
Associazione “la Società della ragione ONLUS”

martedì 13 gennaio 2015
Ore 20.30 

Centro culturale e di accoglienza “E. Balducci”
Piazza della Chiesa 1, 33050 Zugliano

Presentazione dei libri:
“Recluse Lo sguardo della differenza femminile sul carcere”
di Susanna Ronconi e Grazia Zuffa
“Ponti di parole quindici anni di scrittura dal carcere di Udine”
dell’Associazione “Icaro”
Saluti e introduzione
Pierluigi Di Piazza Responsabile Centro culturale e di accoglienza “E. Balducci”
Presentano i volumi
Maurizio Battistutta Garante dei detenuti di Udine e componente dell’Associazione “Icaro”
Silvana Cremaschi consigliera regionale
Interviene rispondendo agli interrogativi e illustra lo sguardo della
differenza femminile sul carcere
Grazia Zuffa psicologa e psicoterapeuta nel campo delle dipendenze, co-autrice di Recluse.
Conclusioni
Franco Corleone Garante dei diritti dei detenuti della regione Toscana

Dialogo con i partecipanti

Momento conviviale

I libri…

“Recluse Lo sguardo della differenza femminile sul carcere”

Le donne sono una percentuale minoritaria dell’intera popolazione detenuta italiana, appena il 4%. Questa loro scarsa presenza, si traduce spesso in irrilevanza, e porta con sé un’omologazione all’immagine della detenzione maschile che cancella ogni differenza di genere e ogni analisi che la includa. Il libro, nato da una ricerca qualitativa condotta nelle carceri di Sollicciano, Empoli e Pisa, indaga la soggettività delle donne detenute dando ad esse voce, senza assecondare visioni «patologizzanti» del reato al femminile né facili stereotipi sulla loro «debolezza». Emerge un orizzonte di riforma possibile: abbandonare l’idea di pena come “minorazione” della persona e mortificazione delle sue risorse, per riconoscere alle autrici e agli autori di reato soggettività e diritti, su cui misurare le proprie e le altrui responsabilità. “La pena ingiusta è la pena insensata”.

“Ponti di parole quindici anni di scrittura dal carcere di Udine”

Quindici anni che raccontano i vissuti della pena detentiva nella Casa circondariale di Udine. Speranze, dolori, sogni, ingiustizie, aspettative, disincanti, affetti, delusioni, ricerche… in un tempo “ristretto” che non passa mai. Cosa c’è dietro a queste donne e a questi uomini che ci chiedono il senso della pena carceraria? Con racconti, esperienze, riflessioni, poesie e disegni si è tentato di comunicare all’esterno la presenza di donne e uomini reclusi pressoché dimenticati dietro le mura dell’Istituto; persone ricordate solo dai familiari, dai parenti e dai volontari, citate sporadicamente dai media locali esclusivamente per fare “notizia”. Non certo per dare informazioni sulle loro condizioni detentive, sul senso della pena, sulle possibili alternative alla stessa, su una auspicabile giustizia “riparativa” nei confronti delle vittime dei reati o della società nel suo complesso.