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Droga, carcere, reato di tortura. Le associazioni incontrano i candidati a Torino

carcere-campagna-farfallaGiovedì 14 febbraio 2013 – ore 10,30
Torino – Fabbrica delle “E”, corso Trapani, 91/b

“Droga, carcere, reato di tortura. Le associazioni incontrano i candidati della Circoscrizione Piemonte 1”

Droga, carcere, reato di tortura. Tre proposte di iniziative popolare con cui si dovrà confrontare il prossimo Governo.
Le ha depositate alcuni giorni fa in Cassazione un cartello di associazioni tra cui anche il CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza)
di cui il Gruppo Abele fa parte. 

Carcere, diritti e giustizia sono temi da mettere in agenda. Come intendono affrontarli i candidati alle prossime elezioni? Di questo si parlerà, a partire dalla recente sentenza della Corte di Cassazione sulla depenalizzazione del consumo di gruppo e della sentenza Torreggiani et al. (con cui l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani perché non prevede nel proprio ordinamento il reato di tortura) alla Fabbrica delle “e” giovedì 14 febbraio alle ore 10,30 (corso Trapani, 91/b – Torino) con alcuni candidati alla prossime elezioni.

L’incontro è organizzato da CNCA (Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza), Forum Droghe, Itaca e Gruppo Abele.

Per le associazioni interverranno: Leopoldo Grosso (vice presidente Gruppo Abele), Franco Corleone (Forum Droghe), Riccardo De Facci (vice presidente CNCA) Maurizio Coletti (Itaca).

Per i candidati, hanno confermato la propria presenza: Ignazio Marino, Nerina Dirindin, Davide Mattiello, Roberto Tricarico, Michele Curto, Davide Mosso, Antonio Pappalardo, Marco Bollettino.

Modera: Antonella Frontani, giornalista di Quartarete Tv.

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Tortura, Carcere, Droghe avvio della campagna

carcere-campagna-farfallaTRE LEGGI PER LA GIUSTIZIA E I DIRITTI

TORTURA, CARCERI, DROGHE

AVVIO DELLA CAMPAGNA PUBBLICA

21 FEBBRAIO 2013

Dalle ore 11 alle ore 16

UNIONE CAMERE PENALI ITALIANE

Via del Banco di Santo Spirito, 42

Roma

FIRMA LE TRE PROPOSTE DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE CONTRO LA TORTURA, CONTRO LA LEGGE SULLE DROGHE, PER LA LEGALITÀ NELLE CARCERI

Info: segreteria@associazioneantigone.it

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Il 15 febbraio per Piero Gobetti

gobettiTra le “cose buone” che fece il fascismo prima delle leggi razziali ci fu anche il pestaggio di Piero Gobetti, giovane liberale torinese, editore coraggioso, antifascista autentico. Piero morì, a soli 25 anni a Parigi, per le conseguenze di quelle botte, il 15 febbraio 1926.

Sono passati 87 anni da quella morte, ma i liberali milanesi non hanno dimenticato.
Per questo proprio il 15 febbraio alle 18 ci troveremo in piazza Gobetti a Milano (MM2 Lambrate).
Perché proprio quel giorno Palazzo Marino, su input del Capo di Gabinetto del Sindaco, Maurizio Baruffi, farà sostituire la targa che dal 1945 campeggia sulla piazza.

Verrà corretto il nome (Piero al posto di Pietro) e corretta la data di nascita (1901 e non 1902) e spiegata meglio la sua figura: “intellettuale liberale e antifascista”.
Dopo il ricordo sotto la targa, ci troveremo per ricordare la figura di Piero Gobetti nella nuova sede della libreria Utopia in via Vallazze 34, Milano, alle 18.30.

Vi aspettiamo.

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Le carceri Rassegna Stampa

«Il carcere? Un’emergenza da trent’anni»

IL CONVEGNO. Il Garante dei detenuti di Firenze, il presidente della Camera penale di Brescia e una portavoce dei familiari su limiti e problemi di Canton Mombello
Corleone: «Fin dal 1982 detenuti ammassati e un’aria irrespirabile» Amato: «La messa in prova possibile antidoto al sovraffollamento»

Condizioni di vita disumane, malattie, suicidi: i limiti del carcere di Brescia – il carcere più sovraffollato d’Italia, con 471 detenuti registrati a gennaio, a fronte di una capienza di 206 posti – sono emersi in tutta la loro drammaticità nel corso dell’incontro organizzato dal «Comitato per la chiusura del carcere lager di Canton Mombello» nella sala Buozzi di via Folonari. Al tavolo dei ralatori Franco Corleone, Garante dei detenuti del Comune di Firenze, l’avvocato Stefania Amato, presidente della Camera penale di Brescia, e una portavoce dei familiari dei detenuti, Caterina Pagani, introdotti da Luigino Beltrami, che ha ricordato i problemi sollevati dal Comitato nei mesi scorsi. Le richieste di attenzione verso i detenuti vanno dal contrasto alle leggi che producono una carcerazione eccessiva (la ex Cirielli, la Bossi-Fini e la Fini-Giovanardi) al ricorso a soluzioni drastiche come indulto e amnistia ma anche alla verifica dell’operato del Tribunale di sorveglianza di Brescia, restio – secondo il Comitato – ad applicare i benefici di legge. Al top la richiesta di liberarsi della necessità del carcere in favore di pene alternative. FRANCO CORLEONE ha ricordato come già nel 1982 la questione Canton Mombello fosse grave: «Ormai trent’anni fa mi recai in visita e trovai detenuti ammassati e un’aria irrespirabile, proprio come oggi. Canton Mombello è una delle poche carceri ancora all’interno delle città e dovrebbe essere un luogo diverso rispetto a ciò che è». Il problema, secondo Corleone, non è la mancanza di posti letto, ma l’esistenza di «leggi criminose, che portano in carcere persone che non ci dovrebbero stare: il sovraffollamento non è casuale, ma voluto e costruito. Nel 2011 a causa della legge Fini-Giovanardi sono finite in carcere 28 mila persone, sempre le più deboli: il carcere italiano è un modello arcaico di infantilizzazione delle persone. Le nostre posizioni – ha precisato – non sono estremiste, ma sono le stesse del Consiglio superiore della magistratura». NON SOLO: la protesta contro le leggi ricordate da Corleone e contro la mancata applicazione delle pene alternative accomuna anche l’Unione delle Camere penali. «Ci sono stati interventi scellerati sulla custodia cautelare: in molti hanno provato a rendere inapplicabili gli arresti domiciliari per alcuni reati, ma la Corte costituzionale ha sempre smantellato questi tentativi – ha sottolineato Amato -. La maggior parte dei detenuti italiani è in carcere senza aver ancora una sentenza definitiva», prima do ricordare le proteste della Camera penale di Brescia, che nel 2011 ha partecipato a uno sciopero della fame con Marco Pannella e che il 22 novembre dell’anno scorso ha dato vita all’astensione dalle udienze. Negli ultimi tempi, però, qualcosa si è mosso. «Introdurre lo sport o la musica in carcere è uno sforzo di umanizzazione importante, così come la Carta dei diritti e dei doveri dei detenuti emanata dal ministro Severino», ha riconosciuto Amato, per poi lanciare alcune idee utili a ridurre il problema del sovraffollamento: «Abbiamo chiesto indulto e amnistia, ma la politica non li accetta. Una buona idea sarebbe la sospensione del processo con la messa alla prova, già prevista per i minorenni». SE QUALCHE miglioramento è visibile, ciò non basta a placare la rabbia dei familiari dei detenuti. «Ho avuto due fratelli a Canton Mombello, dove i detenuti sono imbottiti di farmaci per tenerli buoni – ha accusato Pagani -. Chiediamo che la direttrice sia più disponibile, diminuendo le restrizioni sulla spesa che i familiari possono portare in carcere. E spero che la Chiesa bresciana si impegni di più per le loro condizioni di vita».

Manuel Venturi su BresciaOggi del 10 febbraio

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Le carceri

I Garanti dei detenuti a Napolitano “tre leggi per ripristinare condizioni umane”

Articolo di Luigi Franco, da Il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2013

Le proposte di iniziativa popolare sono state depositate in Cassazione da una ventina di associazioni. “La situazione non è degna di un Paese civile”, denuncia il coordinamento dei garanti dei detenuti. Domani la consegna al presidente della Repubblica, durante la sua visita al carcere di San Vittore
Abolizione della legge Fini-Giovanardi che ha equiparato droghe leggere e droghe pesanti. E ancora: carceri a numero chiuso, abolizione del reato di immigrazione clandestina e introduzione del reato di tortura. È questo il succo di tre proposte di legge di iniziativa popolare depositate una settimana fa in Cassazione da una ventina di associazioni, con il fine di intervenire sulle condizioni disumane in cui vivono i detenuti degli istituti di pena italiani.
Problemi da risolvere sono il sovraffollamento, le carenze di carattere sanitario, i casi di disagio psichico e i troppi decessi: 154 nel 2012, di cui 60 suicidi. “La situazione non è degna di un Paese civile”, denuncia il coordinamento dei garanti dei diritti dei detenuti, ovvero quelle figure di cui si sono dotate diverse amministrazioni comunali e regionali per dare un contributo al miglioramento della vita dietro alle sbarre.
I garanti domani consegneranno le tre proposte di legge al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, durante la sua visita al carcere milanese di San Vittore. Tra i promotori dell’iniziativa ci sono l’associazione Antigone, Forum droghe, Cgil, Unione Camere Penali, Società della Ragione, Cnca e Cnvg. Nelle prossime settimane inizierà la raccolta delle 50mila firme necessarie per fare approdare le norme in Parlamento. In testa la modifica della legge sulle droghe Fini-Giovanardi, che secondo i promotori ha la colpa di produrre carcerazioni inutili.
“Nel 2011 ben 28mila persone sono finite dietro le sbarre per detenzione di stupefacenti”, spiega Franco Corleone, garante dei detenuti del comune di Firenze. Il rischio è che siano colpiti semplici consumatori, che vengono considerati spacciatori perché trovati in possesso di quantità di sostanze che superano i limiti previsti nella norma. Il principio della proposta è di non punire il consumo di droghe e di evitare che i tossicodipendenti finiscano in cella e, salvo casi eccezionali, vengano indirizzati a percorsi di recupero nelle comunità.
La Fini-Giovanardi invece finisce per dare il contributo più rilevante al sovraffollamento delle carceri italiane, dove sono detenute 66mila persone a fronte degli appena 47mila posti disponibili. Una situazione di emergenza: il nostro Paese ha un anno di tempo per rimediare, adeguandosi alle richieste della Corte europea dei diritti dell’uomo, che un mese fa ha condannato l’Italia per il trattamento “disumano e degradante” riservato a sette persone rinchiuse negli istituti di Busto Arsizio e Piacenza. Una sentenza che proprio Napolitano ha commentato come “una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi”.
Anche la seconda proposta di legge ha lo scopo di risolvere il problema del sovraffollamento, attraverso l’abolizione del reato di immigrazione clandestina, la limitazione del ricorso alla custodia cautelare, la riforma delle pene alternative, che dovrebbero essere applicate per “tutti i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a sei anni”. È prevista anche la modifica della Cirielli, per ripristinare anche nei casi di recidiva la possibilità di accesso ai benefici penitenziari. Tra gli altri punti, c’è l’istituzione del garante nazionale delle persone private della libertà personale e l’introduzione del numero chiuso nelle carceri: “Nessuno può essere detenuto per esecuzione di una sentenza in un istituto che non abbia un posto letto regolare disponibile – sostiene Corleone. È un sistema adottato in altri Paesi del mondo: funziona ed evita situazioni di inciviltà”.
La terza proposta di legge, infine, riguarda l’introduzione del reato di tortura, che ancora manca nel nostro codice penale. Una lacuna dell’ordinamento: “Nelle carceri ci sono casi di torture fisiche e psichiche – accusa Adriana Tocco, garante dei diritti dei detenuti della Campania – e ci sono maltrattamenti che non vengono denunciati per paura di conseguenze ancora più gravi”.

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Assemblea a Brescia

canton-mombelloASSEMBLEA PUBBLICA
alla Sala Buozzi – Camera del Lavoro di Brescia via Folonari 20 Brescia
8 febbraio 2013 ore 20.30

CARCERE
Quale futuro per i detenuti di Canton Mombello?

ne parliamo con:
FRANCO CORLEONE  – Garante dei detenuti nel Comune di Firenze e presidente della Società della Ragione
avv. STEFANIA AMATO – Presidente della Camera Penale di Brescia
un portavoce dei familiari dei detenuti di Canton Mombello

Comitato per la chiusura del carcere lager di Canton Mombello

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I miei articoli

La legge Fini va alla consulta

giovanardi_finiLa corte di appello di Roma (terza sezione, presidente ed estensore Bettiol) ha mandato alla Corte costituzionale la famigerata legge Fini-Giovanardi sulle droghe, ritenendola incompatibile con la Costituzione.
La vicenda nasce dalla condanna inflitta dal Tribunale a due ragazze, che erano state fermate dai carabinieri perché trovate in possesso di 27 dosi di marijuana. Nel giudizio di appello, svoltosi il 28 gennaio, il difensore delle ragazze ha eccepito la incostituzionalità della legge e la corte di appello gli ha dato ragione.
La decisione è molto importante perché ritiene che la Fini-Giovanardi contrasta con la Costituzione sotto tre profili.
Anzitutto perché è stata inserita come «maxiemendamento» al decreto-legge sulle Olimpiadi invernali del 2006, che con la droga non avevano nulla a che fare.
A questo proposito la Corte romana si rifà ad alcune sentenze della Consulta, che hanno ripetutamente bocciato altri decreti-legge proprio perché il Parlamento li aveva approvati stravolgendone il contenuto.
I giudici romani sottolineano poi la assurdità della equiparazione di droghe «pesanti» e «leggere», di cui «va rilevata la modestia degli effetti negativi sull’organismo, non differenti da quelli che provocano alcool o nicotina». Perciò, dicono i giudici, comminare per la «cannabis» le stesse pene previste per gli oppiacei è irrazionale e contrasta con l’articolo 3 della Costituzione, che non consente di trattare allo stesso modo fatti fra loro così diversi.
Infine, secondo i giudici, la legge Fini-Giovanardi viola anche la legislazione europea perché «unificando la pena prevista sia per le droghe leggere che per le droghe pesanti» non si è attenuta ad una decisione del 2004 del Consiglio della Unione Europea.
Ora la palla passa alla Consulta, cui spetta di spazzare via una legge assurda che contribuisce quotidianamente al sovraffollamento delle carceri che tutti deprecano.
Auguriamoci che la decisione arrivi in tempi brevi, a meno che non sia il prossimo Parlamento a liberarci ancor prima di una delle peggiori mostruosità dell’era fini-berlusconiana.
Nel frattempo nessun giudice rispettoso della Costituzione può continuare ad infliggere condanne in base ad una legge che una corte di appello della Repubblica ha dichiarato illegittima.
(da il Manifesto del 5 febbraio 2012)