Lettera Aperta pubblicata su Il Manifesto del 29 ottobre 2010.
Magistratura Democratica è stata per tutti noi un punto di riferimento, fin dagli anni in cui la giustizia era “di classe” e una delle risposte erano le “contro inaugurazioni” dell’anno giudiziario.
Quella di Md è una storia non di pura testimonianza ma di protagonismo, basta ricordare in anni lontani la raccolta delle firme per un referendum contro i reati d’opinione e per l’abolizione dell’ergastolo e, più recentemente, l’impegno contro la legge Iervolino-Vassalli sulle droghe (e per il referendum che ne cancellò le norme più odiose e proibizioniste) e contro la legislazione punitiva nei confronti dei migranti costretti alla clandestinità, ai Centri di espulsione e a riempire le nostre galere.
Dall’inizio degli anni Novanta sulla giustizia si è aperta una lunga partita con un conflitto duro e aspro con la politica. Ora lo scontro rischia di coinvolgere la Costituzione e la democrazia, i fondamenti cioè della Repubblica. Sono stati anni pieni di contraddizioni al termine dei quali il bilancio non è certo esaltante. Il garantismo a sinistra è visto con sospetto, il diritto penale minimo è soverchiato dal ritorno delle norme-manifesto e di un diritto penale onnicomprensivo.
In Parlamento sono state cancellate con una vera e propria pulizia etnica tutte le voci del pensiero critico. Le leggi criminogene sulle droghe e sull’immigrazione sono tra le ragioni della crisi della giustizia con il risultato di riempire le carceri di incapaci di difendersi e criminalizzate per il loro status più che per le loro azioni. La demagogia sulla certezza della pena sembra avere conquistato il senso comune. Le leggi a favore dei potenti sono l’altra faccia di un potere arrogante e senza pudore.
Che fare? Noi ci spettiamo una analisi rigorosa che ribadisca i principi della ragione e della libertà, respingendo le sirene del giustizialismo. Occorre parlare al Paese, alzando la bandiera della riforma della giustizia come battaglia di civiltà e di umanità. Ci aspettiamo che MD rifiuti la logica e il sospetto di una difesa corporativa e anzi si dissoci dai comportamenti liberticidi di molti giudici che, ad esempio, nell’applicazione della legge sulle droghe ne esasperano le previsioni già duramente repressive. Occorre denunciare che i tempi lunghi del processo sono causati da chi ha approvato leggi propagandistiche sull’onda dell’ossessione securitaria, incurante dei loro effetti anche sul funzionamento della giustizia.
Insomma noi speriamo in un congresso che non si eserciti ad approfondire le divisioni, come capita sempre alla sinistra nei momenti di crisi, ma trovi la via per riprendere l’egemonia su una questione fondamentale per la vita dei cittadini ed essenziale per la società.
Firmatari: Maria Luisa Boccia, Ida Dominijanni, Eligio Resta, Tamar Pich, Grazia Zuffa, Stefano Anastasia, Franco Corleone, Mauro Palma, Luigi Ferrajoli, Sandro Margara, Giuliano Pisapia, Stefano Rodotà, Luigi Ciotti, Rossana Rossanda, Giuseppe Di Lello, Luigi Manconi, Patrizio Gonnella