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In Primo Piano Le carceri

Lo stato del carcere dopo gli Stati Generali

stato-carcere-stati-generaliConvegno “Lo stato del carcere dopo gli Stati Generali”, registrato a Firenze giovedì 13 ottobre 2016 alle 09:47.

L’evento è stato organizzato da Consiglio Regionale della Toscana e Fondazione Giovanni Michelucci e Garante delle Persone Sottoposte a Misure Restrittive della Libertà Personale della Regione Toscana e La Società della Ragione.

Sono intervenuti: Franco Corleone (coordinatore nazionale dei Garanti Territoriali per i Diritti dei Detenuti), Mauro Palma (garante nazionale dei Diritti delle persone detenute o private della libertà personale), Fabio Gianfilippi (magistrato di Sorveglianza presso il Tribunale di Spoleto), Eugenio Giani (presidente del Consiglio Regionale della Toscana, Partito Democratico), Corrado Marcetti (direttore della Fondazione Giovanni Michelucci), Katia Poneti (funzionario), Saverio Migliori (ricercatore della Fondazione Giovanni Michelucci), Maria Rita Caciolli (funzionario della Regione Toscana con incarico su residenzialità sociale e diritti dei carcerati), Giuseppe Martone (provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria per la Toscana e l’Umbria), Emilio Santoro (professore), Antonietta Fiorillo (presidente del Tribunale di Sorveglianza di Firenze), Grazia Zuffa (psicologa), Pierluigi Onorato (magistrato), Francesco Maisto (ex presidente del tribunale di sorveglianza di Bologna), Donatella Donati (magistrato), Adriana Tocco (garante dei Diritti delle Persone private della libertà personale della Regione Campania), Cosimo Maria Ferri (sottosegretario di Stato al Ministero della Giustizia).

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Agenda

Il senso della pena

La Società della Ragione ONLUS

Sabato 29 ottobre
Ore 10 [con caffè di benvenuto]
Ripagrande12 – Centro LGBT
Via Ripagrande 12, Ferrara

Il senso della pena
Incontro in ricordo di Sandro Margara sulla pena, fra giustizia, umanità e sicurezza dei cittadini.

cop-margaraPresentazione del volume di raccolta di scritti di Alessandro Margara
LA GIUSTIZIA E IL SENSO DI UMANITÁ. Antologia di scritti su carcere, opg, droghe e magistratura di sorveglianza
(a cura di Franco Corleone, Fondazione Michelucci Press, Anno 2015)

Introduce Leonardo Fiorentini, consigliere comunale

Saluto di Marcello Rambaldi, avvocato, referente per Ferrara dell’Osservatorio Carcere dell’Unione Camere Penali

Intervengono
Franco Corleone, garante dei detenuti della Toscana
Andrea Pugiotto, costituzionalista Università di Ferrara
Marcello Marighelli, garante dei detenuti di Ferrara

Coordina, Ilaria Baraldi, consigliera comunale

Sarà offerto un caffè di benvenuto agli intervenuti in apertura dell’incontro.

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I miei articoli

L’«utopia concreta» dell’esercito del lavoro

migrantiL’«utopia concreta» dell’esercito del lavoro

Diritti. Un servizio civile esteso e mirato ai profughi e ai rifugiati porterebbe solo risvolti positivi: tutela del territorio e dell’ambiente, più integrazione sociale e comprensione umana

In un mondo che non pensa più al domani, insensibile alla stessa idea di posterità, che quotidianamente erode i diritti delle future generazioni e le condizioni del pianeta, i visionari e sognatori si trovano inevitabilmente fuori posto.
Ecco che allora la carica utopica e le concrete suggestioni tocca cercarle più nel passato che non nel presente. In questo caso, guardare all’indietro non è propensione nostalgica, semmai la convinzione che la Storia sia un giacimento di idee preziose, perlopiù dimenticare ma spesso del tutto credibili e attuali.

Basti pensare al «Manifesto di Ventotene» e ad Altiero Spinelli, che andrebbero degnamente ricordati anzitutto studiandoli per davvero e omaggiati nei luoghi consoni, che certo non sono le navi da guerra, come quella al largo appunto di Ventotene, anche se intitolata al nome di Garibaldi. A Ventotene sono stati a lungo reclusi e confinati dal fascismo numerosi dirigenti democratici, intellettuali, avversari politici, futuri padri della Repubblica e della Costituzione italiana. Il testo che lanciava l’idea degli Stati Uniti d’Europa fu concepito oltre che da Spinelli, da Eugenio Colorni e da Ernesto Rossi, politico ed economista radicale. Il quale, al termine della guerra e all’indomani della Liberazione, nel 1946 (Casa Editrice La Fiaccola di Milano), pubblicò un testo dal titolo evocativo: «Abolire la miseria». In un vero e proprio programma articolato, veniva ipotizzata la costruzione di un «Esercito del lavoro».

Una proposta fondata su un’etica del lavoro e una convinzione non assistenzialista, che, per certi versi, si può anche considerare anticipatoria del Servizio civile e della possibilità di alternativa al servizio militare, che fu varata nel 1972 (Legge Marcora), con molte resistenze politiche e dopo che molti obiettori di coscienza pagarono con il carcere la loro coerenza. Oggi la leva non è più obbligatoria e le caratteristiche del Servizio civile sono mutate. Ma alla base vi era e vi è una cultura della solidarietà sociale, della cittadinanza attiva e dell’apporto che i singoli, in determinate circostanze, possono e talvolta debbono portare al benessere collettivo, anche in termini di lavoro per la comunità.

In questi giorni di nuovi lutti e di tragedie dovute al terremoto che ha colpito Lazio e Marche, e in particolare la piccola cittadina di Amatrice, emerge dolorosamente quanta poca prevenzione si faccia in Italia e quanto sia scarsa la manutenzione e la messa in sicurezza del territorio.

Proprio a questo riguardo, la proposta e la carica ideale e utopica di Ernesto Rossi possono tornare a essere una suggestione concreta. Certo da attualizzare, certo assicurando criteri e diritti, in modo che non possano sfociare in una sorta di «lavoro obbligatorio» o di lavoro surrettiziamente gratuito e senza rischiare di turbare o alterare le normali regole del mercato del lavoro. Richiamando semmai quella spinta degli «Angeli del fango» che accorsero a Firenze nel 1966 per contribuire a salvare il patrimonio artistico e a soccorrere la popolazione colpita.

Perché non applicare la ricetta di Rossi per un Servizio civile del lavoro esteso e mirato ai profughi e ai rifugiati?

È facile intuirne i risvolti positivi: sarebbe più facile l’integrazione sociale e la comprensione umana se a queste persone venisse proposto di partecipare a un «esercito del lavoro» per compiere interventi di manutenzione ambientale sui boschi, le rive dei fiumi, le coste del mare. Lavori di pulizia e di ripristino delle zone degradate o abbandonate. Nelle zone montane sarebbe urgente un lavoro massiccio per arginare l’avanzata del bosco, ripulire i sentieri e recuperare terreni per agricoltura e pascoli.

Anche riguardo al patrimonio artistico e culturale si potrebbero ipotizzare interventi di manutenzione e salvaguardia di situazioni degradate o a rischio.

Loro stessi potrebbero trarne beneficio, attraverso specifici momenti formativi e di apprendimento linguistico, oltre che di adeguata collocazione abitativa.

In generale, ne guadagnerebbe l’economia, l’ambiente, la qualità della vita sociale e la sicurezza dei cittadini, troppo spesso messa a rischio dall’incuria del territorio. Ma un ulteriore beneficio, forse anche maggiore, sarebbe di ordine morale e culturale.

Perché, come scriveva Ernesto Rossi, «il servizio nell’esercito del lavoro farebbe sentire ad ogni individuo in modo più immediato i rapporti di solidarietà che lo avvincono agli altri membri del consorzio civile».

Un vincolo che non riguarda gli uni o gli altri, stranieri o autoctoni, ma l’umanità intera. Immaginare un’umanità solidale, in questi tempi di guerre estese e infinite, di conflitti etnici, di pulsioni razziste, di crisi economiche globali, di populismi ed egoismi diffusi, può sembrare follia. Ma non lo è: si tratta di un’utopia possibile e necessaria. Che può essere edificata anche da piccole cose e da esperimenti sociali come questo.

Da il Manifesto dell’8 ottobre 2016

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Tortura: l’Italia non può più aspettare.

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A dicembre saranno 28 anni che l’Italia aspetta l’introduzione del reato di tortura nel proprio codice penale.

Tanti ne sono passati da quando il nostro Paese ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, impegnandosi ad inserire questo delitto nella propria legislazione.

All’inizio di questa legislatura una proposta di legge aveva iniziato il suo iter parlamentare. Approvata al Senato nel marzo 2014, successivamente fu approvata alla Camera, all’indomani della condanna dell’Italia per le torture nella scuola Diaz da parte della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, nell’aprile del 2015. Il testo, qui modificato, fu spedito nuovamente al Senato dove è stato affossato.

Eppure in Italia non sono mancati i casi di tortura per i quali, le vittime, non hanno ricevuto giustizia. Oltre alla scuola Diaz, anche gli episodi di violenza avvenuti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 e le torture avvenute nel carcere di Asti nel 2004 sono attualmente all’attenzione della CEDU che, a breve, si pronuncerà su entrambi. Lo Stato italiano aveva proposto una composizione amichevole, patteggiano le torture per 45.000 a testa per ogni ricorrente, lasciando intendere quanta consapevolezza ci sia, anche da parte del governo, rispetto al fatto che quegli atti si possano qualificare come tortura. Torture per le quali, in Italia, esiste l’impunità.

Perciò Antigone ha promosso il 13 ottobre, a partire dalle ore 10.00, un sit-in in Piazza Montecitorio, per chiedere al Presidente del Consiglio Matteo Renzi e al Ministro della Giustizia Andrea Orlando, di farsi garanti dell’approvazione del reato di tortura.

L’Italia non può più aspettare.

Hanno finora aderito: A buon diritto, ACAT Italia, ACT, Amnesty International Italia, Arci, BIN Italia, Camera Penale di Roma, CILD, CIR, Cittadinanzattiva, CNVG, Associazione Federico Aldrovandi, Forum Droghe, Fondazione Franca e Franco Basaglia, Fuoriluogo, FP CGIL, Giuristi Democratici, associazione radicale Il detenuto ignoto, L’altro diritto, Magistratura Democratica, Medici contro la Tortura, Naga, Progetto Diritti, Radicali Italiani, Ristretti Orizzonti, SIPP, Società della Ragione, Unione delle Camere Penali Italiane.

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Agenda In Primo Piano

Lo stato del Carcere dopo gli Stati Generali

stato-carcere-stati-generaliLO STATO DEL CARCERE DOPO GLI STATI GENERALI
CONVEGNO DEL COORDINAMENTO DEI GARANTI REGIONALI E COMUNALI
IN ONORE DI SANDRO MARGARA

Auditorium del Consiglio Regionale della Toscana
Via Cavour, 4 – Firenze
13 Ottobre 2016

Promotori
Garante dei diritti dei detenuti della Regione Toscana
Consiglio Regionale della Toscana
Fondazione Giovanni Michelucci
Provveditorato Regionale dell’amministrazione penitenziaria per la Toscana
Società della Ragione ONLUS

“L’attività di chi gestisce gli istituti non deve essere animata dalla finalità di difendersi da una pericolosità presunta, ma, al contrario, deve basarsi sulla volontà e la fiducia che si eviti il ricrearsi delle condizioni per il manifestarsi di una pericolosità futura: in questo consiste un carcere non criminogeno.”
Sandro Margara

Ore 9.30
Saluti istituzionali
Eugenio Giani, Presidente del Consiglio regionale della Toscana

Ore 10.00
Lo stato dell’arte in Italia: dagli Stati Generali dell’esecuzione penitenziaria alla Legge delega di riforma dell’Ordinamento penitenziario
Relazione di Mauro Palma, Garante Nazionale per i Diritti delle persone detenute o private della libertà personale
I nodi irrisolti del carcere, la prospettiva del Magistrato di sorveglianza nel rapporto con il Garante per i diritti dei detenuti
Fabio Gianfilippi, Magistrato di sorveglianza a Spoleto

Ore 11.30
Il caso Toscana
Restituzione dei risultati dei gruppi di lavoro organizzati nell’ambito del Seminario del giorno precedente:
Spazio della pena: dalle celle ai luoghi comuni; gli spazi per l’affettività
relazione di Corrado Marcetti
Salute in carcere: sezioni psichiatriche penitenziarie, tossicodipendenze, riduzione del danno
relazione di Katia Poneti
Trattamento rieducativo, percorsi di reinserimento e alternative al carcere
relazione di Saverio Migliori

Tavola rotonda di discussione delle proposte emerse nei gruppi di lavoro
Introduce e coordina Franco Corleone
Discussione con Emilio Santoro, Giuseppe Martone,
Maria Rita Caciolli, Fabio Gianfilippi, Lucia Castellano
Parteciperanno il Capo segreteria del Sottosegretario di
Stato Gennaro Migliore, dott.ssa Donatella Donati e la
Segretaria Particolare, dott.ssa Costanza Hermanin

Ore 13.30
Pranzo – Buffet

Ore 14.30
Quel che ci dice oggi Sandro Margara
Antonietta Fiorillo, Corrado Marcetti, Grazia Zuffa
La riforma della riforma di Sandro Margara del 2005/2006
Francesco Maisto

Ore 15.30
Le proposte dei Garanti dopo gli Stati Generali
Introduzione di Adriana Tocco
Interventi dei Garanti presenti nei 18 Tavoli degli Stati Generali

Ore 18.00
Conclusioni
Cosimo Maria Ferri, Sottosegretario alla Giustizia

Segreteria Garante
Telefono: 055.2387802 /055.2387814
e-mail: f.pratesi@consiglio.regione.toscana.it
k.poneti@consiglio.regione.toscana.it
Fondazione Giovanni Michelucci
Telefono: 055.597149
e-mail: segreteria@michelucci.it

Evento facebook: https://www.facebook.com/events/1731501893769472/

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Carcere, la riforma nel nome di Margara

MargaraLunedì abbiamo salutato per l’ultima volta Alessandro Margara, che ha chiuso la sua lunga vita a Firenze, nella stessa chiesa dove due anni fa gli fummo vicini in occasione del funerale della sua adorata compagna di vita, Nora Beretta.

Nel dicembre scorso aprimmo un convegno sulla riforma penitenziaria del 1975 con la presentazione della raccolta di scritti di Margara intitolata “La giustizia e il senso di umanità”; una antologia di quattrocentocinquanta pagine sulle questioni del carcere, degli Opg, delle droghe e sul ruolo della Magistratura di Sorveglianza.

Nella mia prefazione, significativamente intitolata Il cavaliere dell’utopia concreta, ripercorro la sua straordinaria vicenda umana e politica, dedicata alla costruzione di un modello di pena e di carcere rispettoso della Costituzione, in specie dell’articolo 27 che prescrive il principio del reinserimento sociale del carcerato. La ricchezza del suo pensiero, espresso in tanti saggi, articoli, documenti, proposte di legge, è davvero impressionante.

E’ un volume che il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria dovrebbe diffondere in tutte le carceri e farne la base della formazione di tutto il personale.

Sandro Margara ha ricoperto molti incarichi e in tutti ha lasciato un’impronta indelebile. Come giudice di sorveglianza è stato un maestro per i suoi colleghi e un mito per i suoi “clienti”, i detenuti che sapevano che c’era un giudice per gli ultimi. Ricevette la nomina a capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria dal ministro Giovanni Maria Flick, dopo la tragica e improvvisa scomparsa di Michele Coiro. Quella nomina rappresentò una svolta simbolicamente rivoluzionaria, e accese davvero la speranza dei detenuti e anche di molti operatori. Il suo licenziamento pochi anni dopo, preteso dal potere sindacale e concesso dalla subalternità della politica, dette il segno della restaurazione.

Fu poi scelto come presidente della Fondazione Michelucci e infine fu eletto come primo Garante dei detenuti della Regione Toscana. Lasciò quest’ultimo incarico dopo averne definito il carattere e volle che fossi io il suo successore.

Ho avuto la fortuna di stargli vicino, di confrontarmi con lui per tanti anni, di collaborare su questioni importanti:  voglio ricordare soprattutto la stesura del Regolamento penitenziario del 2000 e la costruzione del Giardino degli Incontri nel carcere di Sollicciano.

Molti hanno conosciuto e amato l’uomo intelligente, acuto, capace di ironia acuminata accompagnata da coraggio intellettuale e da assoluto rigore morale. La sua intransigenza sui principi non lo portava a posizioni astratte, ma si inverava sempre in proposte concrete e realizzabili.

Ricordiamo le sue ultime e disincantate considerazioni avanzate al Convegno su “Il carcere al tempo della crisi”, quando affermava: “Forse i progetti sono consentiti solo ai vecchi, che sono gli ultimi giovani (o illusi) rimasti. Non è possibile stare zitti, anche se parlare fosse solo consolatorio”. Sono parole che ci interrogano, tutti.

Gli Stati Generali dell’esecuzione penale, voluti dal ministro Andrea Orlando, hanno coinvolto tante energie in uno sforzo riformatore condiviso. Se si vuole davvero la riforma, anche parziale, si dovrà ripartire dalle proposte di Margara, a cominciare dal diritto all’affettività in carcere, dall’abolizione dell’ergastolo (almeno quello ostativo) e dalla modifica del regime del 41bis per eliminare gli aspetti macroscopicamente contrari ai diritti umani.

Alessandro Margara è stato un riformatore convinto. Le disillusioni che ha vissuto, lungi da piegarlo, hanno semmai rafforzato la limpidezza del suo pensiero e delle sue scelte politiche. Tocca a noi essere alla sua altezza e non mollare.

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Il muro che deve cadere

corleone-aperteIeri, 25 luglio, la Camera dei deputati ha iniziato la discussione delle proposte di legalizzazione della canapa. È facile prevedere che l’approvazione della legge non sia dietro l’angolo non solo per l’ostruzionismo di alcuni gruppi parlamentari, ma per la necessità di smontare pregiudizi e falsità costruiti nei decenni e che hanno consolidato un senso comune sul divieto per legge del consumo di tutte le sostanze stupefacenti senza distinzione. Il fatto che la discussione sia approdata in Parlamento dopo decenni di polemiche è un fatto storico. Cade infatti il tabù del proibizionismo che nacque negli anni trenta negli Stati Uniti proprio sulla demonizzazione della marijuana. Non era bastato il fallimento del divieto dell’alcol eliminato dal presidente Roosevelt per impedire che una nuova caccia alle streghe si imponesse con la repressione delle minoranze etniche. Un apparato propagandistico eccezionale fu messo in campo, mobilitando i mezzi di informazione e tanti pseudo scienziati per enfatizzare i danni dell’uso della canapa. La campagna non era fondata sui fatti, (nessuno è mai morto per uno spinello), ma sui miti e sulle falsificazioni moralistiche. Infatti si trattava di una lotta del Bene contro il Male. Il Italia l’acme fu raggiunto con l’approvazione della legge Iervolino-Vassalli nel 1990 fortemente voluta da Bettino Craxi e peggiorata nel 2006 con la legge Fini-Giovanardi che solo grazie a una decisione della Corte costituzionale nel 2014 è stata spazzata via. Le conseguenze in questi venticinque anni sono state drammatiche sulla giustizia e sul carcere. La macchina della punizione non ha ottenuto alcun effetto sui consumi e sulla loro riduzione, ma ha intasato i tribunali, ha riempito le carceri e ha arricchito il narcotraffico. I dati sono eloquenti. Nel 2015 gli ingressi in carcere per violazione dell’art. 73 che colpisce la detenzione di sostanze stupefacenti e in concreto consumatori e piccoli spacciatori sono stati pari al 27%, in diminuzione rispetto alle punte del 30% degli anni precedenti. Le presenze in carcere sono pari al 32% e in cifra assoluta sono pari a 16.712 persone su 52.164 detenuti. Se aggiungiamo i detenuti tossicodipendenti, colpevoli di reati di strada e non di spaccio, si conferma che la questione droga pesa per quasi il cinquanta per cento sull’affollamento carcerario. Le operazioni di polizia e le segnalazioni all’autorità giudiziaria si confermano per il cinquanta per cento relative ai cannabinoidi. Quindi nonostante la caduta della parte più repressiva e punitiva della legge Fini-Giovanardi che ha comportato una diminuzione del sovraffollamento carcerario per effetto della minore criminalizzazione della canapa, rimane un’incidenza enorme sul fenomeno. Questa è la ragione del documento inviato alla commissione Giustizia della Camera dal Procuratore nazionale Franco Roberti della Direzione Nazionale Antimafia a sostegno della proposta Giachetti e a favore della legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis. Questo parere mette in luce il peso del narcotraffico sull’economia e sulla democrazia visto il fallimento della strategia repressiva e soprattutto contesta l’accanimento contro il consumo di sostanze meno dannose e che ha comportato un enorme dispendio di energie delle forze dell’ordine e dei giudici per un risultato impossibile. Chi sostiene che la canapa fa male e quindi va proibita, non si preoccupa della nocività della sostanza del mercato nero e delle conseguenza della stigmatizzazione dei giovani sulla loro vita. Dal 1990 alla 2015 sono stati segnalati alle prefetture per mero consumo 1.107.051 persone e di questo ben 800.000 pari a oltre il 72% per cannabis e sottoposte a sanzioni amministrative odiose. L’altra novità che si è imposta rispetto alla menzogna dei danni della canapa è l’affermarsi dell’uso terapeutico della marijuana. La legalizzazione non farà aumentare i consumi, ma li renderà più sicuri e fornirà risorse attraverso la tassazione per azioni educative e di informazione. La war on drugs è finita. Occorre costruire una politica intelligente.

(Franco Corleone da La Nuova Ferrara del 26 luglio 2016)

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Le droghe Rassegna Stampa

Cannabis, Fvg apripista

Schermata 2016-07-08 alle 09.36.40IL LIBRO BIANCO SULLE DROGHE
Cannabis, Fvg apripista
«Roma dica no al carcere»

di Michela Zanutto (da il Messaggero Veneto di Domenica 3 luglio 2016)
UDINE «Il Friuli Venezia Giulia è apripista sulla legge per la depenalizzazione del consumo di droga». A dirlo è Franco Corleone, già sottosegretario al ministero della Giustizia, che ieri a Udine ha presentato il settimo Libro bianco sulla legge sulle droghe. Una raccolta di dati e contributi che tratteggiano l’impatto dei reati legati al consumo di droga sulla società. Nel 2015, un detenuto su quattro in Italia è stato condannato per uso di sostanze stupefacenti. Prima del febbraio 2014, quando cioè era in vigore la legge Fini-Giovanardi, poi cancellata della Consulta per incostituzionalità, un detenuto su tre entrava in prigione per uso o detenzione di droghe. «Il Libro bianco nasce proprio per denunciare questa situazione – ha spiegato Corleone -. Ma abbiamo scelto di proseguire con le pubblicazioni anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale perché la sostanza della nostra battaglia non cambia: la legge ritornata in vigore è la Iervolino-Vassalli del 1990, un’altra norma ideologicamente proibizionista, con importanti effetti sulle carceri, come confermano i dati». Massimo Brianese, presidente della Società della ragione, sottolinea il primato del capoluogo friulano in qualità di difensore dei diritti: «Da Udine è partita la campagna per la messa al bando della Fini-Giovanardi che però decadendo ha solo fatto venire meno gli aspetti peggiorativi della legge del 1990, ora è in vigore». Nel 2015, ben 12 mila 284 dei 45 mila 823 ingressi in carcere è stato causato da condanne che puniscono produzione, traffico e detenzione di droghe. Per di più, a tutt’oggi il dipartimento antidroga non ha ancora presentato i dati relativi ai reati per uso di droghe nel 2015 in Italia, pertanto il Libro bianco – scaricabile all’indirizzo www.societadellaragione.it e promosso dalla Società della ragione, Forum droghe, Antigone e dal Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza (Cnca) – è l’unica fonte per il 2015. «Questa edizione cade in un momento particolare – ha spiegato Corleone – perché l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha appena discusso di nuove politiche in materia di depenalizzazione, davanti a un cambiamento epocale negli Stati Uniti e in Sud America, dove avanza un’idea di flessibilità, con quattro stati che hanno legalizzato la marjuana e il governo canadese che ha annunciato un provvedimento simile entro il 2017». E il 25 luglio andrà alla Camera la proposta di legge Giacchetti sulle Disposizioni in materia di legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati. In questa fase la Regione Friuli Venezia Giulia chiede di depenalizzare l’uso della cannabis. «Questa esigenza è nata qui perché proprio qui si è consumata la vicenda del Rototom – ha ribadito la consigliera Pd Silvana Cremaschi -. La nostra speranza è che anche altre Regioni decidano di portare avanti le medesime istanze, anche perché in Consiglio sul tema della cannabis c’è stata un’adesione trasversale». Alla presentazione hanno partecipato anche il garante dei detenuti Maurizio Battistutta e il presidente dell’Aied Mario Puiatti.
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In Primo Piano Le droghe

Presentazione Libro Bianco sulle droghe 2016

Schermata 2016-06-29 alle 08.38.06Martedì 28 giugno 2016 alle ore 11,30 presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati (Via della Missione 4) si è tenuta la presentazione del 7° Libro Bianco sulla legge sulle droghe promosso da La Società della Ragione ONLUS insieme a Forum Droghe, Antigone e CNCA e con l’adesione di CGIL, Comunità di San Benedetto al Porto, Gruppo Abele, Itaca, ITARDD, LegaCoopSociali, LILA, Associazione Luca Coscioni.

Sono intervenuti: Franco Corleone, Stefano Anastasia, Marco Perduca, Gennaro Santoro, Stefano Cecconi, Daniele Farina, Sergio Lo Giudice.

Fonte: http://webtv.camera.it/evento/9695

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Droghe, il Libro Bianco spinge la riforma

copertina2016Abbiamo deciso di continuare la redazione dei Libri Bianchi sugli effetti collaterali della legislazione antidroga, anche dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi da parte della Corte Costituzionale. Resta in piedi, infatti, la legge Iervolino-Vassalli che segnò la svolta proibizionista italiana. Il Libro Bianco promosso dalla Società della Ragione e condiviso da Forum Droghe, Antigone, Cnca e da numerose associazioni e movimenti raccolti nel Cartello di Genova, anticipa anche quest’anno la Relazione del Governo al Parlamento.

Patrizia De Rose, che ha raccolto la difficile eredità di Serpelloni alla guida del Dipartimento delle politiche antidroga, ha il merito di avere riaperto un confronto non ideologico tra il Governo e le Ong, culminato, per ora, in seminari di preparazione e di valutazione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite dedicata alle politiche sulle droghe tenutasi in aprile a New York. Proprio in questi giorni è tornata a circolare la voce di un azzeramento del DPA e dell’assorbimento nel Ministero della Salute. Non vogliamo ergerci a difensori di una struttura inventata dalla destra, ma vogliamo discutere pubblicamente delle scelte che riguardano la politica delle droghe che riguardano la politica internazionale, la giustizia, l’informazione, le città, la scuola, lo stato sociale, e dunque ci pare inadeguata una collocazione settoriale di una politica che, viceversa, deve coinvolgere diversi branche della compagine governativa. Piuttosto, quel Dipartimento dovrebbe dismettere quel nome battagliero ereditato dalla furia ideologica dei suoi inventori e meriterebbe un referente politico nella compagine di governo, tra i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo è invece ancora inadempiente nella convocazione della Conferenza nazionale triennale: l’ultima (finta) occasione di confronto risale al 2009 mentre l’ultima vera addirittura al 2001 a Genova.

Recentemente la Consulta ha inferto un altro colpo alla Fini- Giovanardi, cassando l’art. 75bis che prevedeva l’aggravamento delle sanzioni amministrative che rimangono un buco nero dello stigma contro i giovani consumatori. Questa ulteriore decisione – cui si aggiungono alcune recenti sentenze sulla coltivazione della canapa dei tribunali di Ferrara e Firenze – aggrava il giudizio sulla latitanza della politica. Certo alcune novità sono state introdotte negli anni scorsi, soprattutto per rispondere alla situazione insostenibile del sovraffollamento delle carceri per cui l’Italia è stata condannata dalla Corte europea dei diritti umani. E gli Stati generali sull’esecuzione penale voluti dal Ministro Orlando hanno dato utili indicazioni per incentivare le alternative al carcere per i tossicodipendenti e per migliorare il trattamento socio-sanitario dei detenuti con problemi di dipendenza. Sono indicazioni positive, ma non sufficienti. In parlamento, oltre alle proposte di legalizzazione della cannabis (ferme, purtroppo, allo stato delle audizioni, ma ora sostenute anche da una campagna di iniziativa popolare), sono state depositate in Parlamento (alla Camera da Fossati e altri, al Senato da Lo Giudice e altri) le nostre proposte per la riforma dell’intera parte sanzionatoria  del testo unico 309 del 1990 e la ripresa di adeguate politiche socio-sanitarie per il trattamento delle dipendenze problematiche. Non solo: il Consiglio regionale del Friuli, primo – speriamo – tra altri, ha approvato una “legge voto” per la riforma del testo unico sulla base della nostra proposta. Il solco, dunque, è tracciato e speriamo che il Parlamento e la Conferenza nazionale sulle droghe possano discuterne senza pregiudizi.

(leggi il Libro Bianco su www.fuoriluogo.it/librobianco)