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Gli spazi della pena e l’architettura del Carcere

Sabato 13 giugno 2009 al “Giardino degli Incontri” del Carcere di Sollicciano – Firenze si è tenuto il seminario organizzto da La Società della Ragione che si è proposto di raccogliere idee e tematizzazioni per un convegno internazionale già in programma per il prossimo autunno. Il punto di partenza è la corrispondenza di forma e funzione nella pena. La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione, al modo di interpretare la pena privativa della libertà in diversi contesti culturali, sociali ed economici. Scarica l’invito.

ecco alcuni degli interventi, dal sito della Società della Ragione:

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Trieste è vicina

Appello
Trieste è vicina.

A metà marzo si svolgerà la V Conferenza Nazionale prevista dalla legge per valutare l’efficacia della politica e della normativa sulle droghe. L’ultima pseudo-conferenza  organizzata a Palermo nel 2005 si rivelò non solo un fallimento – per la quasi totale assenza del mondo delle professioni, delle scienze e delle associazioni- ma uno scacco della partecipazione, del confronto e della valutazione scientifica. Organizzata senza alcun percorso partecipato e con l’evidente intenzione di  non discutere bensì di celebrare l’inasprimento penale che si sarebbe concretizzato di lì a poco con l’approvazione di una nuova normativa per decreto-legge (l.49/06), l’assise di Palermo fu poco più di una riunione tra pochi fedeli a porte chiuse.
Il vasto movimento di opposizione alla svolta punitiva decise per protesta di disertare Palermo e il Cartello “Non incarcerate il nostro crescere”, insieme alle Regioni, promosse all’Università La sapienza di Roma una Contro-conferenza, in cui fu presentata una articolata piattaforma di riforma della politica delle droghe, con al primo posto la cancellazione della legge Fini-Giovanardi.
Purtroppo il Governo Prodi deluse le aspettative di cancellazione di quella normativa né fu convocata la V Conferenza nazionale.
Di fronte a questo appuntamento, come operatori, scienziati, cittadini, consumatori e associazioni, siamo preoccupati di assistere a una penosa ripetizione di un’esperienza autocelebrativa. Soprattutto temiamo che si voglia utilizzare il palcoscenico della conferenza per piegare la scienza al servizio della politica: da un lato riducendo la complessità del fenomeno del consumo di droghe ai soli fattori biologici, dando visibilità unicamente alle neuroscienze; dall’altro enfatizzando taluni approcci e studi (utilizzabili a in chiave di dissuasione terroristica) e accuratamente ignorando altri. Ne è un esempio la nuova campagna di prevenzione sulla droga-bruciacervello, in linea col più vetusto ( e contestato anche sul piano dell’efficacia del messaggio) scare-approach.
Vogliamo che la Conferenza sia una occasione per la partecipazione, il confronto fra operatori e utenti dei servizi, la valutazione scientifica a tutto campo, la verifica seria delle politiche pubbliche.
Queste sono per noi le questioni che riteniamo fondamentali per rendere la Conferenza un appuntamento degno di questo nome:
1.    Scrivere l’agenda – scientifica, sociale e delle politiche pubbliche – della Conferenza attivando una partecipazione reale, plurale, dotata di parola, fornendo a questa partecipazione luoghi e percorsi. E’ necessario operare subito poiché a tutt’oggi non risulta alcuna iniziativa per l’attivazione di un processo partecipativo reale, come avvenuto per altre conferenze in passato, in particolare quelle di Napoli e Genova.
2.    Avvviare una seria valutazione delle politiche pubbliche, mettendo  come primo punto all’ordine del giorno la valutazione della legge 49/2006 e in particolari i suoi effetti sulla carcerazione.
3.    Promuovere un ampio dibattito sulla rete dei servizi, che da tempo denuncia una crisi e perfino un collasso: con un occhio particolare alla riduzione del danno, ridimensionata anche dalle politiche locali di sicurezza e tolleranza zero.
4.    Prevedere un confronto su tutte le esperienze internazionali di nuovi servizi e interventi che risultino oggetto di studi di valutazione con esito favorevole, senza pregiudiziali ideologiche.
5.    Rispettare la multidimensionalità del fenomeno, il pluralismo degli approcci scientifici, la vivacità del dibattito scientifico stesso, garantendo – attraverso una propedeutica sollecitazione e partecipazione attiva – presa di parola da parte dei tanti sguardi che indagano, studiano, sperimentano.
6.    Dare ascolto ai consumatori di sostanze come cittadini a pieno titolo titolari di  diritti e voce sulle proprie vite, nel rispetto delle scelte di vita e delle diverse culture, assicurando loro presenza, rappresentanza e parola con pari dignità.
7.    Dare un adeguato spazio alle regioni e alle città, per valorizzare le particolarità locali e l’approccio pragmatico degli interventi sul territorio.

In ogni caso ci impegniamo ad organizzare, dentro e fuori la Conferenza, momenti pubblici aperti per una discussione libera, sia scientifica che politica, a partire dalla valutazione delle politiche internazionali che saranno oggetto di verifica al meeting Onu di Vienna del marzo 2009.

Primi firmatari
Stefano Anastasia, Maurizio Baruffi, Hassan Bassi, Bea Bassini, Stefano Bertoletti, Giorgio Bignami, Gianluca Borghi, Stefano Carboni, Vanna Cerrato, Claudio Cippitelli, Tiziana Codenotti, Maurizio Coletti, Franco Corleone, Paolo Crocchiolo, Antonio D’Alessandro, Carlo De Angelis, Felice Di Lernia, Barbara Diolaiti, Leonardo Fiorentini, Don Andrea Gallo, Patrizio Gonnella, Marina Impallomeni, Franco Marcomini, Alessandro Margara, Henri Margaron, Patrizia Meringolo, Alessandro Metz, Mariella Orsi, Valentino Patussi, Edoardo Polidori, Susanna Ronconi, Fabio Scaltritti, Maria Pia Scarciglia, Sergio Segio, Maria Stagnitta, Stefano Vecchio, Andrea Vendramin, Grazia Zuffa.

Fin qui l’appello che ho sottoscritto. Ecco, dal blog di Fuoriluogo le indicazioni per l’azione, anche on line:

Rompiamo il silenzio sulla prossima conferenza governativa sulle tossicodipendenze di Trieste, perché non si ripeta la farsa del precedente appuntamento di Palermo.

Sottoscrivete l’appello e partecipate all’incontro per discutere le opportune iniziative: vi aspettiamo a Firenze, sabato 17 gennaio dalle 10,30 alle 16 nella sede ARCI, piazza dei Ciompi 11.

Trieste è vicina, l’azione on line:

  • leggi l’appello e aderisci on line.
  • aderisci e incatenati con il tuo blog: copia questo post (comprese queste istruzioni e la lista dei blog che hanno aderito), inseriscilo nel tuo blog linkandolo e mettendo nei tag “trieste è vicina” e segnalaci l’adesione con un commento al post. Troverai qui sotto la lista aggiornata dei blog che si sono incatenati.

Sinora hanno aderito alla catena: il blog di Fuoriluogo.itIl Blog di Franco Corleone, fioreblog, Verdi di Ferrara, Il blog di Maurizio Baruffi.

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I Radicali incontrano i Garanti dei diritti dei detenuti

Giovedì 8 gennaio 2009
dalle 10.00 alle 15.00
c/o sede del Partito Radicale
Via di Torre Argentina 76, ROMA – 3° piano

INCONTRO CON I GARANTI DEI DIRITTI DEI DETENUTI

* per esaminare e valutare le proposte  presentate  e  da presentare  sull’istituzione  del Garante  Nazionale
* per  fare  il punto  della  situazione  della sempre  più  allarmante e disumana  condizione  delle  carceri  italiane.

con
Samuele Animali, Ombudsman Marche
Donato Giordano, Garante Lombardia
Angiolo Marroni, Garante Lazio
Giorgio Bertazzini, Garante Provincia di Milano
Federica Berti, Garante Comune Ferrara
Desi Bruno, Garante Comune Bologna
Franco Corleone, Garante Comune Firenze,
Livio Ferrari, Garante Comune Rovigo
Giuseppe Tuccio, Garante Comune Reggio Calabria
Massimiliano Iervolino, delegato ai Diritti Umani Provincia di Roma

e con
Rita Bernardini (deputata Radicali/PD, Commissione Giustizia), Maurizio Turco (deputato Radicali/PD, Commissione Affari Costituzionali, Antonella Casu (Segretaria Radicali Italiani), Gianfranco Spadaccia (già Garante detenuti Roma), Giuseppe Rossodivita (Presidente Comitato Piero Calamandrei), Sergio D’Elia (Segretario di Nessuno Tocchi Caino), Elisabetta Zamparutti (deputata Radicali/PD, Teosriera di Nessuno Tocchi Caino), Patrizio Gonnella (Presidente di Antigone), Mauro Palma (President European Committee for the Prevention of Torture), Roberto D’Errico (Osservatorio Carcere Unione Camere Penali), Mario Patrono (Ordinario di Diritto Pubblico Università La Sapienza), Irene Testa (Presidente Detenuto Ignoto), Sergio Segio (Direttore dell’Associazione SocietàINformazione e membro della giunta della Conferenza nazionale Volontariato Giustizia), Raffaella Durano (ex dirigente DAP), Jolanda Casigliani (Segretaria Associane Radicale Satyagraha), Claudia Sterzi (Segretaria Associazione Radicale Antiproibizionista), Simona C. Farcas (Presidente Associazione IRFI onlus – Italia Romania Futuro Insieme), Giovanni Falcone (padre di Angelo, ragazzo detenuto in India)

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Nasce una Rete sulle esperienze di teatro nel carcere

Da ToscanaOggi

Firenze: è nata una Rete sulle esperienze di teatro nel carcere

Parte dalla “Pergola” di Firenze il cammino per costruire una rete nazionale fra le esperienze di teatro in carcere. “Dar vita a un coordinamento almeno interregionale – spiega l’assessore toscano alla Cultura, Paolo Cocchi – è utile per qualificare, sostenere e far conoscere meglio anche al grande pubblico ciò che di significativo avviene nel chiuso di tante carceri con un teatro che si fa davvero impegno civile”.

Il saloncino del teatro della Pergola ha ospitato un confronto (“A scene chiuse?”) fra esperienze di teatro in carcere portate avanti in Toscana, Emilia, Lazio, Puglia, Lombardia. Al centro l’esperienza toscana con il progetto di due assessorati regionali (Cultura e Politiche Sociali) iniziato nel 1999: dalle 7 realtà all’inizio coinvolte, oggi la “rete” associa 15 compagnia teatrali che op erano in 14 carceri (Arezzo, Empoli, Livorno, Massa, Massa Marittima, Montelupo, Meucci di Firenze, Pisa, Pistoia, Porto Azzurro, San Gimignano, Siena, Sollicciano, Volterra).

Punteggiato da momenti multimediali (la proiezione di un video, la presentazione di una mostra fotografica e di un volume, uno spettacolo dal vivo), al convegno sono stati illustrati i risultati di una ricerca sulla situazione nazionale del teatro in carcere. Ne ha parlato Massimo Marino, saggista e critico teatrale. Il questionario è stato diffuso nelle 207 carceri di diverso tipo distribuite nelle 20 regioni ottenendo risposte da 113 carceri, in 18 regioni, comunque rappresentative di oltre la metà della popolazione reclusa.

Nell’86,41% delle carceri che hanno risposto, si fa teatro e oltre il 50% delle esperienze teatrali dura da oltre tre anni. Nel 51% dei casi gli spettacoli sono stati rappresentati solo all’interno del carcere, nel 40,7% all’esterno e soltanto l’8,3% sono stati portati in tournée. “È il momento che queste esperienze di speranza siano meglio conosciute – ha insistito l’assessore Cocchi – che avvengano scambi, si creino strutture stabili anche, ad esempio, come scuola di teatro o come occasioni legate ai mestieri del teatro. È nelle non civiltà che il carcere diventa un luogo dove il detenuto scompare: nelle democrazie, invece, il carcere è strumento di espiazione per poi consentire un ritorno nella società”.

Per il Provveditore dell’amministrazione penitenziaria toscana, Maria Pia Giuffrida, secondo cui il nuovo tentativo di coordinamento è da osservare con favore, “il carcere ha bisogno del teatro non meno che il teatro del carcere. È anche qui che il teatro può trovare nuovo senso”. Moderato da Siro Ferrone, docente universitario in Discipline dello Spettacolo, il confronto iniziale ha visto numerosi apporti.

Per Andrea Mancini, autore del volume “A scene chiuse” che contiene anche molte foto, “il teatro in carcere contrasta la negatività del carcere ed esalta la positività del teatro”. Gianfranco Capitta, giornalista, ha sottolineato l’importanza che questo tipo di spettacoli esca dal chiuso degli stabilimenti carcerari (“il vero salto di qualità sta nel portarli fuori”). Lo scrittore e drammaturgo Giuliano Scabia ha rivolto un appello ai critici teatrali affinché si accorgano di questi spettacoli.

Per Franco Corleone, Garante dei diritti dei detenuti a Firenze, il teatro può essere la leva per cambiare il carcere. Corrado Marcelli, direttore della Fondazione Michelucci, ha portato l’esperienza del “Giardino degli Incontri” a Sollicciano (“Quasi il 70% dei detenuti è di origine straniera, il teatro è una grande occasione anche per loro”). Armando Punzo, regista della compagnia che opera a Volterra, ha aperto il capitolo delle esperienze di teatro in carcere. Nel pomeriggio tavola rotonda conclusiva con le esperienze teatrali più significative nel sistema nazionale e un sostanziale consenso sulla utilità del coordinamento affinché – ha aggiunto Cocchi – “da chiuse, queste scene si facciano finalmente aperte”.

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Braccialetto elettronico: una misura inutile e costosa

Questa la mia intervista da Repubblica.it di ieri.

L’ex sottosegretario alla Giustizia si era già occupato del bracciale elettronico quando sedeva in via Arenula. “Alibi per non risolvere il problema”
Corleone, garante dei detenuti: “Misura inutile e costosa”
“I 110 milioni di costi annuali vanno utilizzati per creare alternative sociali fuori dal carcere”di CLAUDIA FUSANI

ROMA – Il braccialetto elettronico come soluzione per alleggerire il peso della sovraffollamento carcerario è questione che si affaccia spesso nel dibattito politico sulla sicurezza. Se ne sono occupati governi di destra e di sinistra. E per quanto la tecnologia si perfezioni via via negli anni, il controllo elettronico a distanza del detenuto è soluzione giudicata “inutile”, “impraticabile” e “costosa”. Lo dice Franco Corleone, ex sottosegretario alla Giustizia tra il 1996 e il 2001 e ora Garante dei detenuti in Toscana. “Siamo da capo a dodici”, celia Corleone riferendosi al fatto che “ogni tanto spunta l’ipotesi del braccialetto, questa volta addirittura nella forma di un piano sembra di capire quasi esecutivo, ma il governo sta ritirando fuori un’ipotesi di cui già quando ero in via Arenula era stata valutata l’inutilità, l’impraticabilità nonché i costi eccessivi”.

Perché la considera una misura inutile?
“Perché il braccialetto è un alibi per non risolvere il vero problema che è quello di trovare un modo per reinserire i detenuti con meno di tre anni di pena da scontare che possono lasciare il carcere”.

Il piano Alfano-Ionta prevede il braccialetto per 4.100 detenuti, coloro che hanno meno di due anni da scontare e per reati che non creano allarme sociale.
“Per questi detenuti esistono già le misure alternative, cioè la semilibertà e l’affidamento in prova ai servizi sociali. Solo che i Tribunali di sorveglianza non le applicano perché i detenuti in questione non hanno residenza e non hanno un lavoro, che sono i requisiti base per accedere alle misure alternative”.

Appunto, il braccialetto consente comunque a queste persone di uscire…
“Ma se non hanno un lavoro e una casa, se non hanno un percorso sociale che li accoglie una volta fuori, cosa crediamo che possano fare queste persone? Avremo evasioni e recidivi. Il braccialetto è una bufala”.

Quale soluzione, allora?
“Creare percorsi di inserimento sociale, lavori socialmente utili, questa è la vera sfida”.

Lei dice che il piano è inapplicabile anche per i costi.
“Attualmente sono 400 i braccialetti in sperimentazione dal 2003, per lo Stato equivale a un costo di 11 milioni all’anno. Significa che per quattromila detenuti spenderemo 110 milioni”.

Molto meno della spesa attuale visto che ogni detenuto costa in media 250 euro al giorno.
“Sì, ma si deve sapere che questa cifra – i 110 milioni – una volta fatto l’appalto devono essere comunque pagati anche se non vengono utilizzati tutti i quattromila bracciali elettronici. Questi soldi potrebbero essere spesi per creare percorsi protetti di reinserimento sociale”.

Un piano tutto da buttare?
“No. I bracciali potrebbero ad esempio essere usati per le migliaia di detenuti in carcere in attesa di giudizio e di condanna definitiva. Ma su questo punto ricordo che a suo tempo polizia e carabinieri non erano affatto d’accordo”.

E sui 3.300 detenuti stranieri da espellere?
“E’ una norma già prevista sotto i due anni di pena. ma non riesce a decollare. Ci sono problemi giuridici. Il principale è che i paesi di origine non accettano indietro i propri detenuti. Ma se lo dovessero fare, chiederanno a noi i soldi del mantenimento? Piuttosto, perchè non studiare forme di impiego di mano d’opera di questi detenuti stranieri in imprese italiane che lavorano all’estero?”.

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Quando il piccione diviene spacciatore

Dal Notiziario Aduc, via fiore blog, segnalo questa curiosa notizia:

Bosnia. Arrestato il piccione spacciatore

La polizia bosniaca ha arrestato un ‘piccione spacciatore’ che trasportava droga nel carcere di massima sicurezza della citta’ di Zenica, vicino Sarajevo. “Le guardie sospettavano che l’animale fosse coinvolto in un traffico di stupefacenti: avevanoo notato quattro prigionieri in evidente stato confusionale dopo l’arrivo del piccione nella loro cella” ha dichiarato Josip Pojavnik, funzionario della prigione di Zenica. I quattro detenuti, risultati positivi a un test sull’assunzione di eroina, dovranno ora subire dei procedimenti disciplinari. Pojavnik ha spiegato che la droga era nascosta in una piccola bustina attaccata alla zampa del piccione-corriere che uno dei detenuti teneva come animale da compagnia.
“Sospettiamo che il piccione trasportasse la droga dalla citta’ di Tuzla” a 70 chilometri dal carcere di Zenica. L’uccello e’ ora sotto la custodia della polizia che indaga per scoprire chi lo riforniva. “Del piccione non sappiamo che farne, per adesso rimarra’ dietro le sbarre” della sua gabbia. Dopo la scoperta del piccione spacciatore la direzione del carcere sta pensando di interrompere un proggetto rieducativo per i detenuti basato proprio sull’allevamento di piccioni. Tuttavia Pojavnik sostiene che il piccione in questione non faceva parte di quel progetto. Quest’anno un’altro caso di piccione-pusher era stato scoperto in un carecere brasiliano, ma in quel caso i piccioni oltre alla droga traspotavano anche telefoni cellulari.
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AAA. Cercasi segnalati alle Prefetture per una ricerca sulle sanzioni amministrative

Dal blog di Fuoriluogo ecco una segnalazione riguardante una ricerca sulle sanzioni amministrative del DPR 309/90.

Rilanciamo volentieri questo messaggio, conoscendo la serietà dei ricercatori e concordando con l’ipotesi di ricerca: si tratta di un progetto sollecitato dall’allora comitato scientifico del Ministro Paolo Ferrero al fine di approfondire (finalmente…) quali siano esiti e risultati delle sanzioni amministrative dalla viva esperienza dei soggetti protagonisti.

“Cercasi persone segnalate in Prefettura per possesso di sostanze illegali per uso personale disponibili a partecipare ad una ricerca sull’applicazione dell’art. 75 del DPR 309/90 mediante un’intervista faccia a faccia nelle seguenti città: Torino, Brescia, Venezia, Rimini, Pesaro, Roma, Napoli, Bari, Catania.

Per maggiori informazioni, contattare Roberta Molinar (molinar@eclectica.it)”

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Scarcerata Marina Petrella

La notizia è di ieri, dal Corriere della Sera e su Repubblica.it: la corte d’appello di Versailles ha disposto la scarcerazione di Marina Petrella per motivi di salute. Rimarrà, viste le sue condizioni fisiche, probabilmente in ospedale, ma non sarà più piantonata dalla polizia.

Mentre rimane in piedi la procedura di estradizione, una speranza in più verso la liberazione.

Vai all’appello.

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Carcere di Cassino. il Garante dei detenuti Marroni: troppo difficile accedere a servizi Sert

Rilancio questa notizie ripresa dal Notiziario Aduc, via Fuoriluogo.

Garante detenuti: troppo difficile accedere a servizi Sert
Possibilita’, per il personale del Sert, di accedere in carcere una sola volta a settimana per la terapia farmacologia, spazi per i colloqui psicologici e sociali ad di fuori del circuito carcerario, locali inadeguati utilizzati per l’attivita’ medico-infermieristica e di erogazione dei farmaci. Sono questi i problemi che il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni ha segnalato ad Irma Civitareale, direttrice del carcere di Cassino, provincia di Frosinone, chiedendone l’immediata soluzione.

Ad evidenziare le problematiche, la direzione generale della Asl di Frosinone, cui il Garante si era rivolto, nelle scorse settimane, per segnalare le difficolta’ incontrate dai detenuti tossicodipendenti del carcere di Cassino per accedere ai servizi erogati dal Sert.

“In particolare i detenuti “lamentavano lunghe liste di attesa per sostenere i colloqui preliminari, disponibilita’ ridotte di personale sanitario a fronte di carichi di lavoro in aumento, difficolta’ legate alla turnazione delle equipes e al monte ore mensile ridotto a fronte di una popolazione detenuta tossicodipendente pari quasi ad un terzo dei presenti nel carcere, circa 170 unita’”.

Nella sua lettera di risposta al Garante, il direttore generale della Asl di Frosinone Giancarlo Zotti scrive che ‘il lavoro dell’equipe Sert non e’ mai stato di facile attuazione nel carcere di Cassino, in considerazioni dei vincoli e delle difficolta’ poste negli anni dalla direzione dell’istituto. “I detenuti e il personale del trattamento del carcere di Cassino hanno segnalato al mio ufficio queste difficolta’ nell’accedere ai servizi del Sert. Si tratta di un problema da risolvere velocemente non solo perche’ siamo in un momento delicato, legato al passaggio delle competenze sanitarie in carcere dal ministero della Giustizia alle Asl, ma soprattutto perche’ i reclusi hanno diritto all’assistenza sanitaria come tutti i cittadini. Il fatto che ci si trovi in carcere non vuol dire aver perso la titolarita’ di diritti fondamentali, come quello alla salute”.

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AAA antiproibizionista facoltoso cercasi

Fuoriluogo dà appuntamento ai lettori per domenica 28 settembre. Chiediamo suggerimenti concreti per raccogliere i fondi necessari a rilanciare il giornale e rafforzarlo come punto di riferimento di una rete sociale più ampia. Nella pausa di agosto lavoreremo a un progetto editoriale che garantisca la vita del giornale.
Restate con noi commentando sul blog di fuoriluogo.it e seguendo lo speciale.