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“Farò subito un´ispezione l´altra volta mi fu negata”

Il garante dei detenuti Franco Corleone rivela: Zonno disse che non era mio diritto. Il segretario dei funzionari di polizia: presa una strada sbagliata, fare passo indietro

MAURIZIO BOLOGNI per La Repubblica, edizione Firenze, del 26 febbraio 2012

Corleone, garante dei detenuti del Comune di Firenze, mantiene aplomb e toni misurati che lo contraddistinguono, ma le sue parole pacate sono comunque stilettate. Soprattutto verso il questore Francesco Zonno, che si sarebbe mostrato alquanto fiscale quando, a fine gennaio, dopo il suicidio di un detenuto nelle camere di sicurezza della questura, Corleone e un altro monumento vivente della cultura penitenziaria in Italia, Alessandro Margara, oggi garante per i detenuti della Regione Toscana, si presentarono per ispezionare quelle celle la cui vista aveva appena fatto rabbrividere il pubblico ministero Valentina Manuali durante il sopralluogo imposto dall´inchiesta aperta.
«Con garbo – dice Corleone – il questore ci disse che non avremmo potuto controllare le celle perché erano sotto sequestro della magistratura e che comunque non sarebbe stato nel nostro diritto visitarle. Giudizio inoppugnabile in punto di diritto, ma a nulla valse far notare che di lì a pochi giorni il Parlamento avrebbe approvato un emendamento che avrebbe concesso questo diritto ai garanti dei detenuti. Adesso l´emendamento è stato approvato e noi lunedì andremo subito a ispezionare le camere di sicurezza della questura» dice Corleone al telefono da Siracusa dove si trova per un convegno. Il garante è assai poco incline alle polemiche ma si mostra deciso ad affrontare e risolvere i problemi. Che ci sono.
«Chiederò subito una riunione urgente con autorità giudiziaria e penitenziaria, questura e carabinieri per affrontare alcuni problemi che, paradossalmente, rischiano di far diventare la detenzione in camera di sicurezza peggiore della reclusione in carcere che invece le misure del ministro Severino vorrebbero alleggerire» dice Corleone. «In primo luogo, non mi sembra che affidare il controllo di un arrestato alla stessa forza di polizia che ha eseguito il fermo risponda a criteri di garanzia e sicurezza per la persona. E poi bisogna affrontare un problema: quando un detenuto entra in carcere è sottoposto ad una visita medica che ne controlla l´integrità fisica ed accerta se la persona è stata percossa. Questo non avviene quando si finisce in camera di sicurezza di polizia e carabinieri. Sono questioni – aggiunge Corleone – che dovevano essere risolte prima dell´entrata in vigore del decreto. Lo avevamo chiesto al questore, e Margara ne ha parlato anche con il procuratore generale Deidda, affinché queste modalità fossero messe a regime prima dell´attivazione del servizio della detenzione in camera di sicurezza. Adesso bisogna provvedere. Così come è il caso di valutare se c´è la possibilità di organizzare luoghi di detenzione temporanea diversi dalle camere di sicurezza, non fetenti, magari vicino al tribunale dove il detenuto deve passare per la convalida, affidati ad assistenti sociali e vigilati da un corpo interforze costituito ad hoc. Occorre – conclude il garante dei detenuti – una pausa di riflessione su come applicare la nuova legge per evitare che si ripetano situazioni così terribili».
Sulla tragedia di ieri intervengono anche il senatore radicale Marco Perduca e Maurizio Buzzegoli, segretario dell´associazione Andrea Tamburi. «E´ il secondo caso di morte da chiarire che avviene all´interno della camera di sicurezza della questura di Firenze» scrivono. «L´inidoneità della struttura a trattenere i custoditi e la conseguente difficoltà da parte degli agenti ad assicurare l´integrità fisica di questi ultimi devono essere valutati quanto prima» aggiungono Perduca e Buzzegoli, augurandosi che il questore di Firenze «possa quanto prima far chiarezza su quest´ultima morte, rispettando la concezione che la giustizia deve farsi carico, oltre che della vittima, anche dell´autore del reato». Il segretario regionale toscano dell´Associazione nazionale funzionari di polizia, Antonio Fusco, si interroga polemicamente: «Quante altre tragedie si devono verificare per comprendere di aver imboccato una strada sbagliata e fare un passo indietro? Molte questure della Toscana, come quella di Pistoia per esempio, non hanno nemmeno una camera di sicurezza agibile e gli arrestati devono essere guardati a vista, a volte per giorni, dagli stessi agenti che li hanno fermati, con il perdurare di una situazione di conflitto e di stress inevitabile conseguenza di un arresto». Da qui la richiesta di «un immediato intervento correttivo del governo» da parte dell´associazione che esprime cordoglio ai familiari del giovane e «solidarietà e vicinanza al questore ed ai colleghi della questura di Firenze per le difficoltà nelle quali sono costretti ad operare».

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Dpa. Gonella e Corleone: cambiare dirigenza

La situazione delle carceri italiane e’ sempre piu’ grave e fatte le nuove nomine al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria si metta mano a quello antidroga ‘il cui capo e’ responsabile della svolta repressiva che ha portato in cella tanti tossicodipendenti’. A sottolinearlo sono Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, e Franco Corleone, coordinatore dei garanti per i detenuti.

“La situazione nelle carceri e’ tragica. Ieri altri due morti suicidi – dicono Gonnella e Corleone – Le nuove nomine al Dap, di esperienza, apertura e grande professionalita’, speriamo portino a una stagione di riforme coraggiose nel segno della Costituzione’. Secondo Gonnella e Corleone ‘vanno rilanciate, infatti, le misure alternative e va contrastata ogni forma di violenza’. Inoltre, dicono ‘l’affollamento penitenziario va combattuto non con l’edilizia ma cambiando le leggi sulla recidiva e le droghe. A tal fine e’ necessario anche un cambio al dipartimento per le politiche antidroga, il cui attuale capo tanta responsabilita’ ha avuto nell’aver creato le premesse di una svolta repressiva sulle droghe’. ‘Ci attendiamo dal ministro della giustizia – concludono – provvedimenti governativi diretti a istituire il garante dei detenuti e a introdurre il crimine di tortura nel codice penale’.

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SI PER UN NUOVO MODELLO CARCERARIO NO AI BAMBINI DI MADRI DETENUTE IN CARCERE

Visita della guardasigilli Paola Severino nel capoluogo toscano, in occasione dell’inaugurazione del Nuovo Palazzo di giustizia e del Nuovo complesso penitenziario di Firenze Sollicciano. Al termine della visita al carcere di Sollicciano, il ministro Severino si e’ confrontata con i giornalisti nel Giardino degli incontri della struttura penitenziaria fiorentina. “Un uomo in carcere e’ un uomo sofferente che deve essere rispettato – ha affermato il ministro -. Oggi il carcere e’ una tortura, piu’ di quanto non sia la detenzione stessa, che deve comunque portare alla rieducazione. Vogliamo intraprendere un cammino che vuole mettere insieme piccole misure che complessivamente potrebbero dare sollievo ai detenuti. E questo perche’ il carcere deve essere un luogo di redenzione e non di inutile sofferenza”.

PENE ALTERNATIVE: Per la Severino, la detenzione deve essere l’ultima spiaggia, “l’estrema ratio quando non si possono piu’ percorrere le altre strade. Vogliamo un rovesciamento di proporzioni. Vogliamo riservare il carcere solo quando l’esigenza di difesa sociale prevale. Il carcere, insomma, solo quando altre misure non possono essere sufficienti”.

TOSSICODIPENDENTI E CARCERE: “Credo che i tossicodipendenti vadano curati per intraprendere un cammino di redenzione – ha affermato il ministro della Giustizia -. Ma vanno allontanati dall’ambiente da cui si e’ originata la dipendenza”. Per quanto riguarda le normative su carcere e tossicodipendenza, “le alternative al carcere ci sono, ma prima di fare una proposta di legge voglio approfondire, verificare i numeri e le varie possibilita’. Non vogliamo varare misure palliative quando il problema va approfondito alla radice”.

LAVORO CARCERARIO: “Stiamo lavorando sul lavoro carcerario. Il detenuto che impara a fare un lavoro e’ un detenuto semi-salvato, che ritrovera’ in se’ le risorse per riprendersi”, ha aggiunto. BAMBINI IN CARCERE: “E’ straziante vedere i bambini che sono in carcere con le loro madri. I bambini non si possono alzare la mattina e vedere le sbarre. E’ una pena immensa”. Per i bambini figli delle detenute, ha annunciato il ministro, “stiamo attivando sistemi alternativi”.

IMMIGRATI: Infine, sulla questione degli immigrati in carcere, una delle soluzioni ipotizzate del titolare del ministero della Giustizia e’ quella delle convenzioni bilaterali con i Paesi di origine, nell’ottica di “un ritorno nel loro Paese”.

Insieme al ministro hanno visitato il carcere anche l’assessore regionale alla Sanita’, Daniela Scaramuccia, l’assessore fiorentino alle Politiche sociali, Stefania Saccardi, il direttore dello stesso carcere, Oreste Cacurri, il provveditore regionale Maria Pia Giuffrida, il garante dei detenuti di Firenze, Franco Corleone, e don Alessandro Santoro, cappellano delle Piagge.

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In uscita “Il corpo e lo spazio della pena”

Esce il 23 novembre in tutte le librerie il volume de La Società della Ragione: 

Il corpo e lo spazio della pena
Architettura, urbanistica e politiche penitenziarie
a cura di Stefano Anastasia, Franco Corleone, Luca Zevi

2011
EDIESSE
13,00 Euro
ISBN 978-88-230-1601-9

La vertiginosa crescita delle incarcerazioni nell’ultimo ventennio ha fatto esplodere il problema del sovraffollamento penitenziario, e con esso quello della qualità della pena nel rispetto della dignità della persona detenuta. Tra timide riforme e occasionali provvedimenti deflattivi, la costruzione di nuove carceri e la saturazione di quelle esistenti continuano a dominare l’agenda politica.

La struttura architettonica, la qualità edilizia e la collocazione urbanistica del penitenziario corrispondono alla sua funzione e al modo di interpretare la pena privativa della libertà. Chi si propone di riformare la pena non può rinunciare, quindi, a ripensare lo spazio penitenziario, almeno fino a quando il carcere resterà dominante nelle nostre culture e nelle nostre pratiche punitive.

Testi di Sebastiano Ardita, Vittorio Borraccetti, Cesare Burdese, Alessandro De Federicis, Patrizio Gonnella, Francesco Maisto, Corrado Marcetti, Alessandro Margara, Mauro Palma, Sonia Paone, Eligio Resta, Leonardo Scarcella, Adriano Sofri, Maria Stagnitta, Grazia Zuffa.

Stefano Anastasia, ricercatore in Filosofia e Sociologia del diritto nell’Università di Perugia, è stato presidente dell’associazione Antigone e della Conferenza nazionale del volontariato della giustizia.
Franco Corleone, sottosegretario alla Giustizia dal 1996 al 2001, è Garante dei detenuti nel Comune di Firenze e presidente della Società della Ragione.
Luca Zevi, architetto e urbanista, direttore del «Manuale del Restauro Architettonico» e del «Nuovissimo Manuale dell’Architetto », ha insegnato nelle Università di Roma e Reggio Calabria.

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Giovanardi addio! (e anche Serpelloni)

La caduta del Governo Berlusconi segni una svolta anche nel campo delle politiche sulle droghe. Il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA) e Forum Droghe hanno lanciato oggi un appello intitolato “Giovanardi addio! (e anche Serpelloni)”. Il primo, in qualità di sottosegretario con la delega sulla droga e il secondo come direttore del Dipartimento Nazionale Politiche Antidroga hanno gestito “un’esperienza catastrofica”: “La legge che porta il nome di Carlo Giovanardi”, si legge nell’appello, “ha riempito le carceri di consumatori e di tossicodipendenti. Non solo: la retorica proibizionista ha finanziato campagne di pseudo informazione terroristiche e antiscientifiche e ha cancellato la scelta della politica di riduzione del danno con una rottura del rapporto con le Regioni e il mondo delle Comunità e delle associazioni di impegno civile e sociale e del Volontariato.”

CNCA e Forum Droghe rimarcano anche il ruolo negativo che il nostro Governo ha svolto a livello internazionale. “L’Italia ha contrastato addirittura la Strategia sulle droghe dell’Unione Europea 2005-2012 portando avanti un’assurda battaglia di retroguardia contro la riduzione del danno, addirittura pretendendo di dettare agli altri paesi europei l’elenco degli interventi ‘accettabili’ e quelli ‘inaccettabili’. Un’imposizione ovviamente respinta dagli altri paesi europei. Ancora di recente, al meeting di Alto livello dell’Onu sull’Aids, la delegazione italiana ha cercato di nuovo di far cancellare il termine ‘riduzione del danno’. Anche questa battaglia è stata perduta con la conseguenza però di aumentare il discredito dell’Italia in sede internazionale, mettendo il nostro paese in una condizione di isolamento provinciale.”

Per queste ragioni i promotori dell’appello chiedono che, in caso di formazione di un governo “tecnico”, si proceda allo “smantellamento di una struttura di potere, di interessi particolari, che ha fatto della faziosità la propria regola.”

Vai al testo dell’appello e aderisci on line.

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Ricordo di Mino Martinazzoli

Mino Martinazzoli è stato un politico di razza. Ricordo alcuni suoi interventi da capogruppo della Democrazia Cristiana alla Camera dei Deputati. Anche se non si condivideva la sua analisi, non si poteva non apprezzare la lucidità, il rigore e la forza. Forza morale, cioè il rispetto per le proprie idee attraverso una intransigenza assoluta.

Personalmente ho sempre ammirato la straordinaria capacità di inventare immagini attraverso una ricerca linguistica raffinata. Era capace di esprimere una forma di retorica davvero unica. Rispetto al linguaggio, sguaiato e plebeo oggi dominante, le sue parole erano non solo suono ma sostanza, cioè concetti densi di pensiero.

Ho avuto l’occasione di un incontro con Martinazzoli a fine giugno dello scorso anno a Brescia per parlare di carcere e del pensiero di Moro sul senso della pena, presentando il libro da me curato Contro l’ergastolo, in cui è presente proprio uno scritto di Martinazzoli.

Un discorso che varrebbe la pena trascrivere (mi auguro che sia stato registrato) per il taglio politico e non di circostanza. Da un resoconto giornalistico (Lisa Cesco, Bresciaoggi, 27 giugno 2010), mi piace citare alcune frasi: “La società si sta incattivendo, predomina una visione punitiva della pena in nome dell’ossessione securitaria, quasi che l’universo del carcere fosse qualcosa da togliere di mezzo. Eppure la gestione della pena è uno dei modi in cui si misura il livello della nostra civiltà,e questo Moro l’aveva concettualizzato quando parlava di carcere riferendolo al tema della libertà-anche in negativo come accade per i rei- e non della vendetta.” La conclusione era assai coraggiosa, invitava a rendere la nostra indignazione più forte (anticipando il libretto di Stéphane Hessel) e denunciava senza pietà:”Siamo ridotti al nichilismo da parte di gente portatrice di una cultura del fare. Bisognerà convincerli che per fare bisogna prima pensare”.

Sempre da un resoconto giornalistico di quella intensa giornata (Wilda Nervi, Giornale di Brescia, 27 giugno 2010) mi piace ricordare un ammonimento di Martinazzoli sul pensiero giuridico di Moro che “non rinunciava a credere che occorresse cercare, ancora e sempre, non tanto un diritto penale migliore, quanto qualcosa di meglio del diritto penale”.

Per Mino Martinazzoli davvero la politica era cultura e intelligenza. Esercizio raffinato e raro, attraverso l’uso di una lama tagliente per capire la realtà e cambiare la società.

Il dolore per la sua scomparsa non si può risolvere solo in un rimpianto e in una nostalgia per un tempo passato irrimediabilmente, ma in un impegno per superare l’annichilimento.

L’anno scorso a Brescia Martinazzoli mi colpì anche umanamente. Fumava ancora e il racconto del  dialogo con il suo medico era una nuova lezione di stoicismo, un disincanto laico in risposta agli assolutismi e ai totalitarismi, fossero pure quelli del salutismo.

Addio Martinazzoli, è stata proprio una avventura non banale.

Franco Corleone

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Corleone: Sunsplash, assurda repressione

L’ex sottosegretario alla giustizia del Governo Prodi, Franco Corleone, ieri a Tolmezzo per un convegno sulla crisi della giustizia a Tolmezzo, ha affrotato pure la vicenda dell’arresto del luogotenente Demetrio Condello. «Anche la legge Fini-Giovanardi sugli stupefacenti – ha detto – sull’onda del proibizionismo produce realtà come questa. È la legge in sé che ha un rischio altissimo di abuso». Corleone si riferisce in particolare all’utilizzo di agenti provocatori, di infiltrati, di acquisti simulati e ad un pensiero unico della guerra alla droga che facendo assumere un valore artificiale a sostanze che, se non proibite, non varrebbero nulla, creerebbero situazioni in cui anche operatori delle forze dell’ordine rischiano di rimanere incastrati. Corleone se la prende poi anche con quello che considera un accanimento contro il Rototom Sunsplash a Osoppo: «La legge Fini-Giovanardi produce più danni delle sostanze stupefacenti e quando la giustizia persegue eventi culturali di spessore come il Rototom Sunsplash fa più danni della marijuana. È stata una caccia alle streghe con toni nell’accusa di tipo moralistico contro una manifestazione culturale di spicco che oggi è ospitata in Spagna. È stato tolto a Osoppo un evento importante sotto il profilo culturale, sociale ed economico per ricacciare questa terra in una visione perbenista, arretrata e chiusa in se stessa. È una legge di impostazione moralistico-ideologica, con cui si incarcerano i giovani, è basata sul pensiero unico della guerra alla droga che ormai è condannata anche dal segretario dell’Onu, dall’ex presidente del Brasile e da altri». Corleone sul sovraffollamento delle carceri italiane osserva che il 50% dei detenuti sono tossicodipendenti o in carcere per piccole violazioni della legge sulle droghe. E le pene previste vanno da 6 a 20 anni. Per Corleone i tossicodipendenti non dovrebbero finire in carcere e quella legge non produce né salute, né sanità pubblica, ma l’esatto contrario. Per questo sarebbe necessario un nuovo codice penale con un diverso approccio. I dati di ieri delle carceri del Fvg parlano di una capienza regolamentare totale di 493 detenuti, ma ve ne sono 876, di cui 220 tossicodipendenti. Quello di Tolmezzo di fronte ai 148 detenuti ammessi, ve ne sono invece 303, di cui 77 tossicodipendenti. (t.a.)
Dal Messaggero Veneto, 05 agosto 2011

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Lo sciopero dei direttori

CARCERE. Nella sola Toscana, otto istituti di pena sono senza guida. Scoperti altri uffici dell’amministrazione. Una situazione che ha portato i responsabili delle strutture a incrociare le braccia per tutto il mese di maggio.

E’ scattato lo sciopero nelle carceri della Toscana. Stavolta non si tratta solo di un problema legato al sovraffollamento o alla carenza di personale di polizia penitenziaria. No, a far sentire la loro voce non sono né i detenuti né i lavoratori appartenenti al corpo. A scioperare da tre giorni (e così sarà per tutto il mese di maggio) sono invece i loro direttori. Infatti mancano i dirigenti. E soprattutto manca un contratto collettivo. La conseguenza di tutto questo porta a una condizione paradossale: ad oggi, in Toscana, ci sono ancora otto carceri senza direttore. Livorno, Gorgona, Massa Marittima, Pistoia, San Gimignano, l’ospedale psichiatrico giudiziario di Montelupo, Massa e Gozzini. Ecco, queste sono le strutture che non hanno un dirigente.

Se poi aggiungiamo che sono scoperti anche diversi uffici per l’esecuzione penale esterna (Uepe) e ben dodici posti di dirigente al provveditorato regionale, si capisce il livello di drammaticità del mondo carcerario toscano. «Lo sciopero – spiega Franco Corleone, coordinatore dei garanti territoriali e garante dei diritti dei detenuti del Comune di Firenze – interesserà tutte le prestazioni che ricadono fuori dal normale orario di lavoro». Corleone manifesta inoltre solidarietà «per chi difende il proprio lavoro e i propri diritti» e chiede che «il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria risponda immediatamente alle giuste richieste e trovi una soluzione per la copertura dei posti vacanti».

Mentre per il Lisiapp (sindacato del corpo di polizia penitenziaria) «urgono misure urgenti e una riforma dell’intero personale penitenziario attraverso l’istituzione di ruoli tecnici del corpo». Massimiliano Andreoni, educatore in carcere da quasi 25 anni, sottolinea la disattenzione «delle amministrazioni nazionali e regionali. Nell’interesse di tutti, per far sì che il carcere assuma davvero quella funzione educativa e rieducativa che la nostra carta costituzionale sancisce, occorre investire le nostre migliori risorse: idee, denaro, tempo».

Gianluca Testa (Comunicare il sociale) direttore VolontariatOggi.info su Terra del 4 maggio 2011

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Garante: «Udine è in ritardo e ne occorrerebbe uno a Tolmezzo»

Due articoli da il Gazzettino del 13 aprile 2011

«Udine è in ritardo e ne occorrerebbe uno a Tolmezzo»
(L.Z.) La figura del garante per i diritti dei detenuti, istituita in diverse città del NordEst, sarà un passo importante anche per Udine. «Non è un obbligo di legge – precisa Franco Corleone, coordinatore dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti, nonché ex consigliere provinciale – ma un atto di volontà politica che giudico positivo». Corleone, che conosce bene le realtà delle carceri friulane, sottolinea come sia «importante che dopo i passaggi in commissione e in consiglio comunale, la nomina del garante sia rapida e non si lascino trascorrere mesi come accade in altre regioni». L’istituzione del garante arriva un po’ in ritardo in Friuli Venezia Giulia e Corleone auspica che ci sia una procedura accelerata, magari con nomina del sindaco. «Udine ha un carcere che soffre di sovraffollamento e ha una storia particolare, legata a episodi difficili. In realtà – aggiunge – occorrerebbe un garante anche Tolmezzo» e proprio dai detenuti di queste due carceri Corleone riceve lettere che denunciano situazioni di durezza o richieste di trasferimento. Quanto al possibile arrivo di un garante a Udine, Corleone dichiara di voler collaborare con la persona che sarà scelta e mette in evidenza la necessità di un incontro pubblico, organizzato dall’amministrazione comunale, per spiegare ai cittadini chi sia il garante e quali compiti svolga, «sono disponibile a venire a Udine per partecipare» assicura.

La proposta non trova molti consensi in commissione
«Il Garante non serve»
Manca però l’assessore competente e la decisione viene rimandata
«Udine non è Guantanamo». La proposta di istituire la figura del garante per i diritti dei detenuti suscita perplessità polemiche durante la doppia commissione convocata a Palazzo D’Aronco. A dire che il carcere friulano nulla ha in comune con il campo di prigionia americano è la leghista Barbara Zelè. «Ben vengano gli strumenti di recupero e reinserimento sociale dei detenuti – precisa – ma istituire un garante mi sembra una forzatura. Pensiamo piuttosto ai diritti delle guardie carcerarie». I consiglieri di minoranza si scaldano sull’argomento e il secondo affondo arriva da Orlanda Primus che vedrebbe più di buon occhio la presenza di mediatori culturali in via Spalato, «dato che la maggior parte dei detenuti è di origine straniera. Un garante – dice – sarebbe più utile per i gay che sono sempre oggetto di discriminazioni». Dai banchi della maggioranza intervengono Federico Pirone e Cinzia Del Torre per difendere la bontà della proposta, ma le loro parole non convincono i colleghi dell’opposizione. «Abbiamo abrogato al figura del difensore civico – ricorda Piergiorgio Bertoli – che senso ha nominare un garante che ha ben poco a che fare con la prospettiva funzionale di un ente locale». Sorge poi il problema dei costi, sollevato da Franco Della Rossa che trova la condivisione di diversi commissari. Anche Natale Zaccuri si dichiara perplesso e aggiunge: «A Udine c’è un sistema di volontariato penitenziario, quindi non vedo la rilevanza, dal lato pratico, della fiura del garante se non per dire che ci siamo anche noi». L’unica voce fuori dal coro dell’opposizione è quella di Aldo Rinaldi che, dopo l’esperienza in qualità di medico alle carceri di Udine, si dichiara favorevole al garante. Su un punto però sono tutti d’accordo: alla seduta avrebbe dovuto partecipare l’assessore competente. Alla fine, favorevoli o contrari, i commissari non se la sentono di votare «di pancia» senza ulteriori approfondimenti e scelgono di rinviare la seduta dopo aver chiamato in audizione il direttore del carcere, Francesco Macrì per capire quale sia la reale situazione della casa circondariale di via Spalato.

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Corleone eletto Coordinatore dei Garanti dei Detenuti

Franco Corleone è il nuovo Coordinatore dei Garanti territoriali per i diritti dei detenuti. E’ stato eletto dall’assemblea che si è tenuta il 16 febbraio a Bologna e sostituisce nell’incarico Desi Bruno, già Garante del Comune di Bologna e che ha svolto l’incarico con efficacia e ricchezza di iniziative.
Sono stati nominati Vice Coordinatori, Maria Pia Brunato, Garante del Comune di Torino e Giuseppe Tuccio, Garante del Comune di Reggio Calabria.
L’assemblea ha messo in luce le difficoltà che derivano dalla drammatica situazione delle carceri e dalla scarsa attenzione che a questo tema viene riservata dalla politica e dal Governo. E’ stata individuata una agenda di temi sui quali impegnarsi, per definire un cambiamento nelle pratiche dell’Amministrazione Penitenziaria.

Franco Corleone ha dichiarato: “La presenza dei Garanti in molte città italiane negli ultimi anni ha costituito l’unico elemento di novità in quello che si può definire un deserto culturale.
Il carcere è sempre più un luogo rimosso, nonostante il sovraffollamento che determina condizioni di vita bestiali e il numero di suicidi e di atti di autolesionismo, che rendono evidente lo stato di sofferenza di questa istituzione totale.
La crisi economica e i tagli agli Enti Locali rendono sempre più difficili anche quegli interventi di supplenza, rispetto all’inadempienza dell’Amministrazione Penitenziaria, che davano sollievo quotidiano e speranza in una vita diversa per i detenuti. La trasmissione di Iacona di Rai 3, ha sicuramente fatto vedere a molte persone le contraddizioni inaccettabili della discarica sociale.
C’è molto da fare e per quanto mi riguarda la priorità assoluta riguarda l’individuazione di una alternativa alla presenza dei tossicodipendenti in carcere, la verifica del funzionamento della Sanità in carcere, una riforma che rischia di essere ridimensionata e il superamento degli O.p.g.
Il Coordinamento dei Garanti intende lavorare con il Terzo Settore, per rafforzare il sistema dei diritti e il Welfare nel nostro Paese e rafforzare i rapporti con le Camere Penali e con l’Associazione dei Magistrati.”